Prologo

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"Louis, tesoro, hai fatto le valigie?" chiese mia madre mentre lavava i piatti in cucina.

"No, ma tranquilla, ora le faccio" risposi chiudendo velocemente il mio PC e alzandomi dal letto.

Mi avvicinai barcollando all'armadio e lo aprii velocemente e presi dei jeans e delle magliette e distrattamente le buttai nella valigia.

Mentre stavo per chiudere le ante, notai quella maglietta. Quella maglietta che tutti hanno nel loro armadio ma che non mettono mai, troppo insicuri per indossare una maglietta così scollata o attillata.

Mi fermai un attimo a fissarla. Buttata lì, nell'angolo più nascosto, con ancora il cartellino attaccato. Mi faceva pena, così decisi di prenderla e metterla in valigia. Giusto per bellezza, non la avrei mai indossata.

Mi stavo per ributtare sul letto, quando mi chiamò mia sorella.

"Lou ti prego aiutami, c'è un mostro in camera mia" urlò.

Sospirai alzando gli occhi al cielo e mi diressi nella sua stanza.

Appena entrato la trovai sul letto, una maschera bianca in faccia, una fascia rosa con un fiocchetto in testa e una faccia tra la disgustata e spaventata.

"Cosa c'è Lottie?" chiesi gentilmente, ma con un tono un po' irritato.

"Ti prego uccidilo" disse puntando il muro di fronte a lei con il dito.

Girai lo sguardo e osservai bene il muro, ma mi dovetti avvicinare un po' per notare un minuscolo ragno sulla carta da parati rosa.

Alzai un sopracciglio iniziando a ridere e lei mi guardò male.

"MUOVITI" ordinò.

Andai in cucina a prendere un bicchiere per poi intrappolare il ragno al suo interno e con l'aiuto di un foglio portarlo fuori.

"Fatto" dissi con un sorriso compiaciuto rientrando in camera.

"Grazie fratellone" mi sorrise scendendo dal letto e dandomi un bacio in guancia prima di rimettersi alla scrivania a farsi le unghie.

"Bel colore" dissi notando la particolare tonalità di blu che stava mettendo.

"Vuoi?" chiese porgendomi l'applicatore.

"Forse più tardi" risposi uscendo da camera sua e ritornando nella mia.

Mi sarebbe piaciuto mettere lo smalto, ma avevo paura del giudizio delle persone.

Mi buttai di nuovo sul letto e accesi il mio computer. Nel tempo libero mi piaceva trascrivere o scrivere musica.

Era una passione che avevo fin da piccolo, quando mio padre mi diede la sua vecchia chitarra per la prima volta.

Lui sapeva suonarla bene; ogni volta che andavamo fuori per un campeggio in famiglia, ci sedevamo​ la sera davanti al fuoco mangiando i marshmallow e ascoltando mio padre suonare.

Quando io e le mie sorelle crescemmo, ci separammo un po' da i nostri genitori. È normale a tutti succede.

Io però mi ero fissato l'obbiettivo di imparare a suonare la chitarra, e ce la avevo fatta, anche se da solo.

Ricordo ancora gli sguardi fieri dei miei genitori quando gli avevo fatto sentire come suonavo per la prima volta.

A mia madre scese anche una lacrima, si alzò dal divano e mi abbracciò fortissimo.

Mio padre si limitò a sorridere e battere lentamente le mani.

Un giorno mentre ero seduto sotto l'albero che si trovava nel mio piccolo giardino, e suonavo distrattamente la chitarra, mi venne la geniale idea di provare ad aggiungere delle frasi alla mia melodia.

Ed eccomi lì, steso a pancia in giù sul letto con il pc aperto e la chitarra di fianco a me.

Rimasi sveglio fino a tardi, scrivendo qualcosa e cancellando subito dopo.

Mi si chiudevano lentamente gli occhi, ma io prontamente li spalancavo, essendo deciso a scrivere almeno un verso.

Ma il sonno vinse sulla determinazione e mi addormentai abbracciando il cuscino e rannocchiandomi su di esso come per proteggerlo.

***
"Loueh, svegliati dobbiamo partire" urlò con il suo tono gentile mia madre dal piano di sotto.

Aprii lentamente gli occhi osservando come la luce entrasse in camera mia.
Poi spostai lo sguardo sulla sveglia, domandandomi il perché non avesse suonato.

Erano le 6:00. Io la avevo impostata alle 7:00, pur sapendo che saremmo dovuti partire prima.

Mi infilai velocemente un pantalone di tuta grigio, comodo e una canotta bianca che faceva notare bene i tanti tatuaggi situati sulle mie braccia e sul mio petto.

Afferrai il mio pc, la mia chitarra, la valigia non c'era, probabilmente la avevano già portata in macchina.

Presi al volo anche le mie cuffiette e scesi le scale.

Tutti erano già in macchina aspettando me.

Eravamo una famiglia piuttosto numerosa.
Mio padre, mia madre e le mie quattro sorelle:
Lottie, Félicité, Daisy e Phoebe.

Eravamo troppi per una semplice macchina, infatti viaggiavamo in un mini bus con otto posti a sedere.

Mi misi il più in fondo possibile, con le cuffiette nelle orecchie e la musica che mi sfondava i timpani.

Non che non mi piacesse stare con la mia famiglia, ma immaginatevi a stare in una macchina con 4 ragazzine adolescenti in piena crisi ormonale. Beh ve lo dico io, non è facile.

Misi la mia playlist preferita e mi preparai a 8 ore di inferno.

Non avremmo fatto soste, così da arrivare in villaggio per l'ora di cena.

Da quello che sapevo era un villaggio che presentava un Hotel con camere, ma anche con delle casette, dove potevi decidere se cucinare o andare a mangiare al ristorante.

Anche i nostri genitori erano in vacanza e cucinare con così tanto caldo non era il caso, quindi avevamo deciso di fare pensione completa.

Le ore passarono velocemente, credo che io mi sia anche addormentato per un paio di ore.

La macchina era ferma davanti all'ingresso della reception.
Tre ragazzi erano venuti a scaricare le valigie, così io, mia madre e Félicité andammo a fare il check in.

Una volta prese le chiavi e il carrello con i bagagli, ci avviamo verso la nostra casetta.

summer camp [Larry Stylinson]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora