Ecco quel diavolo di suono, la solita sveglia della mattina.
Il sole filtrava già attraverso le persiane nonostante Hunter si fosse impegnato con tutto se stesso a chiuderle completamente la sera prima, ma senza riuscirci. Fece un profondo sospiro e imprecò mentre gettava uno sguardo torbido in direzione della sveglia che ancora strillava. La spense con una manata. Si sedette a bordo letto a contemplare con sguardo vuoto la porta del bagno senza vederla davvero, cercando di ricordare che cosa avesse sognato quella notte. Il cervello faceva fatica ad ingranare e lui non aveva alcuna intenzione di impegnare troppe forze mentali per ricordare una cosa così inutile. Piuttosto sperava di ricordare tutte le nozioni di matematica per il test di quella mattina. Sbuffò ancora mentre si dirigeva verso il bagno, trascinando le gambe ancora intorpidite, aprì la porta e cercò la luce a tentoni, trovandola nello stesso punto di tutte le altre volte. "È incredibile come sia difficile fare qualsiasi cosa la mattina pensò distrattamente. Migliaia di anni di evoluzione ci hanno portato ad essere pigri e rincoglioniti. Chissà come facevano i nostri antenati a svegliarsi e scappare di fretta quando erano ancora loro le prede". «Ma a chi cazzo interessa» si rispose ad alta voce, mentre apriva il rubinetto e iniziava a sciacquarsi il viso con lacqua fredda. Un brivido gli percorse la schiena. La primavera era appena arrivata ma non c'era ancora poi così caldo.
Uscì dal bagno e si diresse verso l'armadio, dal quale estrasse una felpa ed un paio di jeans neri mezzi scoloriti. Recuperò la t-shirt dalla sedia ai piedi del letto e, dopo aver indossato tutto e gettato alla rinfusa i quaderni nello zaino, scese le scale di corsa. Si fermò vicino alla porta della cucina, controllando che sua madre non fosse nei dintorni. Era incredibile come quella stanza sapesse costantemente odore di caffè, nonostante nessuno in casa ne fosse un grande bevitore. Si avvicinò furtivamente al frigorifero, facendo bene attenzione a non urtare le sedie e a non camminare troppo rumorosamente. Lo aprì e trovò quello che cercava: succo di mela. "Proprio quello che volevo, forse oggi non andrà poi così male", pensò. Lo versò in un bicchiere e si diresse verso il mobile del salotto, accanto al televisore, dove si trovava il suo personale paese dei balocchi. Aprì un'anta, cercando di non farla cigolare, e fece un sorriso alla vista di tutto quel ben di Dio: lì suo padre teneva tutti i suoi alcolici preferiti, ordinatamente riposti, pronti per essere utilizzati quando fosse stato necessario. E quello era uno di quei momenti. "Stasera ci dobbiamo divertire, quindi perché non cominciamo a scaldarci fin da ora?", chiese a se stesso, trovando un immediato consenso. Estrasse velocemente la bottiglia di rum, la quale urtò i bicchieri, che ondeggiarono per qualche secondo prima di crollare rumorosamente sul pavimento e infrangersi in tanti pezzi, facendolo sobbalzare.
Gli mancò il respiro quando dei passi al piano di sopra si diressero verso il pianerottolo delle scale. «Hunter, sei sveglio? Cosa stai facendo?», chiese la voce della madre, squillante già di prima mattina. «Nulla, mamma, stavo solo cercando una cosa...». Sembrava averla convinta perché la sentì tornare verso la sua stanza."C'è mancato poco, devo stare molto più attento la prossima volta. Però ora devo trovare il modo di pulire tutto questo casino e trovare una scusa prima che i miei se ne accorgano" si disse, mentre la sua mente viaggiava veloce, cercando di trovare una scusa plausibile. Pensò per qualche minuto, senza trovare alcuna soluzione. "Comprerò dei bicchieri simili al market mentre torno da scuola e li sostituirò. Speriamo non se ne accorgano", pensò tra sé e sé mentre apriva piano la bottiglia di rum e lasciava scorrere un po' del liquido ambrato nel bicchiere di succo che aveva appoggiato sul tavolino vicino al divano. Mentre beveva e la gola cominciava a bruciare leggermente per colpa dell'alcool sorrise, congratulandosi con sé stesso per la pronta idea che aveva avuto. «Magari fosse sempre così, avrei molti meno casini da risolvere» disse sottovoce a sé stesso mentre si avviava verso il lavello, nel quale lasciò il bicchiere ormai vuoto. Ci pensò un secondo, poi decise di sciacquarlo per bene. Era meglio non lasciare nemmeno una traccia che potesse far scaturire nuove domande nei suoi genitori. Proprio per questo prese scopa e paletta e, facendo sempre attenzione ad ogni gesto, raccolse quanti più pezzi riusciva, nascondendone alcuni sotto al tappeto per fare più in fretta. Dopodiché uscì dall'ingresso, scese le scale della veranda e percorse il vialetto.
