1 - Sotto le scarpe.

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Ci provo a dimenticare tutto come se fosse solo una fantasia assurda della mia testa, ma non ci riesco. Non riesco a cancellare ciò che ho visto, per quanto io lo desideri. Mi segue lungo la strada, mentre cammino, mentre fuggo. Mi raggiunge. Mi spia silenzioso mentre mi nascondo nel mio appartamento, cercando di sfuggirgli. Ma ho dimenticato qualcosa: le paure passano sotto le porte.

Adesso che sono bloccata dentro questo ricordo, proprio come quelle volte in cui rimani bloccato in ascensore, so che non ho scelta, devo affrontarlo. Mi costringo a tornare a quel momento, rendendomi spiacevolmente conto che non è affatto difficile quanto mi auguravo fosse.
Lo vedo.
Non riesco a mettere a fuoco i suoi occhi, ma distinguo le sue lacrime sotto il sole. Rivederlo mi mette a disagio e continuo a non capire, ma almeno la paura passa.
Quando senti su di te l'angoscia pungente di un'attenzione indesiderata te ne rendi conto in fretta. Non dovrebbe essere normale, eppure la riconosci dal primo istante; come faresti con un'azione quotidiana. Dopo ti ritrovi sempre sporca, come se ti sentissi colpevole di qualcosa che sai non dipendere da te. O almeno credevi di saperlo quando non si trattava di te.
Non hai tempo per ragionarci davvero. Ti chiedi se avresti potuto evitare che questa situazione si venisse a creare, se in qualche modo dipende da te; non perché ci credi ma perché è una cosa che hai sentito tanto spesso da averla fatta tua senza rendertene nemmeno conto. Di solito, però, ti aspetti che una situazione simile si concluda in maniera differente...

Mi sento sudicia lo stesso, ma in maniera differente. Vederlo mi ha lasciato una sensazione di disagio appiccicata addosso, come una caramella stretta troppo a lungo in un pugno. Il resto non riesco ad interpretarlo. Non è stato bello da vedere; non perché sia davvero stato brutto, ma perché non ho alcuna idea di come sia stato. Non posso descriverlo, perché per quanto io mi sforzi non riesco a riconoscere nient'altro. Ci penso assiduamente per altri due giorni, il terzo decido di soffocare i miei pensieri costringendomi a impiegare tutte le ore che ho a disposizione nell'organizzare ogni più piccolo dettaglio per il mio ultimo incarico. In quello e nel mangiare cose che probabilmente ridurranno il mio corpo in cenere entro i prossimi quattro anni; o forse sono solo io che esagero ancora una volta.

Sono passati altri due giorni, quando mi dirigo alla biblioteca per ultimare i dettagli del mio, ormai vecchio, incarico; fin troppo carica per iniziare il prossimo. Mentre approfitto dei mezzi pubblici per raggiungere il luogo dove la mia pace verrà compromessa, mi ripeto che forse non tutto è un male, specialmente se quella carica deriva dagli avvenimenti degli ultimi giorni. Mi blocco a quel pensiero e realizzo che devo essere davvero impazzita se sono arrivata a pensare una simile stronzata. Come se mi importasse quanta concentrazione metto nel mio lavoro. Non so neanche come ci sono finita a fare la wedding designer!

Anche adesso so cosa state pensando: "Come è possibile che una persona non abbia un'idea di come sia finita a vivere in un posto che non sopporta, facendo un lavoro che detesta?!". Cioè, in realtà sono anche situazioni piuttosto verosimili, non tutti riescono a realizzare i propri sogni di gloria. E con "non tutti" intendo "quasi nessuno". Eppure dovresti almeno saper spiegare come ci sei finito dentro una di queste due situazioni o cosa ti ci ha portato; io non so fare nemmeno questo.
Tuttavia, per quanto io non riesca a trovare alcun lato positivo nella Francia,  riesco quantomeno a salvare qualcosa del mio lavoro. Perché, nonostante io finisca, per un motivo o per un altro, per detestare ogni singola persona che paga per i miei servizi (che forse, ripensandoci, questa frase avrei potuto formularla meglio...), la mia fissazione per la precisione e per i dettagli si dimostra finalmente utile a qualcosa e mi permette di svolgere questo lavoro particolarmente bene, mio malgrado. 

