Come schiuma di mare

19 3 1
                                    


nome autore: M.R. Dell'anna (Madeline Fate)

numero prova: 2 

titolo: come schiuma di mare

numero parole: 1976

Sentivo la sabbia sotto la pianta del piede, ruvida e morbida allo stesso tempo, calda e illuminata dalla luce dorata del sole, mentre il mare si increspava dalla leggiadra brezza. L'avvertivo; la sentivo sfiorare i miei riccioli, la sentivo sfiorare la mia pelle più abbronzata del solito date le ore trascorse sulla spiaggia. Stavo camminando dalle prime luci dell'alba; dall'ora in cui i pescatori preparavano le loro imbarcazioni a solcare le onde per poter procure cibo a famiglia e padrone. Ero intento ad arrivare, se necessario, fino alla scogliera che faceva da confine fra i due regni, ma sapevo che poteva essere pericoloso. Spesso in quelle zone girava qualche spia o fuggiasco poco raccomandabile; c'erano molte grotte e pochi controlli, l'ideale per qualcuno che non voleva essere trovato. 

Al fine decisi di continuare a camminare, ignorando il dolore che iniziavo a sentire alle gambe. Eppure, nonostante quello spettacolo fatto d'acqua cristallina e sabbia dorata, i miei pensieri erano rivolti altrove. Come potevano non essere altrove? Strinsi la cinghia della sacca che portavo con me. La stringevo così forte,come se al suo interno vi fosse il tesoro più grande mai creato al mondo. Quando finalmente raggiunsi il mio piccolo posto speciale, così lo chiamavo, mi sedetti sulla sabbia ancora calda; ormai stava calando il sole e la luce chiara e dorata venne sostituita da una più scura che sfumava al rosso, e illuminava di quei colori incantevoli anche le acque. Ero circondato dalla sola aria salmastra e il silenzio che solo la natura poteva donare e l'odore salmastro che tanto amo; ne inspirai a pieni polmoni quell'aria così pura, chiudendo gli occhi, mi lasciai scappare un sorriso. Quello era l'unico posto in cui potevo essere felice, l'unico dove potevo essere davvero libero. "libero", una parola che di rado potevo definire per me stesso. Riaprì gli occhi e la mia attenzione si rivolse verso la schiuma del mare che si mischiava alla sabbia bagnata, così mi sentivo, come schiuma di mare in balia delle onde, parole e doveri che mi venivano in continuazione imposti contro la mia volontà. Parole e doveri che mi sembravano più una prigione che la mia vita futura, e io non posso che ubbidire ed essere trasportato come schiuma nella direzione in cui le acque mi imponevano di andare. "Un bambino che vorrebbe seguire i suoi sogni", così viene definito qualcuno come me in questa società. "Son solo frivolezze che presto passeranno" e molto altro; pensiero che mio padre è ben convinto debba essere eliminato dal principio. Eppure, ben sapendo come la pensasse, non mi sarei mai aspettato una tal reazione. Toccai la guancia ancora arrossata e dolorante per il forte schiaffo ricevuto da parte sua, notai anche qualche livido di cui  prima non vi era alcuna traccia, o forse non li avevo notati, ero troppo impegnato a discutere sotto gli occhi attenti dei sevi più pettegoli. Presi quella sacca un po' rovinata che prima era posata sulle mie ginocchia, s'era bagnata leggermente dato che mi ero seduto nell'acqua salata. Con fretta, preoccupato nel caso il contenuto si fosse danneggiato in qualche modo, l'aprì di tutta fretta. Per fortuna le mie preoccupazioni furono vane. Accarezzai il tessuto al suo interno, che era ben piegato, ammirando quei decori ricamati con cura mentre toccavo la morbidezza di tutto quel pregio. Mi alzai e posai la sacca sulla sabbia, per poi cacciar fuori quel tessuto cosi maestoso rivelando la sua reale forma. Era un vestito rosso pompeano con decori dorati che simulavano foglie, fiori ed animali. Lo ammetto, lo avevo rubato dal corredo di mia sorella insieme a qualche gioiello, non so perché ma abiti come quello erano per me come la visione di un dolce preferito per colazione. Eppure, ciò che non comprendo, era la reazione di mio padre quando mi vide indossare un abito come quello; eppure, mi chiedo, perchè invece a mia sorella non dava poi quel tal fastidio come a lui. Spesso, quando eravamo bambini, eravamo soliti travestirci scambiandoci gli abiti, a quei tempi nessuno faceva obbiezioni, ma ora che sono ad età da matrimonio, non sento altro che giudizi e insulti da parte di nobili e borghesi, e pettegolezzi bisbigliati tra un servo e l'altro, e di certo gli scherni non mancavano nemmeno da loro. Ora non mi era nemmeno permesso far passeggiate o escursioni con i miei genitori; "una vergogna, ecco cosa sei". Quelle parole erano come aghi nella mia mente, e facevano male e non poco. Eppure a ferirmi di più non fu lui, ma mia madre, che mi guardò con sdegno e disgusto, come se fossi il