Abitava in un semplice quartiere residenziale ai margini della città di Carterville, anche se non era sempre vissuto lì. Quando era ancora piccolo, suo padre era stato licenziato dal suo precedente impiego, lasciando la famiglia in una situazione economica abbastanza disastrata: avevano pochi soldi, non riuscivano a mandare avanti il mutuo della casa, sua madre era incinta di sua sorella e suo padre non riusciva a trovare altre mansioni. Ricevette finalmente un'offerta lavorativa allettante, che però lo avrebbe costretto a stare lontano dalla famiglia a causa della distanza dal posto di lavoro. Decisero perciò di non lasciarsi scappare quell'occasione e di traferirsi in quella nuova città, così lontana dalla loro vecchia casa, della quale Hunter aveva tanti bei ricordi e che aveva lasciato a malincuore. Cominciarono perciò una nuova vita a Carterville, nella quale vivevano ormai da dodici anni, dimenticando progressivamente i problemi passati e cercando di costruire qualcosa di bello in quel nuovo posto. Per Hunter era quasi come aver fatto un viaggio in un luogo esotico, completamente diverso dalla tranquilla casa in cui vivevano, per arrivare dove invece tutto era rumoroso e indaffarato. Quando scese dalla macchina la prima volta, dopo aver viaggiato per ore interminabili, rimase a bocca aperta nel vedere la nuova casa, così bella rispetto a quella vecchia e vissuta che avevano lasciato, ma non altrettanto grande. La via era costeggiata da alberi ombrosi, che rendevano piacevoli le passeggiate d'estate e che tingevano le strade di colore con le loro foglie nella stagione autunnale. Quelle piccole cose gli ricordavano quello che avevano lasciato, ma ora, mentre usciva di casa e camminava verso la scuola, non aveva più lo stesso entusiasmo della prima volta. Il posto in cui viveva lo annoiava, non aveva più nulla che lo stupisse o lo facesse felice. Quegli alberi che gli erano sembrati così splendidi la prima volta erano ormai solo legno vecchio, e quella casa che gli era sembrata così grande, ora era piccola e spesso gli dava un senso di claustrofobia. Il suo pensiero si diresse subito verso la vecchia casa, ma Hunter lo ricacciò a forza in fondo alla mente. Quella sera avrebbe avuto una festa da Scott, uno dei suoi amici benestanti che viveva in una sorta di reggia in periferia. "Quella sì che è una cazzo di casa" pensò quasi infastidito. "Mi godrò la serata fino allultimo e farò in modo di far vedere a quel figlio di papà che non solo i ricchi sanno come divertirsi".
Sorrise mentre accelerava il passo verso la scuola. L'ultima cosa che voleva era arrivare in ritardo, che gli avrebbe sicuramente fruttato qualche ora di punizione dopo le lezioni. Non poteva assolutamente permettersi di sprecare il pomeriggio bloccato tra i banchi. Dopo aver dato una rapida occhiata allora sul cellulare, cominciò a correre.
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L'arco di siepe
Mystery / ThrillerQuel luogo emanava un'influenza strana, come se Hunter avesse già visto tutto quello prima di allora ma allo stesso tempo non riuscisse a ricordare dove. Alberi alti e ombrosi lo circondavano e il loro profumo gli ricordava piacevolmente casa. Sorri...