4.

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Delusioni su delusioni

Arrivammo, e compresi tale situazione non appena l'uomo spense il motore dell'automobile.
Nonostante fossi ancora bendata, percepii di essere trattata come qualcosa di pericoloso per quelle persone, o forse ero effettivamente una minaccia.

Sentendo la portiera aprire accanto a me, rischiai di cadere a terra, poiché la mia testa era appoggiata ad essa e ne ero completamente dipendente.

«Scendi senza fare casino, il grande capo è stato molto severo, ti avverto» mi disse l'uomo.

«Dì a quel superiore anziano che le cose non finiranno bene» replicai, ripetendo ciò che gli avevo già detto, e se necessario l'avrei ripetuto altre cinquanta volte, se solo avessi avuto la certezza che avrebbe avuto qualche effetto.

«Anziano?» cominciò a ridere. «Beh, allora potrai dirlo direttamente a lui una volta che lo avrai visto, che ne dici?»

«Puoi almeno liberarmi gli occhi? Altrimenti come potrò vedere il tuo prezioso capo?» chiesi.

«Abbi pazienza, il tempo farà la sua parte, il capo ti toglierà la benda» disse, per poi legarmi le mani con qualcosa di metallico e trascinarmi per i gomiti all'interno della struttura.

Appena posai piede sull'ultimo gradino delle scale, sentii la voce di un ragazzo provenire da una stanza non molto lontana da me.

«Sì, Cristofer la sta portando» disse qualcuno.

«Ah, eccola, è arrivata sana e salva. Non preoccuparti, Hendrik, non serve che tu rintracci Cristofer, resta dove sei» disse un'altra voce.

«Che ne dici di lasciarmi liberi i gomiti? Non scappo da nessuna parte, Cristofer» dissi, ripetendo il suo nome come se fosse una minaccia.

Lo sentii sbuffare, ma non si mosse di un millimetro.

Tuttavia, sentii dei passi avvicinarsi, probabilmente dell'altro ragazzo presente.

«Capo, proprio lei? Ha un caratterino peggiore del suo» disse Cristofer, ridendo.

«Tranquillo, so come addomesticare ragazze come lei» rispose il capo.

«Portala qui e falla sedere» ordinò.

Ridevo avidamente, venivo trattata come un giocattolino, ma al contempo qualcosa di prezioso.

«Ridi adesso, magari ti passerà dopo» disse Cristofer facendomi sedere su una comoda poltrona, o almeno così intuii dalla sua comodità.

«Grazie, Cristofer. Lasciaci soli» disse la voce del ragazzo misterioso.

Dopo un prolungato periodo di silenzio, decisi di interrompere l'atmosfera con una battuta.

Ero stufa di restare seduta, bendata, di fronte a uno sconosciuto che sembrava potenzialmente pericoloso.

«Allora? Cosa stiamo aspettando per liberarmi? Che io faccia una domandina al Papa? Mi spiace, ma non sono cristiana» dissi con un tono ironico, come se potessi liberarmi da catene che non esistevano.

«Aveva ragione Cristofer, che caratterino» commentò l'uomo.

«Sai con chi stai parlando?» chiesi.

Rough Diamond- L'ultima pedinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora