Capitolo 1

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Era una mattina dei primi di novembre e faceva piuttosto freddo per i miei gusti, aprendo la finestra,infatti, mi si congelò la punta del naso e chiusi subito perché il sangue mi si gelava nelle vene. Scesi di malavoglia dal mio letto e mi staccai le macchine per la dialisi, era una cosa molto dolorosa perché un tubicino di color bianco mi usciva dal fianco destro ed era fastidioso togliermi il macchinario ogni mattina. Chiamai mio padre per farmi mettere il sacchetto che funzionava per i miei reni visto che avevano deciso di fare schifo. Mio papà mi diede il braccio per aiutarmi a scendere le scale perché ogni tanto é come se mi mancasse l'energia quindi cado a terra non sentendomi più le gambe. Feci colazione con un po' di latte e andai a scuola in autobus cosa che mi risultò abbastanza stancante e quindi sono più le volte che mi accompagna mio padre. Arrivai all'università abbastanza presto e mi incontrai con la mia migliore amica Kesha, che era di origine indiana, e parlammo un po' degli esami che c'erano da fare a fine mese. Alle otto mi divisi da Kesha e mi diressi presso la classe di letteratura tedesca; entrai lentamente perché cominciavo ad avere tremolii alle gambe e mi sedetti nella seconda fila di sedie partendo dall'alto. Nella stanza c'eravamo solo io e una ragazza con cui andavo a scuola alle superiori, ma dopo qualche minuto la stanza si riempì ed io non riuscii più a vedere nulla. Vicino a me si sedette un ragazzo che non avevo mai visto prima, era alto, moro e con due occhi verdi che spiccavano sulla sua pelle molto chiara. Mi stavo tirando fuori le cose dalla borsa qando mi cadde per terra l'astuccio che ovviamente come nei film americani, me lo prese su il ragazzo misterioso.

"Ecco a te!" mi disse con un sorrisone.

"Grazie" dissi arrossendo e diventando tipo peperone. Lui fece una fragorosa risata e mi tese la mano con gli occhi legermente aperti.

"Piacere sono Tyler Rosewood e sono dell'Indiana tu invece...?" disse allungando molto la vocale finale e sorridendo.

"Piacere Anabeth Rice e sono di qui" dissi cercando di nascondere invano la mia vergogna. Lui mi sorrise e mi strinse la mano, poi mi guardó il fianco stranito

"È ho un tumore al quarto stadio iniziale ai reni che poi si è spostato allo stomaco." dissi tutto ad un fiato perché odiavo le persone che mi fissavano, avevo quasi le lacrime agli occhi...

"Io..." disse a bassa voce Tyler

"Nono fa niente..." dissi asciugandomi le lacrime.

La lezione iniziò, ma non seguii nulla perché pensavo a come mi aveva guardato lui, mi aveva fatto sentire diversa da lui, quasi sbagliata o quasi uno scherzo della natura. Cominciai a piangere di nuovo...

x:"Signorina, devo chiamare suo padre, ha male all'addome."

"No grazie professoressa ma ho male ad un'altra cosa..." dissi sighiozzando, mi alzai e andai fuori dall'aula piagendo. Tyler non staccò mai lo sguardo da me incredulo ma io non lo degnai neanche. Tutta questa agitazione mi stancò parecchi e cominciai ad avere una forte nausea, chiamai mio padre preuccupata che mi venne subito a prendere e parlò con l'insegnante.

Papà pov.

Bussai alla porta della classe e entrai, mi diressi verso l'insegnante e gli spiegai cosa era successo e che mia figlia stava malissimo e allora lei con un espressione addolorata spiegò agli alunni che per un periodo non avrebbero più visto Anabeth e all'udire di queste parole un ragazzo si alzò e chiese cosa aveva mia figlia. L'insegnante non rispose e mi congedò molto velocemente.

Anabeth pov.

