Se io odiavo una persona, quella era Bianchi.
Andrea Binachi.
Tanto affascinante quanto pallone gonfiato.
«dai Ali smettila ti prego, ammettilo che ti piace e basta.» Questo era quello che la mia migliore amica mi diceva esasperata tutte le volte che facevo una delle mie solite scenate in cui mi lagnavo di Bianchi e dei suoi amici celebrolesi. Ed era anche una di quelle frasi che mi faceva riflettere. Lo amavo davvero? Una domanda che mi ponevo sempre e a cui non aveva mai trovato risposta. Lo odiavo questo è certo, ma non riuscivo ancora a capire cos’era quella fitta al livello dello stomaco che mi veniva ogni volta che lui sorrideva. Ogni volta che vedevo il suo sorriso, il mio cervello andava in panne eppure non riuscivo nemmeno a pensare che stavo respirando la sua stessa aria che mi veniva il vomito.
«Ei Ali. Ali ci sei?» i miei pensieri furono interrotti dalla voce squillante di Celeste (la mia migliore amica) che mi scuoteva una mano davanti alla faccia.
«Che c’è?» chiesi.
«ti eri incantata» spiegò «Su Bianchi!»
«Cosa? Non se n’è accorto vero?»
«Oh si che se n’è accorto, guarda lì come sorride compiaciuto».
Mi girai e guardai qualche banco più in la e in effetti quel pallone gonfiato aveva il suo solito sorriso compiaciuto stampato sul volto.
«A cosa stavi pensando?» mi chiese Celeste.
«Avete finito di parlare voi due?» la professoressa di storia ci interruppe, e questo mi permise di non rispondere alla domanda. Non mi sarebbe piaciuto ammettere che stavo pensando a Bianchi dopo tutte quelle volte che lo avevo insultato o che mi ero lagnata di lui davanti a lei. Eppure lei era la mia migliore amica, forse era giusto che sapesse la verità…
Per fortuna la campanella suonò poco dopo e uscii dalla classe per fare l'intervallo.
«Ei sfigata» una voce fin tropo familiare dietro le mie spalle mi fece girare e come previsto mi ritrovai davanti Bianchi con i suoi amichetti ai lati e una banda di ragazzine oche che li guardavano, ridevano e confabulavano ogni volta che lui si metteva la mano tra i capelli.
I suoi bellissimi capelli neri.
Okay Alice. Stai vaneggiando.
«Cosa vuoi?» chiesi co la voce più fredda che riuscii a trovare.
«Lo sai cosa voglio Principessa» si mordeva il labbro inferiore e sorrideva.
«Credevo di chiamarmi Sfigata per te»
«Come vuole lei Sfigata» Bianchi calcò sull'ultima parola e sorrise soddisfatto alla mia reazione, cioè diventare rossa di rabbia.
Ecco, quello era il motivo per cui lo odiavo tanto, perché non capiva mai un beato cazzo, perché si credeva il migliore di tutto solo perché era bello, bravo scuola o a giocare a calcio, perché era un emmerito stronzo.
«Quindi Sfigata esci con me sta sera o devo chiederlo a una di quelle belle signorine la dietro» e a queste parole le oche cominciarono a ridere imbarazzate e a mettersi a posto i capelli.
-NO- pensai anche se non sapevo bene a cosa mi stessi riferendo, non sapevo se non volevo che lui uscisse con me o se non volevo che uscisse con una di loro.«No Bianchi io con te non ci esco manco fossi l’ultimo uomo rimasto sulla terra. E poi fammi capire: vuoi uscire con una sfigata come me? credevo non fossi degna di uscire con uno come te» dissi sarcastica decidendo che la dignità era più importante e uscire con lui, beh sarebbe stata la cosa meno dignitosa al mondo.
«fidati Sfigata prima o poi riuscirò ad uscire con te» e così dicendo mi si avvicinò. Il suo corpo muscoloso era appiccicato al mio e la sua mano stava per solcare strade che non doveva, ma io fui più veloce ed estrassi dalla borsa dei libri il primo libro che mi è capitato in mano lo presi e lo scagliai contro Bianchi che però si sposto appena in tempo per schivarlo e per farlo andare dritto dritto sullo stomaco di Pietro (uno dei suoi amici) che si piegò in due con il fiato mozzo.
«Bella mira Sfigata» rise lui mentre aiutava l'amico ad alzarsi.
E così dicendo se ne andò con una delle Barbie probabilmente a limonare in bagno.
Non che mi interessasse quello che lui faceva con le sue troiette.
«Ti va di venire a casa mia a fare i compiti? Non mi va di studiare storia da sola e così magari stasera andiamo in un locale a fare qualcosa» mi chiese Celeste quando quel testa di capra di Bianchi era scomparso dalla mia vista.
«Emmm... Okay va bene. Sono da te alle quattro»