Prologo

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La lezione era interminabile. Continuavo a fissare l'orologio sperando si muovesse più veloce, ma il tempo sembrava essersi fermato. Cercavo una distrazione in ogni cosa e finii per notare il giardiniere che tagliava le siepi nel cortile dell'università. Osservavo i suoi movimenti esperti e veloci, quasi ipnotizzata. Il viso appoggiato su una mano mentre con l'altra giocherellavo con la matita con cui avrei dovuto prendere appunti.

"La signorina lì infondo mi saprebbe rispondere?"

La mia matita continuava a picchiettare sul banco rovinato. Un dito mi toccò la spalla, costringendomi a girarmi verso una ragazza che non avevo mai visto prima.

"Credo stia parlando con te." Mi disse, indicando il professore che mi osservava corrucciato con una mano sul fianco e l'altra sulla cattedra. Diventai tutta rossa senza sapere cosa dire.

"Io... io non-" cominciai a balbettare in preda al nervosismo. Tutti mi stavano fissando, alcuni ridacchiavano.

"Signorina, se non ha intenzione di ascoltare può anche non presentarsi più alle mie lezioni."

"Mi scusi." Quasi sussurrai. Continuò a guardarmi duro, finché non disse che la lezione era finita e potevamo andare.

Sospirai, prima di prendere le mie cose e uscire dall'aula ancora imbarazzata. Avrei ripensato a quell'evento ogni notte prima di addormentarmi per il resto della settimana.

-

Mi diressi in biblioteca per passare qualche ora da sola e studiare in tranquillità, cosa che non avrei potuto fare a casa mia, per colpa del trapano incessante del mio vicino di casa. Mi sedetti il più lontano possibile da tutti gli altri, in una zona della biblioteca sempre isolata, circondata da romanzi scritti da autrici sconosciute e saggi sul femminismo.

Mi accasciai sulla sedia e sospirai chiudendo gli occhi e scuotendo la testa. Tornata in me, mi accovacciai per prendere i libri dallo zaino, non facendo nemmeno in tempo ad appoggiarli sul tavolo che mi scivolarono dalle mani, facendo un baccano terribile.

"Fanculo!" sussurrai. Strizzai gli occhi e feci una smorfia, sperando che la responsabile non venisse a farmi una predica. Ne avevo abbastanza di essere rimproverata.

Mentre raccoglievo i libri notai un paio di gambe dirigersi verso di me, per poi sedersi al tavolo difronte. Mi alzai lentamente ad osservare la prima persona che metteva piede in quella zona della biblioteca, oltre a me.

Era un ragazzo, molto bello per giunta. Aveva gli occhi castani e una barbetta molto corta che gli metteva il viso in risalto. Stava trafficando nel suo zaino quando ad un tratto si fermò a guardarmi interrogativo, notando così i suoi occhi blu. Solo allora mi resi conto che lo stavo fissando e distolsi lo sguardo per portarlo sul libro chiuso davanti a me, schiarendomi la gola e facendo finta di niente. Cominciai a leggere, ma qualche minuto dopo tornai a guardarlo con la coda dell'occhio, sperando che questa volta non se ne accorgesse.

Leggeva un libro di psicologia. Spesso si fermava a scrivere su un foglio di carta. Pensai che stesse prendendo appunti. Io continuai ad osservare i suoi movimenti senza farmi scoprire, fino a quando guardò l'orologio e mise tutto il suo materiale nello zaino molto velocemente, per poi andarsene.

Mentre si allontanava in fretta e furia, il foglio su cui scrisse per tutto il tempo cadde a terra. Non feci neanche in tempo ad aprire bocca per avvisarlo che era già sparito.

Mi alzai per andare a raccoglierlo e con tutto il mio stupore scoprii che non erano appunti di psicologia, bensì il testo di una canzone. Lessi le parole con molta attenzione e meraviglia.

La canzone era ancora senza titolo, scritto e cancellato diverse volte. Subito dopo gli scarabocchi, però, c'era l'informazione più importante di tutte:

"Una canzone di Niall Horan"

Avevo scoperto il suo nome.

WRITE ME A SONG - Niall Horan Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora