12.

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Serpente con gli occhi verdi
Karoline

I giorni continuarono a passare e le speranze che la mia famiglia potesse avviare la ricerca delle mie tracce cessarono.

Non mi aspettavo grandi gesti da parte loro, ma almeno che venissero a cercarmi o facessero uno sforzo, ma nulla accadde.

Per quanto disdicevole potesse essere Oliver, tramite le sue molteplici conoscenze procurò un medico che si impegnò a venire puntualmente a casa, senza mai farmi uscire da queste quattro mura, come se fossi una vera prigioniera, e in effetti lo ero in parte, e questa situazione mi irritava più di quanto potessi immaginare.

Nonostante la rassegnazione fosse vicina, trascinandomi con sé, non mi restava altro che accettarla.

La prospettiva di trascorrere un intero anno con quest'uomo sconosciuto si rivelava il mio terribile destino, e con l'improvvisa gravidanza tutto divenne improvvisamente più silenzioso.

Nessuno dubitava che fosse un serpente dagli occhi verdi, ma non potevo negare che, nonostante le sue minacce e intimidazioni, per mia fortuna non le metteva in pratica. Mai.
Non mi ha mai toccata, neanche con un dito.

Forse era una questione di rispetto?
Non lo credo, ma era evidente che stava aspettando il momento giusto per agire.

Si comportava come un serpente, entrando silenziosamente e senza paura.
Era un serpente.

Ora la mia pancia cresce sempre di più e sto entrando nel terzo mese di gravidanza, insieme ai miei nuovi problemi e preoccupazioni.

Mi chiedo sempre dove dovrò partorire mia figlia. Speravo che almeno per il parto mi avrebbe permesso di andare in ospedale e che, in quel caso, mi avrebbe lasciato uscire da questa prigione temporanea, anche se sarei ancora sotto la sua ala protettiva.

«Devi prepararti entro le sette. Ho organizzato una cena di beneficenza. Uscirai con me, ma avviso che se provi a scappare sarai morta, Karoline.»

Non avevo intenzione di scappare, non più.

Ora pensavo solo a stare bene e a far sì che la mia gravidanza andasse a buon fine, quindi poteva star tranquillo, perché non mi sarei mossa.

«Sopra il mio letto ho lasciato tutto ciò di cui hai bisogno per coprire quella dannata pancia che cresce sempre di più. Sei solo a tre mesi, non oso immaginare a nove, cavolo.»

«Ancora devo entrare nel terzo.»
«Non correggermi. Sai che lo odio.»
«No, non so niente di te. So solo che mi hai tenuta chiusa qui senza motivo per tre mesi», sbottai.

Si avvicinò e rabbrividii quando la sua mano poderosa toccò il mio pallido mento.

«Sei qui per darmi piacere, non sei qui senza motivo», disse.
«Piacere? Non abbiamo mai fatto nulla. Mi tieni qui come una bambola di porcellana. Questo non è piacere né godimento nel vedere gli altri soffrire. Sei un viscido», risposi.
«Sei così bella quando dici la verità», sorride.

«Amo vedere tuo padre disperarsi. Amo vedere come si sforza di trovarti, proprio come facevo io con il mio carico di droga, ricordi? Lui godeva e io ero disperato.»
«Non prendertela con chi non c'entra niente.»
«In realtà me la prendo con te, che in qualche modo, grazie a tuo padre, ci sei coinvolta.»

Più lo guardavo e più capivo che non era lui a essere così bastardo, ma il suo passato, qualcosa che lo lacerava, lo maltrattava e lo violentava psicologicamente.

«Oliver, credi davvero di poter farti odiare?»
«Smettila di chiamarmi per nome, rossa. E sì, presumo che già lo stai facendo, quindi perché no?»

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⏰ Ultimo aggiornamento: 5 days ago ⏰

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