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PRIMA PARTE

Apro gli occhi.
C'è molta luce, così tanta che non riesco a mettere a fuoco ciò che è attorno a me.
Il pavimento è freddo, bianco, anche i muri sembrano bianchi.
Ci sono delle persone, credo.
Finalmente inizio a vederci un po' meglio, così mi siedo a gambe incrociate dove sono.
Mi guardo attorno.
Sono in una stanza bianca senza porte né finestre, non riesco a capire quanto grande sia questo luogo, il bianco confonde la percezione della grandezza.
Attorno a me ci sono delle persone, ad occhio direi che siamo una dozzina, c'è chi è sdraiato sul pavimento, chi ci è seduto e chi, in piedi, vaga per la stanza.
Siamo vestiti tutti uguali, una tuta nera e scarpe da ginnastica, anch'esse nere. Portiamo tutti un numero cremisi sulla schiena, sul petto e su un braccio. Noto che il numero varia da persona a persona. Io sono il numero nove.
Solo un ragazzo non indossa questo abbigliamento, ha una camicia di forza bianca, dei pantaloni neri e le scarpe come le nostre. Lui porta il numero solo sulla manica, è il numero sette. È seduto con una spalla contro al muro e guarda in un angolo.
Mi impaurisce ed a tratti inquieta.
Sento un bambino piangere.
Mi alzo per avvicinarmi a lui, ma prima di arrivarci mi blocco, in piedi, al centro della stanza.
Non ricordo d'essere mai stata in questo luogo prima d'ora, anzi, l'ultimo ricordo che ho è di ieri sera, quando mi sono coricata a letto, per poi addormentarmi. Non mi sarei dovuta svegliare in questa stanza.
Una serie di domande si formano nella mia mente. Cosa ci faccio qui? Come ci sono arrivata? Perché?
Ed ecco come mi rendo conto di non sapere un cazzo.
Ed ecco come mi rendo conto di star facendo parte di qualcosa di più grande, di qualcosa che non capisco. E questa cosa mi angoscia, voglio solo andarmene, voglio solo tornare alla mia vita di tutti i giorni.
Credevo di essere libera, ma forse mi sbagliavo.

Suicide RoomDove le storie prendono vita. Scoprilo ora