sguardo di demone

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Vengo chiamato il Signore degli Incubi. Sono un demone. Non aspetto altro che uccidere: mi basta uno sguardo. Distruggo le persone, divento le loro paure più grandi e profonde, muoiono dinnanzi a me. E mentre questo accade io rido, rido della loro paura, delle loro fragilità mondane e rido davanti alla loro debolezza di morire. Rido. Ogni volta. Siamo miliardi dall'altra parte, casa come la chiamiamo noi, e tutti aspettiamo di attraversare i confini.

Avevo una storia¸ prima. Risale al X secolo. Ero un bambino - c'è chi nasce demone e chi lo diventa nel tempo. Un bambino innocente. Andavo a caccia, come ero solito fare, con mio fratello maggiore. Per qualche strano motivo, Guglielmo si allontanò da me mentre ero impegnato ad esaminare, con molta cura, le impronte sul terreno. Si diresse verso una casetta abbandonata, distrutta, sciupata dal tempo. Lo adocchiai entrare e lo sentii urlare a pieni polmoni. Ci volle un po' prima che il mio cervello accettasse che ero ... che io accettassi di essere già lì, davanti la casa. Entrai in quella catapecchia spettrale, all' interno sembrava... accogliente, calda, come può essere la casa della nonna. Tutto era in ordine: i quadri, la tavola apparecchiata per due, le poltrone, i suppellettili senza polvere o ragnatele. Ero convinta che quella strana casetta fosse abitata. Iniziai a spaventarmi. Mi misi a cercare il mio fratellone finché non pensai che fosse abbandonata questo posto. In quel momento il mio pensiero fu interrotto dalle risa di qualcuno. Quelle risa, quelle risa uguali alle mie quando vedo morire qualcuno. Adesso so chi era, chi è, perché vive ancora ed è grazie a lui se sono quello che sono! Mi diressi verso la stanza del camino. C'era un fuoco scoppiettante e ardente. Sullo sfondo dell' immenso camino c'erano dipinte con schizzi di sangue le immagini di demoni, che ancora adesso temono il mio sguardo. Di fianco, un uomo, o meglio un demone, era appoggiato al davanzale accanto al camino, non curante della mia presenza.

Rideva. Rideva mentre mio fratello moriva. L'unica cosa che mi avesse mai voluto bene, moriva. Non era più umano: gli occhi totalmente neri, impossibile riuscir a trovare un accenno di luce o di colore; le sue ossa si stavano spezzando davanti ai mei stessi occhi. Uno spettacolo atroce, inguardabile ma sia io che quel mostro lo osservavamo con occhi divertiti. Ero disgustato da me stesso. Elijah, così si chiamava quel demone, mi notò solo dopo che il cuore di mio fratello smise di battere. Mi si avvicinò con una lentezza raccapricciante e movimenti fluidi. Ora toccava a me. Ma no, no. La maggior parte degli uomini hapaura della morte. E anch'io ne avevo. Temevo di essere così, come mio fratello: un debole.

Elijah sembrava pronto a uccidermi ma inaspettatamente mi sorrise con semplicità. Un sorriso complice, freddo e inanimato. Frustrato di sostenere quello sguardo, abbassai il mio o almeno ci provai visto il mostro con la sua mano tozza afferrò il mio fragile povero collo, portandolo davanti ai suoi occhi mostruosi color sangue. Quegli occhi cercano la morte, la volevano, la pretendevano. Sentivo come il mio corpo esile diventava più forte, più potente. Poi il nulla. Mi ricordo solo che il fuoco era diventato più intenso. Un buio maestoso, confuso e astruso mi avvolse come una coperta.

Oggi mi devo nascondere, ho una copertura, un lavoro.. AH, I secoli bui, che bei tempi: tutti erano circondati dalla paura e io, come un ragazzino, mi divertivo a uccidere. Adesso la società è cambiata e non di poco. Ho girato il mondo e in tutti questi secoli l'ho visto mutare, distruggersi e ricrearsi. Ah, dimenticavo il mio nome in questa nuova società: Mr. Loster. Direttore di un teatro a Londra, la Royal Opera House.

Era tardi e mancava pochissimo alla lezione di Mr. Loster. E' Incredibile come quell' uomo potesse essere cattivo e alla stesso tempo un insegnate meraviglioso e stimato da tutti. Portava sempre degli occhiali scuri per nascondere i suoi occhi. Nessuno di noi ha mai visto il loro colore del tutto. Mi ricordo di una ragazzina, Rachel se non erro, che li aveva intravisti, un colore agghiacciante dietro a gli occhiali. Dopo quel giorno nessuno l'hamai più vista in giro per la città.

Il nostro corso orami è diventato il principale, ci chiamano a vari concorsi e Mr. Loster è davvero orgoglioso e fiero di noi, di me. Perché sono sempre al centro dell'attenzione, al centro di tutto e sempre corretta. Ti dà importanza la correzione, significa essere la prediletta, la prescelta, quella con un futuro.

Come un fulmine entro nella sala, salutando adeguatamente, e mettendomi le scarpette di punta. Mi infilo alla sbarra tra due mie compagne odiose, per farle ammattire di rabbia e di gelosia. La lezione procede fluidamente con demi-plié, tendu, fondue, frappè, giri di ogni genere e posè. Si arriva al centro, Mr. Loster ci illustra la sequenza tratta dal famoso repertorio de "Lo Schiaccianoci", il mio preferito. Come ogni lezione, mi posiziono nella prima fila proprio al centro, ma vengo spinta indietro con gran foga dalle mie compagne, ritrovandomi sola, in fondo, in un angolo. Quanto le odio quelle! Mostro la mia bravura anche nell'ultima fila. Di solito quando ballo, la mia passione mi domina completamente; ora era l'odio, la rabbia. L'odio per quelle ragazze. Mr. Loster mi accenna un piccolissimo, quasi impercettibile sorriso, ma io lo noto per la mia grande attenzione ad ogni dettaglio. Finita la lezione, come sempre mi fermo quei dieci minuti per allungarmi e stirarmi per rilassare muscoli. Mr. Loster si avvicina, quando tutti sono usciti dalla sala. Per la prima volta, credo da anni, si sfila gli occhiali mostrando occhi sanguigni, invadendomi completamente. Sono meravigliosi e terrificanti, assieme a quel sorriso così crudele. Mi perdo nei suoi occhi così facilmente che non mi accorgo neanche che sto urlando. Urlando come mai fino ad allora. Inizio a sentire il calore della mia pelle abbandonarmi lentamente fino a sbiancarmi mentre continuo a guarda quegli occhi che mi uccidono. E allora capisco, distolgo immediatamente lo sguardo, abbassandolo. Un ghigno mi guizza all'orecchio, alzo di nuovo lo sguardo tremante e Mr. Loster riporta nuovamente gli occhiali al loro posto. Una voce mi trapassa la mente: «Non aver paura, ti riporto solo a casa» e sparisce la candida luce, prendendo il sopravvento l'oscurità. Assieme a lui, sparisco io, in mondo orribile. Aspettando di diventare come lui, un mostro, un demone. Finalmente ritorno alla mia casa.
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Hei! Questo è uno dei miei primi racconti e ne sono fiera anche se direte che fa schifo, perchè in effetti fa proprio schifo ma chissene.
Bene, detto questo vi saluto e presto pubblicherò anche gli altri miei racconti... Byeee

-Bebe

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