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Milioni di puntini ricoprono la strada, affollandola. Namjoon cammina tra i corpi, si guarda intorno, cerca qualcosa che non troverà, forse mai o forse solo non lì. I puntini colorati si voltano, si muovono, si fissano. Namjoon è perso, da qualche mese ormai. Ricorda vagamente Venezia, l'acqua in bottiglia, la puzza di mare. Ricorda i ricordi e non sa che fare. Jimin ricorda Venezia, ricorda ciò che gli ha detto Namjoon, forse troppo bene. Forse vorrebbe non farlo, perchè il peso è troppo e lui non mangia regolarmente da un po'. C'è gente, ma Jimin non si guarda intorno, o almeno lo fa discretamente, perchè sa che lì Namjoon non c'è.

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Faceva caldo, un caldo tremendo e luglio non si riusciva più a scorgere, neanche da lontano. Ci pensava, forse ci pensavano. Il vento mancava - e magari fosse stata l'unica cosa a mancare -  e l'aria era opprimente; la si poteva tagliare con un coltello, talmente tanto spessa e piena zeppa era.

Fuori c'era poca gente, o forse era colpa degli occhi che guardavano il nulla. O ancora del fatto che non ci fosse veramente nulla da guardare. Jimin aveva uno sguardo terribile mentre ci pensava, sembrava non respirasse. Gli occhi erano immobili, fissi sui ricordi, così come lo erano gli occhi scuri. Il telefono riproduceva la solita playlist rilassante che in realtà lo faceva solo piangere. Ci teneva. Jimin chiuse gli occhi e cominciò a prendere dei profondi respiri; il cuore si sciolse, non si crepò, e lui sperò solo che Namjoon se ne ricordasse e ci pensasse.

Dal nulla, si era ricordato di tutto. Per finta, non veramente. Se dovessi dire la verità, allora direi che lui non aveva mai smesso di pensarci. Chi sa poi perché.

È un attimo.

Jimin è con Namjoon. Sono a Venezia.

Vide se stesso ridere e Namjoon fare lo stesso. Vide se stesso prendere un pezzo di carta dal tavolino a cui sono seduti e sventolarlo davanti al volto dell'altro, ridendo: «Non ci credo! Veramente tre euro, come avevi detto tu!»

Jimin sorrise ed improvvisamente credette di stare bene, di essere felice, e sentì le lacrime arrivare dolcemente, pronte ad accarezzarlo e rincuorarlo.

Namjoon rise ancora, il naso leggermente rosso per il freddo, e le iridi gli si ricoprirono di miele: «Già, proprio come ti avevo detto.»

Poi un profumo di cioccolata calda si unì a quello pungente di mare.

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Il mare sembrava aver preso il posto del cielo, eppure allo stesso tempo non si riusciva a capire se l'avesse fatto veramente o se fosse solo un'impressione. Il vento era leggero, freddo ma non troppo, e si divertiva a schiaffeggiare le pelli delicate. Le nuvole parevano aver montato una tenda per passare la notte.

Pur essendo abbastanza freddo e spento, della dolce musica abbracciava la gente che passeggiava o si fermava su qualche panchina per fare una pausa. Era così incredibilmente mielata, che sarebbe bastato un attimo ed un goccio di amore per assaporarla e sentirne il gusto zuccherato.

La città sembrava starsi preparando per andare a letto.

I musicisti che vi erano all'angolo della strada avevano le palpebre abbassate ed un sorriso sul volto, si muovevano lievemente accompagnando ogni nota, abbracciandola prima di lasciarla andare. La gente camminava piano, lasciandosi stringere dalla musica e dalla tenerezza dolciastra della città.

Jimin e Namjoon erano al caldo sotto ai loro cappotti, sotto ai loro sguardi.

Erano seduti uno di fronte all'altro, un tavolino trasparente tra loro, e si gustavano con lo sguardo, lasciando baci dolci sulle guance arrossate per il freddo. Due tazze di cioccolata calda si raffreddavano lentamente al fianco di una bottiglietta d'acqua apparentemente inutile. Avevano entrambi le mani immerse nelle tasche dei loro cappotti scuri, tuttavia Jimin le lasciò alla portata del freddo venticello per portarsi alla bocca la tazza e prendere un primo sorso della bevanda.

ALLA FINE, VENEZIA◞ pjm.knjDove le storie prendono vita. Scoprilo ora