- prima lettera

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Adesso sono qui,
cogli anni che sono passati,
con lo stillicidio del tempo,
che se ne va inesorabile,
ma ricordo,
quando c'era chi voleva
cambiare questo mondo,
gli anni della protesta,
della contestazione,
della ribellione del 68,
che mi hanno raccontato
e mi basta,
si voleva fare tutto con la fantasia,
ma anche migliorare le cose,
cambiare,
fare musica,
scrivere,
sognare,
non erano utopie,
erano esigenze, volontà di rinnovamento,
lotta di classe,
battaglie della scuola,
contestazione,
quanto tempo è passato,
ma ammiro chi continua a lottare,
chi non si è piegato e và fino in fondo nella lotta,
chi non smette di protestare,
di ribellarsi,
contestazione,
in questo mondo ipocrita.”


‹ Perfetto. Credo di aver finito. ›

Ripiegò il foglio a metà, poi su se stesso una volta ancora.

L’accurata calligrafia donava un tocco di eleganza genuino, come se, d'altro canto, dello scritto mancasse proprio quello.

Inserì la carta nella busta intonsa che teneva nell'altra mano con le dita affusolate

e depose un fiore di viola al suo interno;
era affascinato dal suo colore e ne amava l'essenza, dolce, ma leggera, cauta.
Armonica e rilassante.

Bagnò due dita della mano destra nell’ampolla dal collo largo che portava accanto al calamaio, e con esse inumidì l'estremità della busta, lì ove giaceva una striscia di colla che successivamente l'avrebbe aiutato a sigillare il tutto.

Accomodó poi un sigillo completamente vuoto sulla lettera nel punto di chiusura, nel medesimo posto in cui solitamente veniva lasciato il marchio della famiglia di appartenenza;
la sua ceralacca vermiglione, al contrario di ciò che esplicavano le norme, era priva di ogni indicazione riguardo il mittente.

Un semplice sigillo rotondo venne dunque lì posto, senza lasciar poi traccia alcuna delle mani di colui, o colei, aveva appena impacchettato il tutto.

Per operazioni simili, infatti, il nostro, o la nostra, protagonista del capitolo, tendeva a sfruttare, molto furbamente, dei guanti in tessuto spesso, in modo tale da eliminare ogni rischio di lasciare anche solo una più piccola indicazione riguardo la sua persona.

Passò la lingua sul proprio labbro inferiore, inumidendolo tanto quanto bastava per provare una sensazione di sollievo sommista a tranquillità.

Si alzò dalla sedia, e, come trattandosi di un’illustre personalità, si recò alle poste.

Una lieve brezza si stagliava sul suo viso dai tratti innatamente puliti e delicati, nonostante le sue giornate dannatamente pesanti.

Giunse a piedi a destinazione, sentendosi, con quella missiva tra le mani, quasi come se fosse appena sgusciato, o sgusciata, da un grande castello.

‹ Prego, è il suo turno. ›

Un sorriso cordiale.

Recandosi nel più privilegiato luogo delle poste che conoscesse, nonostante fosse piuttosto distante dalla sua dimora, che sorgeva sui colli ad est della città, notò quanto fosse garantito il servizio placido e tranquillo, non più scosso dalla maleducazione dei campagnoli, come aveva ormai preso l'abitudine di vedere.

‹ Desidero spedire codesta missiva
  all’indirizzo sovrascritto.
  Sono in ritardo di un giorno, è per caso
  possibile godere di una spedizione
  immediata? ›

‹ Oh- ›

Inserì un risolino appena accennato, coprendolo con la mano libera.

L'altra impugnava la lettera.

‹ Pur essendo in centro città, non è
  necessario esibire un linguaggio così
  forbito. Non si preoccupi di come parla. ›

‹ Come avete capito che non sono di queste
   zone? ›

Si allontanò dal bancone, ritraendo le mani ancora munite di guanti e abbozzando un sorriso imbarazzato.

Si notava così tanto?

Nutriva la convinzione di aver un giusto camuffamento per poter passare per qualcuno del centro città.

Aveva avuto l'acutezza tale da riuscire a premunirsi di ogni cosa che potesse caratterizzare i Signori e le Signore del luogo, eppure, al suo primo incontro, la copertura era già saltata.

‹ Vede, ha un accento molto marcato.
  Lei è dell’est, no?
  Delle campagne?
  Ho un talento nell'indovinare le
  provenienze, lavorando qui da molti anni;
  pensi che una volta mi si avvicinò questa
  donna sulla cinquantina, russa, con i
  capelli legati in uno chignon a dir poco
  voluminoso, ed io fui in grado di percepire
  in che luogo stesse trascorrendo il suo
  soggiorno basandomi unicamente sui suoi
  atteggiamenti appresi nei giorni in cui
  aveva sostato qui.
  Poi mi si avvicinò e mi diss- ›

‹ M-mi scusi...la devo interrompere.
  Sono un po'di fretta e vorrei che la mia
  lettera venisse spedita quanto prima
  possibile. ›

Sovrastò la donna che ormai era partita a chiacchierare a ruota libera, indicandosi alle spalle al fine di farle capire la sua stessa volontà di sbrigare le cose più che si potesse.

‹ Certo, domando perdono!
  Phil, a te questa lettera.
  È da mandare immediatamente. ›

‹ Subito! ›

‹ A quanto ammonta il totale?›

Domandò, munendosi del denaro necessario e tentando di imitare il più possibile l'accento voluto.

La donna sorrise, pronunciò il prezzo e congedò, facendo un'ultima battutina sui suoi modi di fare impacciati.

Avrebbe voluto seppellirsi, in quel momento.

Andava in imbarazzo molto facilmente, e quella donna fu l'emblema delle tipiche caratteristiche che non facevano altro che aumentar il suo disagio, già di base molto evidente.

A piedi, si incamminó verso casa.

Il sole stava cominciando a sorgere ed il cielo era tinto della sua luce rifratta tra le nuvole e gli sprazzi di notte sparsi qua e là.

Jeon avrebbe sicuramente ricevuto la missiva entro la mattina stessa.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 04, 2020 ⏰

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