Ridammi indietro il cuore - One Shot

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"Alice, quanti errori abbiamo abbiamo fatto, io e te. Quanti" ripete, la fronte poggiata sulla mia.

"Non hanno più importanza. Niente ne ha, se penso che te ne andrai"

"Io sono sbagliato per te."

"E io per te. Pero ci amiamo. Perchè è ancora così, vero?"

"Alice, per me è sempre stato così."

"Devi ammettere che hai fatto di tutto per non farmelo capire"

"Su questo proporrei di sorvolare. Perchè il vero problema adesso è un altro. Ho preso un anno di aspettativa e domani ho un volo per l'America. Che si fa?"

Aspetta una risposta. O forse, una proposta.

Butta il cuore oltre l'ostacolo, Alice.

"Portami con te, no?"

Da "Il ladro gentiluomo" di Alessia Gazzola.

E con sé mi ci ha portata, almeno all'inizio. Ma poi, la stessa America che mi aveva spinta a barattare la mia paura per un futuro con lui, me l'ha portato via.

Claudio è diventato un luminare della medicina legale, come tutti ci saremmo aspettati. Ha vinto concorsi su concorsi, è diventato direttore dell'università nella quale ci eravamo trasferiti - io per terminare la specializzazione, lui come professore -, è riuscito a mettere su un progetto di gemellaggio tra le migliori accademie statunitensi. I congressi sono diventati sempre più frequenti, i viaggi, i ritorni a casa solo per un giorno. E lui non c'era più. Nella mia vita, nella nostra. Non eravamo più noi. La casa che avevamo costruito con fatica e dedizione, che aveva visto le nostre peggiori liti e le nostre migliori riappacificazioni, è diventata, pian piano, vuota e sterile.

Le ho provate tutte. Ho aspettato, ho tentato di comprenderlo, ho resistito per entrambi. Ma poi, inevitabilmente, le cose sono precipitate. Ci siamo allontanati, prima fisicamente e poi il nostro filo rosso si è spezzato. Anche se una parte di me rimarrà indissolubilmente legata a lui, al vero lui, le nostre strade si sono divise. Ho comunque deciso di rimanere in America, trasferendomi a New York. Ho sorpreso la mia famiglia, ma soprattutto me stessa. Nonna Amalia sperava in un mio rientro in patria, ma non me la sono sentita. Ormai l'America è casa mia, o forse è solo l'ultimo banale appiglio che mi fa sentire ancora legata a lui.

L'America mi ha tolto, tanto, ma mi ha anche dato. Mi sono fatta un nome, qui. Contro ogni aspettativa ho guadagnato consensi, scalando anch'io la mia piccola vetta. Piccole soddisfazioni si sono andate sommando progressivamente, come il congresso di questo weekend al quale terrò la mia prima relazione. Migliaia di professionisti provenienti da tutto il continente incrociano le loro strade, per qualche giorno, nella grande mela, fingendo cordialità e gentilezze che celano una profonda e malsana competitività. Chissà cosa penserebbe la Wally sapendomi qui a portare avanti una professione nella quale, secondo lei, non avrei mai avuto un futuro.

E chissà, ancora, cosa penserebbe se vedesse la scia di applausi che accompagna la fine della mia presentazione. In un'aula universitaria stracolma di medici legali, apparentemente affascinati dalle mie parole, che si avvicinano a me per complimentarsi, con accenti più o meno comprensibili. Il mio inglese è notevolmente migliorato, ma faticavo già in Italia a distinguere le cadenze delle varie regioni, figuriamoci qui.

"Dottoressa Allevi, i miei complimenti"

Poche parole ma sufficienti a pietrificarmi. Una voce, alle mie spalle, che riconoscerei anche se fossi sorda. Un brivido percorre la mia schiena, i piedi piantati a terra che non ne vogliono proprio sapere di girarsi. Ci pensa lui, infatti, a piazzarsi proprio davanti a me.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 05, 2020 ⏰

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