Capitolo 3.

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Madaleine quella notte tornò a casa a piedi. Il gelò le intorpidì le mani, tanto che dovette più volte portarle alla bocca per riscaldarle con il suo respiro.
I suoi occhi vagavano per le strade piene ti persone, ubriache, che ancora festeggiavano l'avvento del nuovo anno.
La visione a quella ragazza risultò davvero disgustosa e si chiedeva perché mai si fosse fatta abbindolare dalle parole di un ragazzo fin troppo bello per questo mondo.
Era arrivata davanti alle porte del suo appartamento, così estrasse le chiavi dalla tasca dei suoi jeans strappati e aprì la porta.
L'interno del salone era estremamente freddo e fin troppo buio. Accese la luce, ma la lampadina non illuminò un bel niente. Sbuffò alquanto frustrata, facendosi luce con il telefono fino ad un mobiletto situato vicino alla tv, aprendo poi il secondo cassetto ed estraendo una candela, di quelle che teneva sempre di scorta in caso che la società elettrica le avesse tolto la luce per una bolletta non pagata.
Andava così almeno ogni paio di mesi all'anno, in quei momenti difficili in cui il suo lavoro non riusciva a soddisfare tutte le esigenze che richiedeva quel piccolo appartamento, considerato da lei una specie di 'miracolo' per le sue condizioni.
Prese l'accendino dalla sua borsa marrone a tracolla e accese il pezzo di cera, illuminando così l'intera stanza, che era già di suo illuminata da una parte dal chiarore della luna.
Si girò, notando dietro alla porta un pezzo di carta con su scritto 'Pagamento dell'affitto in ritardo di una settimana! Attenzione!'. Quel messaggio glie l'aveva scritto chiaramente la signora Lonsdale, proprietaria di quell'appartamento.
Madaleine si mise le mani nei capelli, accrusciandosi al suolo con lo sguardo fisso su quel bigliettino.
-Sono fottuta.- Biascicò tra sé e sé. Credeva che davvero questa volta fosse la fine, che prima della fine del mese l'avessero sbattuta fuori di casa e si sarebbe trovata sotto un ponte, al freddo e sarebbe morta assiderata. Beh, in quel momento pensò che buttarsi dal balcone quella sera sarebbe stata una morte più dignitosa.
Dopo un paio di minuti, Madaleine guardò il suo cellulare per l'orario, notando che era appena passata l'una di notte. Così si alzò, svoltò l'angolo del corridoio e si trovò nella sua camera. Si tolse molto lentamente il giubbotto beige e a seguire quest'ultimo il pullover blu, i jeans neri e le scarpe bianche, anche se di bianco alla fine non rimaneva più niente a causa dello sporco.
Aprì l'armadio, prendendo un top nero con sopra una maglia più trasparente, anch'essa nera, dei pantaloncini grigi, delle calze chiare e per finire un paio di tacchi neri. Vide la sua figura allo specchio e ne rimase disgustata. Se davvero durante quell'anno qualcosa doveva cambiare, iniziare di questo passo non era davvero la cosa più giusta. Le veniva da vomitare a guardare il suo corpo rivestito, si fa per dire ovviamente, da quei vestiti che accentuavano di più la sua magrezza, mettendo il evidenza le scapole, le costole, la magrezza delle braccia, le ossa del bacino leggermente in esposizione e le gambe che sembravano quasi degli stuzzicadenti. Le veniva davvero da piangere, ma quella era la sua vita.
Uscì dall'appartamento e si diresse verso la sua postazione di 'lavoro'.
Il freddo questa volta era davvero pungente e non poteva fare a meno di tremare e darlo a vedere. Poi una macchina si fermò vicino a lei e da quel momento potette dare il via a quella serata che, se tutto andava bene, poteva durare fino alle prime luci dell'alba, tanto da ottenere un gruzzolo che poteva aiutarla almeno a pagare l'affitto è una gran parte della bolletta della luce che aveva arretrata.
Non appena entrò in nella macchina, Madaleine non desiderò altro che essersi buttata da quel balcone quella stessa sera.

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Harry era riuscito a prendere sonno con molta difficoltà. Dormiva ormai da un paio di ore quando la vibrazione del suo telefono, posto sopra il comodino che si trovava alla destra del suo letto, lo svegliò. Sbuffò rumorosamente, credendo dapprima che fosse mattina per poi accorgersi che erano le 3:30 di notte. Pensò per qualche secondo a chi potesse mai scrivergli a quell'ora, poi si alzò e prese il telefono: un messaggio da un numero sconosciuto.
Inizialmente rimase sorpreso, poi si ricordò che quella sera lui e quella ragazza si erano scambiati i numeri.
Scese dal letto, i piedi nudi a contatto con il pavimento freddo lo fecero rabbrividire. Arrivò all'attaccapanni ed estrasse dalla felpa il foglio di carta su cui aveva scritto il numero di Madaleine. Corrispondeva perfettamente al numero che gli aveva inviato il messaggio. Un sorriso si fece spazio sul suo volto però scomparì improvvisamente quando lesse il contenuto di quel messaggio 'Aiutami.'.
Il sangue gli si raggelò nelle vene, poi con le mani tremanti scrisse 'Cosa ti è successo?'.
Attese qualche minuto, seduto sul letto a guardare nel vuoto. La vibrazione che accompagnava un nuovo messaggio lo risvegliò da quello stato. Sbloccò velocemente il telefono e lesse 'La mia vita.'.
Si sentì stringere il cuore e poi scrisse 'Ci vediamo domani al bar Roxane, sotto il palazzo della festa.'

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