Sto per stupirvi: non sempre qualcosa in cui sei veramente bravo ti rende felice. Però, finché le mie abilità mi pagano l'affitto, non mi lamento. Non più del necessario almeno.

Inoltre, non era stata solo la mia precisione ad aver reso proficuo il mio lavoro ma proprio la mia persona. La gente sembrava sempre incoraggiata ad assecondare i proprio desideri e le proprie passioni più assurde in mia presenza. E questa cosa non è di certo cambiata col tempo; proprio per questo, a volte, mi capita di dover creare qualcosa che non avrei mai immaginato da sola. Per mia fortuna, questi ultimi clienti non si sono rivelati tanto eccentrici quanto i precedenti. Le loro richieste non sembrano neanche troppo difficili da accontentare, ma ciò non significa che io possa permettermi di gestire in modo superficiale l'organizzazione delle location o di sottovalutare i dettagli.
I dettagli: è proprio questo il segreto del mio lavoro. Molti li riducono ad un semplice contorno, il cui unico senso di esistere è "attirare l'attenzione, ma senza fare rumore". Io invece credo sia una visione totalmente sbagliata: i dettagli sono i veri protagonisti in questo tipo di eventi, forse quasi quanto lo sono gli sposi.  É proprio di queste piccole cose che ti ricorderai; magari per uno di loro che ti ha colpito ricordandoti qualcosa, rivelandosi utile o semplicemente attirandoti coi suoi colori. E queste piccole cose, senza che tu te ne renda davvero conto, sono quelle che poi condizioneranno le emozioni e le sensazioni che collegherai al ricordo di quel giorno. Alla fine, quindi, tutto si dimostra essere solo un grande effetto a catena ben organizzato, perché: se tutto si rivela come il cliente sognava sarà soddisfatto e se altri verranno contagiati da quella loro felicità, li ritroverai come nuovi clienti.

Ma adesso, sta diventando noioso sentirmi parlare del mio lavoro, quindi è meglio che io vada avanti. Vorrei dirvi "Vi racconto ciò che volete sentire davvero.", ma in realtà, qualunque cosa io vi dicessi non vi interesserebbe lo stesso. Sempre meglio dei matrimoni però, eh!

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Credevo di poter lavorare più tranquillamente in biblioteca. Avevo con me lo stesso zaino e l'agenda dell'ultima volta, ma adesso ero concentrata su idee nuove in cui il protagonista assoluto era sicuramente il colore. Inoltre, ne avevo approfittato per rimediare alcuni libri che avevano attirato la mia curiosità. La bibliotecaria è abituata a me, dato che quando non sono a casa mia a divorare quei libri passo praticamente tutto il resto del mio tempo qui. All'inizio dubitava della mia capacità di finire tutti quei libri in tempo prima del mio ritorno, ma ha dovuto ricredersi dopo poche settimane e abituarsi alla mia intrusione in quella che è, ormai, anche un po' casa mia. E poi, so che dovrei lavorare, ma non prendiamoci in giro, chi non approfitterebbe un po' del luogo in cui si trova, al mio posto?

Eppure, anche la mia seconda casa stava per tradirmi ed io ero incapace di guardarmi le spalle. Mi fidavo troppo di quel luogo per poter immaginare che potesse succedere. Sono decisamente troppo ingenua, ma non riesco a vedere una biblioteca (e soprattutto questa) come un luogo dove può esistere anche il male. Non riesco a immaginare qualcuno con cattive intenzioni qui dentro, come se esistesse una specie di barriera che ne impedisce l'entrata. Ma quelle che finora, stupidamente, sono state le mie certezze, crollano nuovamente. Si uniscono a quelle che l'ultima volta mi sono finite sotto le scarpe e per un attimo temo che la mia voce abbia deciso di raggiungerle a sua volta. Lo vedo ancora.

Questa volta non posso evitarlo, né tanto meno sperare che non mi abbia notata. Mi chiedo come ho fatto a non accorgermi prima della sua presenza, mentre lə guardo, proprio lì, di fronte a me. La risposta la trovo più in fretta di quanto vorrei: probabilmente ero, ancora, troppo concentrata in qualcosa di diverso o troppo tranquilla per preoccuparmi del fatto che qualcuno avesse deciso di sedersi di fronte a me. O che proprio lui avesse deciso di farlo.

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