residuo di una mela andata a male sul prato più verde del nostro giardino. Quello sguardo era come un colpo secco di spada, scagliato all'improvviso. Pensavo che almeno lei non mi avrebbe mai giudicato come gli altri, ma quello sguardo era il suo modo per dire che qualcosa era ripugnante per lei, questo sembravo ai suoi occhi, ripugnante. Mi ricordai del suo sorriso, quando mi accarezzava i capelli per tranquillizzarmi durante un temporale, oppure quando gironzolavamo per le vie del borgo mano nella mano, e lei con espressione fiera, quando incontrava una nobile, si vantava di me nominando ogni singolo pregio che avevo con gran orgoglio. Ora quel sorriso non lo avrei mai più visto, sarà sostituito da uno sguardo che grida "vergogna" fino a quando uno dei due non verrà ad essere sepolto tra statue e marmi pregiati. Cercai di scacciare via quell'immagine insieme alla tristezza. Tolsi quegli abiti attillati che tanto odiavo, e iniziai a infilarmi in quel rosso popeano decorato facendolo scivolare sulla pelle fino a raggiungere i piedi, per poi mettermi collane, bracciali e anelli. Finalmente mi sentii a mio agio, volteggiai e danzai sul posto come facevano le dame ai ricevimenti, se solo i miei capelli fossero più lunghi, ma non m'importa, finalmente posso essere quel che voglio, senza giudizio; finalmente mi potevo definire libero, anche se per poco, prima o poi dovrò tornare indietro, ma per ora nulla poteva rendermi più felice. Cacciai uno specchio intarsiato e mi ammirai allo specchio, guardai ogni lineamento del mio viso, non molto diversi da quelli di mia sorella notai, ma molto più marcati e incisi, avevo un volto femminile ma al contempo con dettagli di un uomo. Non mi dispiaceva più di tanto ma ero curioso di vedere come fossi con del colore sulle labbra e sulle palpebre, così cacciai anche quei colori che mia madre utilizzava per rendersi più bella, non so di preciso come venissero chiamati e devo ammettere che "presi in prestito" anche quelli. Disegnai il volto con quei colori con le stesse movenze di mamma e una volta finito, notai una somiglianza anche con lei nei miei lineamenti guardandomi una seconda volta allo specchio. Ero felice. Ero felice di poter essere come volevo e non come volevano gli altri, ma temevo in cuor mio che qualcuno potesse vedermi, qualcuno che conosceva il mio volto o che feudale al sevizio di mio padre riconoscesse l'anello con lo stemma della mia famiglia. Lo temevo così tanto che non feci altro che guardarmi intorno con il cuore a mille. Avevo paura di incontrare qualcuno di quelli che volevano portarmi dinanzi al divino sol per i miei gusti o soldi, e senza accorgermene la felicità e spensieratezza mutarono in panico e ansia. Sol dopo poche ore, e aver appurato di essere totalmente solo, mi distesi sulla sabbia ora argentea illuminata dai raggi lunari, e guardai le stelle. Rammentai, se non erro, un uomo che diceva che la terra e i pianeti giravano attorno al sole e non il contrario, Galileo Galilei, se non erro, è il suo nome. "Baggianate" dicono gli altri, ma per me dice il vero. Ecco un altra cosa, son diverso, me ne rendo conto, col tempo son mutato. I capelli si sono scuriti, il mio viso più marcato anche se non di molto, le mie mani son anch'esse cresciute, divento uomo ma c'è un problema, non voglio. Non voglio esser uomo se queste son le conseguenze, voglio rimanere bambino e amato dalla famiglia che rispetto con orgoglio, voglio quella voce acuta e non questa più grave, rivoglio quel viso senza alcun segno di crescita uguale a quello di mia sorella, rivoglio poter scambiarci d'abito e sentir risa di gioia e divertimento condiviso, e non di scherno. Rivoglio quella vita che tanto amavo lontano da doveri, guerre e comando, lontano dal matrimonio organizzato sempre più imminente. Non desidero tutto ciò, desidero poter viaggiare per curiosità e non per andar a uccidere innocenti. Vorrei poter vestirmi con quelle frivolezze, così definite, che amo e che mi fanno sentire me. Me che di nome son Nicolas e avrei preferito nome diverso e più aggraziato; e invece son qui costretto a nascondermi, come un furfante o peggio. Alzai una mano al cielo, ancor disteso, come nel cercare di prendere un altra mano al volo prima di cadere in una fossa troppo profonda, ma invece di una mano a sostituirla c'erano le stelle sempre più brillanti. Di colpo mi venne da sorridere ancora ammirando quello spettacolo dinanzi a me, fin quando non senti il rumore di passi e rametti secchi spezzati. Mi guardai attorno cercando di veder qualcosa nel buio, ma vidi solo le sagome di scogli, pietre e grossi tronchi trasportati fin li dall'alta mare; allora tornai a guardare il cielo stellato trovando qualche costellazione come quella del cigno o la croce del sud.

<Chissà se da qualche parte ci sia un regno in cui possa essere come desidero> mi sfuggì il pensiero.

<Chissà...> mi rispose una voce maschile dietro di me. mi alzai di scatto ma inciampai nella veste cadendo proprio sullo sconosciuto, che mi prese al volo prima che il mio volto incontrasse la sabbia gravosamente. <Attento!> disse al fine. conoscevo quella voce fin troppo familiare. 

<William, che ci fai qui?> dissi rialzandomi con compostezza. 

<Ti cercavo, ero sicuro saresti venuto qui, ma non pensavo di metterci così tanto... di preciso a che ore sei scappato?> 

Sorrisi, volevo bene a William. Arrivò a corte molto tempo fa, circa 10 anni fa; avevamo la stessa età all'epoca e non ci fu quindi difficile stringere subito amicizia. Viene da una famiglia borghese di fiducia alla mia, e fu mandato qui con lo scopo di farmi da compagno di giochi. William era l'unico insieme a Sara, Mia sorella, ad accettare i miei gusti particolari per gli altri, e non si tirava mai indietro nel difendermi in ogni occasione se fossi in pericolo. Notai che il suo occhio aveva un livido, era così grande e scuro da essere ben visibile in tutto quel buglio.

<Chi ti ha fatto questo? il livido intendo...> dissi mortificato, sapevo già la motivazione per il quale scaturì come conseguenza un livido di tali dimensioni.

<Nessuno di così importante> ribatté lui col suo tono gentile mai mutato nel  tempo, .a lui lo era, o almeno il suo aspetto. I suoi tratti virili erano visibili persino al buio più totale, la sua voce, ogni cosa era più adulta in lui, ma i suoi modi e pensieri erano sempre gli stessi, immutati.

<Ma>

<Avanti, torna con me. > mi interruppe. <Ti cercano ovunque,sono preoccupati per te. anche io lo sono... qui non gira buona gente ti rammento>

Abbassai lo sguardo, non aveva tutti i torti, sono stato via per un giorno intero e qui la gente che passava era di malaffare. Iniziai a tremare, e non solo per il freddo. 

<Ho paura... Che mi faranno? non voglio la frusta, la odio. Ti prego... ovunque ma non lì> ero disperato. William notò le mie condizioni, ero scosso, tremante; ai suoi occhi dovevo sembrare un coniglietto spaurito. Inaspettatamente mi abbracciò. Fu un abbraccio breve, ma mi rese felice, tant'è che mi tranquillizzai all'istante.

<Finchè ci sono io, nessuno ti deve sfiorare. Altrimenti chi batterò a dama?> gli scappò una risata che fu contagiosa per me, <Avanti torniamo indietro, ci penserò io  tutto.> e con quelle parole raccolse abiti e oggetti rimettendoli nel sacco. Non esitai a seguirlo. Io rimasi con quelle vesti femminili per tutto il tempo, e camminammo, scherzando e raccontando a vicenda gli eventi di quella giornata, fino a un ruscello più vicino nella foresta che si estendeva fino alla spiaggia. Con l'acqua pura e fredda mi lavai dal viso quei colori, trucchi rammentai al fine il loro nome, per poi rimettere quegli abiti maschili attillati che odiavo di minuto in minuto; poi, a mio malgrado, ci avviammo verso "casa".

You've reached the end of published parts.

⏰ Last updated: May 26, 2020 ⏰

Add this story to your Library to get notified about new parts!

Come schiuma di mareWhere stories live. Discover now