Stavo malissimo mi sentivo pulsare dove c'era il tubicino, avevo una nausea fortissima e mio papà non arrivava più. Dopo dieci minuti lo vidi uscire dalla porta d'entrata grigio metallizzato dell'università, sembrava molto canfuso, ma senza fiatare entrai in macchina e partì per andare dal mio dottore che da due anni cura il mio tumore. Era un uomo sui quaranta, stempiato e quei pochi capelli che aveva erano grigiastri, alto e molto robusto; qualche anno fa sua moglie è morta di tumore allo stomaco e da lì mi prese in cura perché avevo lo stesso male che aveva a suo tempo ucciso la moglie. Forse in me rivedeva la sua amata, non lo so, ma ha insistito tanto ad essere il mio salvatore... come diceva lui. Poco dopo essere partiti mio padre mi disse che dovevo stare attenta a non agitarmi perché fa solo male, che non si scherza con le mie condizioni e che un ragazzo aveva chiesto di me, ma lui ovviamente non gli aveva detto nulla sulle mie condizioni. Possibile che Tyler avesse chiesto di me? Nono non era stato lui di sicuro e con l'amaro in bocca mi portai le ginocchia alla fronte e mi ci appoggiai un po' delusa. Dopo alcuni minuti arrivai alla clinica privata del Dottor Who, a stenti mi trascinai giù dall'auto e per sicurezza mio padre mi fece sedere su una sedia a rotelle e mi portò dentro. La sala d'aspetto era piuttosto ordinata, aveva i muri di un verde chiaro, le sedie erano in tinta... sembrava un posto allegro, ma ironia della sorte qui si ricevevano solo brutte notizie o si veniva per fare la chemioterapia, quindi non c'era nulla di così fantastico. Papà mi mise accanto ad una poltroncina beige e lui ci si sedette sopra. Aspettammo per tantissimo tempo fino a quando un'infermiera sui trent'anni che sembrava avesse appena visto un fantasma mi chiamò e mi accompagnò in una stanza completamente bianca con solo un lettino beige all'interno. Subito dopo arrivò il mio medico e mi visitò: prima di tutto mi tolse il sacchetto e mi pulì il tubicino, poi mi tolse la parrucca per vedere se mi erano cresciuti un po' i capelli e infine mi prese in braccio e mi portò a fare la chemio. Odiavo entrare in quella stanza perché sapevo che alla fine di tutto questo sarei stata più male di prima, odiavo me stessa, odiavo avere quel fottuto tumore. Ogni volta mi chiedevo perché a me? Perché a mia mamma? Cosa ho fatto io di male per averla persa? O papà? Tutte queste domande mi riempivano la testa, finita la chemio non feci altro che vomitare, dopo circa un'ora papà mi riportò a casa e io mi sentivo ancora più male di prima. Appena arrivata a casa mi buttai sul mio letto e mio papà mi attaccò alla dialisi, faceva un rumore lento e monotono, ma con questo suono diciamo che mi addormentavo più facilmente. Nel mondo dei sogni c'era una cosa che mi tormentava spesso, rivivevo milioni e milioni di volte il funerale di mia madre. Ogni volta però il finale era sfuocato, vedevo me per terra e tutte le persone intorno, veramente non capivo il significato di quel sogno, ma so che quando mi svegliavo sudavo freddo e avevo un senso di nausea troppo forte. Secondo mio papà questo incubo ero un effetto del cancro e che era tutto normale. Ormai non sapevo più cosa volesse dire la parola "normale" perché la mia vita era diventata imprevedibile da quando avevo il cancro e non sapevo mai con le mie condizioni se passavo la notte oppure no. Io ogni volta prima di addormentarmi prego che tutto questo sia un brutto sogno e di svegliarmi il giorno seguente con mia mamma di fianco e tutte due con una salute di ferro. Invece, ogni mattina è sempre la stessa storia, il brutto sogno purtroppo si rivela la vera e cruda realtà ed io ormai non ce la faccio più. Molte volte ho pensato di farla finita per far vivere a mio papà una vita stupenda invece di correre dietro al mio cancro, ma ogni brutto pensiero se ne andava quando mio papà mi guardava negli occhi sorridendo. Qualche settimana dopo decisi che era meglio dedicare un po' di tempo a me stessa quindi scelsi di andare assieme a Kesha a fare shopping per natale. Ci incontrammo davanti all'entrata di un negozio che vendeva solo cose natalizie ed era pieno di gente perché oggi era il Black Friday ed inizio dello shopping per il Natale. Entrammo verso le sette di mattina, perché qui si usava così, e cominciai a mettere dentro al carrello qualsiasi cosa: da decorazioni a regali, da biglietti a palline di vetro quelle che se le sbatti vedi la neve scendere... tutto ciò mi rendeva molto felice e mi faceva dimenticare per un po' quel schifoso cancro. Mentre Kesha si provava un vestito da elfa sexy, io stavo guardando che regalo prendere a mio papà; ad un certo punto sento qualcuno che mi stava punzecchiando la spalla e vidi che era Tyler.

