Capitolo Tre.

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«Allora, come stai, bel giovincello?» chiese il D. Spencer prima di sedersi sulla comoda poltrona nera. Prese un’agenda ed una penna per segnarsi cosa Louis avrebbe detto.

Louis stentò prima di parlare, ma poi pensò a come sarebbero stati liberi se ne avesse parlato con qualcuno.

«Io.. io volevo parlarle di un segreto che porto da troppo sulle spalle. Mi sono stancato ed ho bisogno di parlarne con qualcuno che, spero, possa capirmi. Perciò mi sono rivolto a lei, Dottore.» iniziò Louis, parlando velocemente per il nervosismo. Si sentiva un mattone sul petto, preso dal panico non riusciva a respirare regolarmente.

«Mi dica tutto e, la prego, si calmi. Io non mordo mica!» cercò di alleggerire la situazione l’uomo più grande. Non ci riuscì, infondo era sempre stato Louis ad avere quel compito.

«Dottore, io sono stanco di nascondere al mondo me e.. il mio ragazzo. Sì, ho un ragazzo. Sono un ragazzo ed ho un ragazzo. Che schifo, penserà lei, ma io non ci trovo tutto questo schifo. E’ una cosa normale amare una persona, no? Avrebbe fatto schifo lo stesso se avessi amato una ragazza? Non penso, perché la società e quasi tutta la popolazione pensa che non sia corretto un amore tra uomo e uomo o donna e donna. Io volevo un aiuto a non importarmene più di questi giudizi e queste critiche che fanno star male me e il mio ragazzo. Ora non so lei cosa stia pensando ma mi sono rivolto a lei perché, in un certo senso, mi fido. Spero che mi sappia aiutare perché io davvero non ce la faccio più, mi capisce?» gli occhi di Louis erano rossi e lucidi, la voce strozzata e il respiro irregolare. Guardava il D. Spencer in cerca di aiuto. Sapeva che, in un modo o nell’altro, lui potesse aiutarlo. In fondo uno psicologo aveva il compito d aiutare, giusto?

«Louis, Louis, calmati.» diede subito del ‘tu’ quando iniziò a vedere che la situazione si stava ribaltando da sola, «Calmati, bevi un po’ e calmati.» gli porse in fretta e furia il suo bicchiere pieno d’acqua.

Louis, come ordinato, bevve tutto in una botta. Cercò di regolare il respiro chiudendo gli occhi e convincendosi che sarebbe andato tutto bene.

«Io non penso che lei e il suo ragazzo facciate schifo, signor Tomlinson.» ritornò al ‘lei’, «Io non sono assolutamente contro di voi, io sono pro le coppie omosessuali. Posso capire certe cose, soprattutto se padre di una ragazza lesbica. Quindi le dico solo che è stato fortunato a conoscere uno psicologo così. Non si preoccupi, io sono qui, mi parli.» parlò con un tono di  voce così tranquillizzante che riuscì realmente a calmare Louis.

Il ragazzo rimase in silenzio per qualche secondo, pensando a quel che il D. Spencer gli aveva appena riferito. Poi, accorgendosi che la situazione stava calando sull’imbarazzante, si ricompose e parlò.

«Lei.. davvero? Io pensavo il contrario.» sussurrò quasi, «Voglio liberarmi di questo terribile peso che ho sulle spalle, voglio dire a tutto il mondo che io amo il mio ragazzo senza essere disprezzato. Lei saprebbe aiutarmi in questo?» aveva uno sguardo pieno di speranza che si poteva notare benissimo.

«Certo, dopotutto sono uno psicologo padre di una lesbica, no?» sorrise, «Non dovreste avere paura di questi giudizi, lei e il suo ragazzo, perché chiunque lei fosse o qualsiasi cosa lei facesse verrà sempre criticato. Penso che questo lo sappia, signor Tomlinson. Per questo le dico che dovrebbe importarsene di quella roba e di quella cattiva gente, hanno menti molto ristrette. Quindi, che aspetta a dire a tutto il mondo che lei ama il suo ragazzo?»

Aveva un sorriso a trentadue denti, era sincero e consolidale. Louis ne rimase esterrefatto. Il giovane ricambiò il sorriso.

Sì, avrebbe detto al mondo che lui amava il suo ragazzo.

-

Ore 08:53, nel preciso istante in cui Louis ebbe finito di parlare, iniziò a nevicare. Si potevano già notare quegli uomini e quelle donne camminare in fretta e furia per dirigersi al proprio lavoro. Le donne, come di base, coprivano il loro capo e i loro capelli, perfettamente messi apposto, con tanto di ombrelli colorati: rosso o bordeaux, verde pino, blu mare profondo, giallo ocra e chi, semplice nel suo colore che spiccava tra la neve, portava un ombrello nero inchiostro. Harry si guardò intorno, sperando di essere ancora soli, prima di alzarsi di scatto dalla sedia e con gli occhi lucidi esclamare:

«Tu, Louis William Tomlinson, dimmi che non stai scherzando!» esclamò il riccio, indicando il liscio e sorridendo un po’ facendo, così, spuntare le sue adorabili fossette da sopra le guance.

Incredulo, Harry, allargò le braccia e, sogghignando di gioia, incitò Louis a dire ciò che voleva sentirsi dire. Louis, sorridendo come mai fatto, si alzò dalla sedia e si avvicinò al ragazzo più alto.

«Harry,» lo chiamò, lo notava quasi in estasi «Oh Harry, certo che no, non sto scherzando! È la verità, siamo finalmente liberi.» allungò le proprie mani in cerca di quelle del riccio, erano così felici.

Now we are free |Larry Stylinson|.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora