23 novembre 2014, ore 16.11
«Che guardi?»
Luke si voltò nella direzione in cui stava guardando Michael, posando la tempia contro la sua.
«L'autobus» rispose il rosso, assente. Luke non poté fare a meno di scoppiare a ridere: da quando il passaggio di un autobus attira l'attenzione?
Riprese a guardarlo e gli diede un leggero schiaffo.
Michael si voltò verso di lui, sul viso un'espressione perplessa riassunta in un cipiglio confuso. «Sembra che tu non abbia mai visto un autobus!» esclamò il biondo, singhiozzando dalle risate.
Questa volta, nelle sopracciglia aggrottate di Mike, si poteva leggere una falsa offesa.
Luke posò velocemente le labbra sorridenti sulla sua guancia, per poi scoppiare nuovamente a ridere, contagiando ora l'altro, che dopo aver finto di guardarlo dall'alto in basso, come se avesse di fronte un essere che non meritava di esistere, si concesse all'inconfondibile sorriso del ragazzo, così limpido e bello, incorniciato da quelle fossette che lo rendevano così familiare.
«Veramente,» puntualizzò Mike, «lo sto guardando perché ne ho visti tanti».
Luke ora lo guardava incuriosito, con la testa leggermente inclinata. All'apparenza sembrava stupido, ma sapeva bene che non lo era. Conosceva Michael.
Lui era così. Non a caso tutti gli davano del coglione. Metteva in piedi i più contorti ragionamenti da qualcosa di banale. Come un autobus. Ma dato che nessuno aveva mai voglia di lasciarlo arrivare al punto della sua riflessione, finiva per avere la reputazione dell'idiota, a causa di semplici premesse.
Luke era l'unico che lo ascoltava con attenzione, e quasi si poneva con inferiorità ai suoi discorsi. Era uno degli infiniti motivi per cui Michael lo amava alla follia. Luke era l'unico che lo faceva sentire adeguato, utile, importante.
Gli sorrise. «Cosa intendi dire?» domandò serio.
Amava ascoltarlo. Michael lo rilassava. E lui rilassava Michael.
Amava il suo modo di parlare così familiare. Non gesticolava molto, anzi, teneva sempre le mani lungo i fianchi o giocherellava con le dita; non aveva bisogno di aiutarsi con i gesti tuttavia: gli occhi gli brillavano e sulle labbra sorgeva un piccolo, involontario sorriso ogni volta qualcuno gli degnasse la propria totale attenzione – il che per lui non era poco – e la sua voce profonda e lenta inebriava Luke come una musica rilassante.
«Ogni giorno, a quest'ora, passa su questa strada, questo autobus.» spiegò il rosso.
«Beh, i percorsi e gli orari degli autobus sono sempre gli stessi.» rispose l'altro pazientemente.
«Ma questo è puntuale.»
«E come fai a saperlo?»
«Ogni giorno passa nello stesso preciso minuto, secondo.»
«Che fai, signor controllore, sorvegli la rete di mezzi pubblici?» Luke scoppiò a ridere, di quel riso intenerito e pieno d'amore, di cui le conversazioni tra i due erano piene.
Michael lo spinse, non impiegando poi molto tempo a farsi contagiare dal biondo.
«Beh, sì» dichiarò fingendo un tono serio. «E ti assicuro che quell'autobus è precisissimo. Giuro! Domani se vuoi faccio il conto alla rovescia.»
«D'accordo, d'accordo» Luke si distese e poggiò la testa tra le gambe incrociate di Michael, il quale lo guardava con lo stesso sguardo amorevole e premuroso che rivolge una madre al proprio figlio. «Però...» continuò Luke «non ho capito perché ha tanta importanza».
«Non ne ha infatti. Ero solo stupito.»
«Ah...» disse sommessamente il biondo, abbassando lo sguardo sul proprio corpo lungo ed esile.
Trascorsero alcuni minuti in silenzio, minuti pensierosi, lo si poteva sentire. Quasi come dibattiti urlati dall'egocentrismo. Fu Luke ad interrompere la quiete che si era creata, mettendosi improvvisamente a sedere e allungando il braccio verso qualcosa che svolazzava leggiadro nell'aria, che afferrò delicatamente.
Michael si avvicinò a lui, trascinandosi sulla panca per pigrizia, e aprì le gambe per accogliere il corpo di Luke, che abbracciò teneramente. Con la schiena sul suo petto, la testa sulla spalla destra, Luke si lasciava andare tra le braccia dell'altro, che lo cullava dolcemente.
«Cos'è?» mormorò Michael, fissando lo sguardo sulle mani sottili del ragazzo.
«Una piuma» rispose nello stesso tono l'altro, mostrandogliela.
Michael posò con estrema delicatezza le labbra rosse sulla tempia del biondo, poi gli prese le mani tra le proprie e le accarezzò.
«Sono così belle le piume» commentò sovrappensiero Mike.
«Perché?» sussurrò Luke, dopo un lungo silenzio.
Il rosso si prese del tempo per mettere insieme le parole. «Mi ricordano te» ammise col tono di un bambino.
«Sì?»
«Sì.»
«Perché?»
«Guardala bene» lo esortò Mike, schiudendo appena le mani del ragazzo.
«Sì» disse Luke attentamente.
«È così fragile, e delicata. Piccolo, ti tremano le mani adesso. Vedi, hai paura di disintegrarla. Perché è bellissima, e così gracile.»
«Non mi sembra una cosa bella» commentò Luke pensieroso.
«Dici?»
«Mh-mh.»
«Secondo me sì.»
«Cosa te lo fa pensare?»
«Di cosa credi che siano fatte le ali degli angeli?»
«E come fai a sapere che sono fatte di piume? Hai mai visto un angelo?»
«Forse.»
____________________
hola!!
qualcuna di voi mi conosce per blind probabilmente, puro culo perché non sono nessuno deheh
ecco qui una breve presentazione dei nostri protagonisti, spero davvero che vi sia piaciuta.
lasciate voti e commenti, mi raccomando, voglio sapere cosa pensate di questo esperimento.
SIATE SINCERE O NON CONDIVIDERO' LA MIA PIZZA CON VOI
STAI LEGGENDO
b u s ≣ muke [slow updates]
FanfictionCi sono storie che racconti seduto su una sedia accanto a un lettino a cui hai appena rimboccato le coperte. Ci sono storie che racconti seduto su una poltrona a piccoli bimbi che ti somigliano, curiosi di conoscere la tua epoca attraverso le parole...