"Hey ciao Anabeth, come stai? È da molto che non vieni a scuola!" disse lui a disagio. Io lo guardai con uno sguardo molto sofferto e gli dissi che non volevo parlare e che mi sentivo molto stanca, lui mi sorrise e cercò di darmi un abbraccio, ma io mi allontanai e feci un cenno con la mano per salutarlo. Lui un po' dispiaciuto si girò e andò da sua mamma lentamente che gli diede delle borse piene di addobbi per l'albero. Kesha uscì dagli spogliatoi e perplessa mi chiese cosa era successo ed io frastornata le spiegai che avevo visto Tyler e che volevo tornarmene a casa perché cominciavo a sentirmi molto stanca. Qualche ora più tardi mentre mi stavo facendo un bagno rilassante con oli essenziali al fiore di pesco sentii suonare alla porta e visto che ero sola in casa sbraitai di aspettare un attimo perché ero un po' impegnata, riuscii a stenti a reggermi in piedi e aprii lo porta ancora con l'asciugamano tra i capelli; davanti a me c'era Tyler con un mazzo di rose. Ero sbalordita, poi lui era bellissimo; aveva addosso una camicia azzurra, dei jeans e delle Nike verdi; ero abbagliata da tutto questo "Come hai fatto a scoprire dove vivo?" chiesi con curiosità, lui mi porse il bouquet "Ho le mie conoscenze!" mi rispose con un sorriso seducente. Rimasi lì a fissarlo fino a quando lui mi chiese se poteva entrare ed io cadendo dalle nuvole mi scusai e lo feci accomodare sulla poltrona verde di mia mamma. Lui sembrava felice, mi guardava... anzi mi fissava e questo mi faceva sudare parecchio, distolsi lo sguardo e guardai il tappeto che mi aveva comprato mia nonna "Vuoi da bere Tyler?" e da lui nessuna risposta, mi sedetti vicino a lui e si avvicinò pericolosamente a me... pensavo solo ai suoi occhi neri e a nient'altro. Lui si avvicinò ancora di più e le sue labbra si posarono sulle mie e ci stavamo baciando, sentii le farfalle che festeggiavano all'interno dello stomaco, lui si staccò... aveva le labbra rosee e io non riuscii a resistergli quindi mi avvicinai e lo baciai di nuovo. Sta volta il bacio fu molto profondo, lui mi stringeva a se ed io avevo le braccia attorno al suo collo, mi staccai da lui e mi prese la mano intrecciandola con la sua "Anabeth questa cosa la volevo fare da tanto tempo, io ti amo dalla prima volta che ti ho visto!" io mi limitai ad abbracciarlo fortissimo e ad affondare le mie labbra con le sue. "Tyler vorresti essere il mio ragazzo?" chiesi con un sorriso a trentadue denti, lui mi guardò e mi baciò... "Certo che lo voglio!" disse abbracciandomi forte. Passarono i giorni ed io ero sempre più felice, ormai non pensavo più al cancro, ritornai all'università e feci vari corsi di giurisprudenza. La mia vita per una volta era perfetta, ma non lo poteva essere per molto, perché infatti fui ricoverata d'urgenza per perdita di grosse quantità di sangue, stavo morendo piano piano. Stupida io a pensare che tutto per una volta andasse come volevo io, stupida a credere che tutto sarebbe cambiato e che sarei guarita... stupida, stupida e stupida! Ero in camera dell'ospedale con gli occhi chiusi, quando sentii aprire la porta, ma ero troppo stanca per aprire le palpebre... udii la voce di Tyler che mi diceva che non dovevo lasciarlo che dovevo resistere per lui. Io, con una voce molto fievole, gli risposi che non lo avrei lasciato mai e che avrei lottato per lui, per noi! Lui mi diede un bacio sulla fronte e uscii, io caddi in un sonno profondo. Tre giorni dopo fui dimessa perché stranamente tutti i parametri erano tornati nella norma e le cellule tumorali stavano diminuendo, un po' debole mio papà mi portò a casa e mi fece riposare in camera mia. Mentre riposavo sentii Tyler e papà discutere, Tyler diceva che mi amava mentre papà gli diceva che doveva starmi alla larga perché non sarei riuscita e sopportare nelle mie condizioni qualsiasi litigio con lui, io mi alzai barcollando e scesi piano le scale, andai in salotto "Io amo Tyler ed è solo grazie a lui che riesco a resistere, lui mi da la forza, lui è tutto" dissi singhiozzando, Ty venne lì ad abbracciarmi forte e mio papà mi guardò basito, senza parole. Sbattè la porta del salotto dietro di sé e se ne andò via in macchina. Io e il mio ragazzo ci baciammo per un po' finchè fui talmente stanca che mi portò a letto in braccio.

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