Capitolo 1

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Courtney.
L'aria malinconica che si respira di lunedì mattina è sempre la mia principale antagonista, quella che mi demotiva e mi dà l'impressione di non riuscire a portare a termine una giornata. Guardo dal finestrino tutti gli edifici ed i parchi naturali di cui dispone Toronto: odio questa città, ma devo ammettere che non ha nulla di male per quanto riguarda la sua apparenza. Non che mi sia successo qualcosa di spiacevole qui ma anzi tutto il contrario, non conosco questo posto e non ho assolutamente intenzione di farlo. D'altronde se sono qui è solo per terminare la mia carriera scolastica -alla quale sarà più facile prestare attenzione- durante i continui spostamenti di mio padre. Sono consapevole del fatto che il terzo anno di liceo sia veramente impegnativo e difficile, ma nella vita ci sono continue sfide che vanno affrontate ed il modo di viverle condiziona ogni cosa. Mia madre mi dice sempre che una vera Barlow vince, non importa quanto le cose si complichino e quante difficoltà ci siano, l'importante è arrivare al proprio obiettivo. Come ogni adolescente che si rispetti anche io ho le mie insicurezze e non sempre sono sicura di riuscire ad eccellere, al contrario di quanto gli altri si aspettano da me. "Posso farti una domanda?" Dopo circa 10 minuti di puro silenzio tra noi due decido di esternare un dubbio a mia madre Catherine, poco prima che mi lasci nel cortile scolastico davanti al quale mi troverò tra poco. "Certo" è la sua risposta, accompagnato da un cenno del capo che fa oscillare i suoi lunghi capelli castani. "Credi che mi troverò bene qui? Sai, con nuova gente, nuovi professori.." "Io credo che tu sarai la migliore, tesoro". Mi risponde velocemente come se stesse leggendo un copione. Provo a porle ulteriori quesiti ma il mio parlare viene subito interrotto da uno squillo di un telefono cellulare. "Barlow" risponde lei alla chiamata di un altro cliente, poco prima di fermare la macchina davanti ad un cancello ed un istituto grande ed abbastanza luminoso. Mi fa un cenno con la mano e mima un in bocca al lupo prima che io scenda, portando con me i libri ed un grande mal di testa mattutino. Le mie gambe sono abbastanza tremolanti e fanno fatica a condurmi all'interno della scuola, così decido che è arrivato il momento di schiaffeggiarmi mentalmente e di ricordare che posso essere la migliore di tutti. Forse.
Prendo il palmare e guardo l'orario: 8.27. Tra non meno di tre minuti avrò la mia prima lezione, e mentre realizzo questo vedo studenti di ogni età passarmi accanto e squadrarmi dalla testa ai piedi. Inizio ad apprezzare chi invece, forse per il sonno o forse per lo scarso interesse provato nei confronti del mondo esterno, non fa nemmeno caso alla mia presenza. Mi ricompongo mentalmente e faccio mente locale sul da farsi, l'aula di biologia dovrebbe essere la prima sul lato destro del corridoio ed è esattamente la meta che sono tenuta a raggiungere in questo momento.

Arrivo davanti alla presunta porta ed indecisa mi abbasso sulla piccola fessura della maniglia per vedere cosa ci sia all'interno. "Ehilà, sei la nuova bidella? Serve aiuto?" Sento dire alle mie spalle da una voce maschile, non esageratamente bassa che mi fa alzare di scatto. "Ma come ti permetti!" Incrocio le braccia al mio petto indignata per la sua ipotesi completamente scorretta "ti sembro per caso una bidella?"
"Scusami, ma allora perché sbirci nello stanzino degli attrezzi?" Domanda il ragazzo confuso, grattandosi la testa per l'imbarazzo. Quest'ultimo divenne ben presto il mio: stanzino degli attrezzi? Ho studiato la mappa di tutta la scuola per ben cinque volte e dire che sono sicura che questa sia l'aula che cerco sarebbe riduttivo. "Stanzino? Non è la classe di..? Ah, non importa." Decido di smetterla di rendermi ridicola e mi rendo conto di aver fatto una figuraccia con la prima persona canadese con la quale io abbia mai interagito. "Suppongo ti serva aiuto. Io sono Trent" mi porge la mano "e credo tu ti sia persa. Che materia avevi intenzione di studiare in mezzo alle scope?" Lo guardo per qualche secondo e subito dopo ricambio la sua stretta di mano. "Biologia" se non altro si sta rendendo utile e la sua ultima domanda potrebbe avermi fatto sorridere se solo fossi stata meno irritata, ma apprezzo lo sforzo. "Sei molto fortunata..." lascia la frase in sospeso aspettando il mio nome come informazione mancante "Courtney, sono nuova qui. Trasferita da pochissimo e che ha paura di tardare alla sua prima lezione" concludo sorridendo per velare un filo di ansia, come a ringraziarlo per la sua disponibilità. Di tutta risposta lui fa una breve risata contenuta "tranquilla, non tarderai. Sei molto fortunata perché quest'ora nel nostro orario coincide, quindi posso mostrartela senza problemi" dice facendomi segno di seguirlo. Mentre mi conduce verso il luogo nel quale siamo indirizzati approfitto per guardarmi intorno ed inquadrare meglio il posto nel quale mi trovo, che non sembra particolarmente aggressivo o quant'altro. Le pareti sono di un verde scuro intonato ad un rosso pallido, gli armadietti sono grigie ed il pavimento e totalmente nero. La mia vecchia scuola era molto più piccola, le colorazioni erano totalmente bianche e nere ed il che conferiva alla struttura abbastanza autorità e, se così si può definire, tranquillità. "Da dove vieni?" Pensavo non mi rivolgesse la parola in questo breve lasso di tempo, ma mi fa piacere gli interessi saperlo. "Sono spagnola" anche se penso possa averlo già intuito: ho una carnagione abbastanza scura contornata da alcune lentiggini, ma il mio accento non lascia assolutamente a desiderare. "Parli molto bene l'inglese" nota confermando un mio precedente pensiero "perché sei qui?"
"Grazie, ero la prima della mia classe ed ho sempre saputo padroneggiare questa lingua. Mio padre è londinese. È per il suo lavoro che ho cambiato città, viaggiamo spesso..." "forte!" Si meraviglia lui. Non capisco cosa sia forte nè tantomeno entusiasmante, quindi mi limito a sorridere debolmente "e che lavoro fa?"  "È un celebre avvocato che collabora a dei casi di particolare importanza, proprio come mia madre. Non potevamo aspettarci che fossero i collaboratori a raggiungere noi, quindi se Maometto non va alla montagna..." vengo interrotta dal suono di una campanella che mi frena e mi risveglia dal monologo "è qui" mi dice Trent, entrando con me in un'aula spaziosa e piena di studenti. "La buona notizia è che non sei l'unica nuova arrivata" mi si illuminano gli occhi "la mia migliore amica d'infanzia oggi lo sarà con te. Si chiama Bridgette ed è una ragazza molto socievole, penso che potreste farvi da supporto morale a vicenda" conclude sorridendo. Non mi dispiace affatto l'idea di qualcuno che sia disorientato quanto me e che possa farmi compagnia, a patto che non mi rallenti. "Lei dov'è?" Mi guardo intorno speranzosa di vedere la misteriosa amica. "È un po' distratta e ritardataria" oh, perfetto "la riconoscerai subito: ha i capelli biondi e gli occhi verdi, ed a volte sa essere veramente imbranata." Se devo essere sincera, nonostante le qualità che mi sono state descritte non siano esattamente i requisiti che cerco in qualcuno al fine di poterci instaurare un'amicizia, non vedo l'ora di conoscerla. Credo sia meglio affrontare tutto ciò con qualcuno accanto, mi manca avere un'amica vera e non mi illudo che questa Bridgette possa esserlo, ma potrebbe essere comunque un qualcuno con il quale parlare e conversare civilmente. Oltre Trent, credo. Sembra molto ben disposto nei miei confronti nonostante io non lo conosca minimamente, questa cosa mi perplime ma mi dà comunque un certo sollievo. "Trent!" Una ragazza che reincarna perfettamente la descrizione del mio conoscente -non credo proprio di poterci definire amici- si dirige verso di noi con un sorriso sgargiante e con fare allegro, subito prima di abbracciarlo. "Mi sei mancato tantissimo. Che bello questo posto, è enorme!" È molto emozionata e lo si percepisce anche dall'esterno. Il ragazzo moro ricambia l'abbraccio e mi sembrano veramente affezionati "anche tu. Lei è Courtney, è nuova come te. Pensavo che potreste trascorrere del tempo insieme per aiutarvi. Certo, non intendo dire che ti voglio abbandonare." Conclude lui ammiccando.
Lei si gira verso di me e mi rivolge uno sguardo carico di gentilezza. Indossa una felpa azzurra che le arriva sotto l'ombelico e dei pantaloncini di jeans. I suoi bei capelli biondi sono raccolti in una lunga coda che ondeggia ogni volta che lei fa un piccolo spostamento. "Ciao, sono Courtney" decido di ricambiare il suo grande sorriso e le porgo la mano "Bridgette, puoi chiamarmi Bri." Lei ricambia la stretta con fare amichevole.

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