Hunger Games
La sorella di Finnick Odair
Questa Mini One Shot è dedicata ad una persona che conosco da poco, del mio stesso distretto, _Paperella_district4.
Messaggio per lei: Maty ti voglio bene 💙
Quella mattina, quando Matilde si svegliò, il letto accanto al suo era vuoto. Finnick era già al lavoro.
Matilde mise i piedi giù dal letto e li lìinfilò nelle soffici pantofole di flanella bianca che il fratello le aveva regalato, si alzò e si diresse in cucina, dove sua madre, Maggie Odair, stava preparando il pranzo.
Matilde sussurrò un buongiorno e trangugiò in fretta la colazione. Dopo essersi lavata e vestita, pronta per andare dal fratello, chiese alla madre:–Mamma, che giorno è oggi?
–Oggi è il giorno della mietitura, tesoro.
Matilde deglutì. Lei aveva solo otto anni, ma Finnick ne aveva ben quattordici e avrebbe potuto benissimo essere sorteggiato per i sessantacinquesimi Hunger Games.
Si chiese quante nomine avesse. Per sapere la risposta al più presto, Matilde si precipitò fuori di casa e attraversò di corsa la città fino a raggiungere il mare. Si tuffò da uno scoglio. Non appena la testa riemerse, cercò la barca di Finnick nell'immensa distesa blu davanti a lei. La scorse quasi subito, bianca in mezzo al mare, e la raggiunse a nuoto. Una volta lì, si issò sulla barchetta, bagnata fradicia, e abbracciò Finnick da dietro.
–Ehi, Matilde! – fece lui. –Era ora che ti svegliassi!
Ridendo, i due tirarono su la rete e la appoggiarono sul fondo della barca.
–Wow, tanta roba oggi– commentò Matilde, osservando tutti i pesci che si agitavano convulsamente nella rete.
–Già– replicò Finnick. –Ora andiamo a casa, dai, la mamma ci aspetta.
Finnick afferrò i remi e i fratelli tornarono a riva. Dopo essere scesi dalla barca, afferrarono la rete e la portarono al mercato della città.
Dopo aver scambiato alcuni pesci con verdura, pane fresco e frutta, Matilde e Finnick si apprestarono a tornare a casa.
Durante il tragitto la domanda che aveva assillato Matilde in mattinata tornò a galla. –Finnick– esordì –Quante nomine hai?
–Tranquilla, Matilde. Solo sei. Le tre ordinarie più le tue tessere.
Matilde tirò un sospiro di sollievo. Sei nomine non era praticamente nulla, per il momento. Ma sarebbero state tre, senza le tessere che Finnick aveva insistito per comprare a Matilde. –In caso di emergenza, avrai le mie tessere– aveva detto la prima volta.
Dopo pranzo, Matilde si fece un bagno e si vestì. In camera la mamma le aveva preparato un bellissimo vestito lungo fino al ginocchio, di tante sfumature del blu. Nelle maniche che le arrivavano al gomito c'erano dei buchi che lasciavano le spalle scoperte. Matilde lo indossò insieme a un paio di scarpette dorate che aveva trovato ai piedi del letto e a degli orecchini a forma di conchiglia.
In quel momento Maggie entrò nella stanza con una stella marina in mano. –Matilde, vieni qui. Metti questa– disse, e gliela appuntò tra i capelli. Infine tirò fuori una collana di corallo rosa e gliela mise al collo. Matile si guardò allo specchio. Era splendida. Al minimo movimento, sembrava che il vestito fosse fatto di onde.
Quando uscì dalla stanza, Matilde si trovò di fronte a un Finnick tirato a lucido. Indossava una leggera camicia così bianca che sembrava splendere alla luce del sole e una collana di denti di squalo.
–Sei fantastica, Matilde– disse.
–Anche tu– replicò la sorella, e corse ad abbracciarlo.
Durante il tragitto verso la piazza, Matilde iniziò ad agitarsi. Quando in piazza dovette separarsi da Finnick per poco non si mise a piangere. Lui se ne accorse e la prese per le spalle.
–Ascolta, Matilde– disse in tono rassicurante ma deciso, tenendole il mento con due dita in modo che i loro occhi s'incrociassero. –Non preoccuparti. Sono solo sei. Capito?– Matilde annuì e seguì la madre in piazza.
L'accompagnatrice dei tributi del Distretto 4, Tessa Jones, sorteggiò prima la ragazza (una certa Joan Caraway) e poi il tributo maschio. Tuffò la mano nella boccia e ne riemerse poco dopo con un bigliettino in mano. Lo aprì e lesse il nome. –Cap White.
Un ragazzo dai capelli biondissimi si fece avanti. Matilde lo riconobbe all'istante e si diede della stupida per non esserci arrivata prima.
Erano migliori amici. Dove c'era l'uno, trovavi sempre anche l'altro. Cap e Finnick.
E com'era prevedibile, la sua voce si levò dalla folla.
–Mi offro volontario.
Tessa Jones Inarcò le sopracciglia per una frazione di secondo, poi tornò a sorridere. –Il suo nome?
–Finnick Odair.
–Bene, salga pure!
Mentre suo fratello si faceva largo nella piazza, Matilde non riuscì più a resistere e scoppiò a piangere. Quando le passò accanto, lei si sporse oltre la transenna e gli afferrò la mano, gridando: –Finnick! –, disperata.
–Va tutto bene, Matilde– disse lui. –Tranquilla.– Matilde non volle lasciargli la mano. –Finnick!– gridò ancora, tra le lacrime. Un paio di Pacificatori la trattenne e Finnick proseguì fino al palco. Matilde non ascoltò più una singola parola del discorso finale o dell'inno. Era troppo occupata a piangere.
Più tardi, nel Palazzo di Giustizia, Matilde si precipitò tra le braccia di Finnick non appena i Pacificatori aprirono la sua porta. E mentre nuove lacrime bagnavano la camicia bianca del fratello, Matilde sussurrò:–Finn. Non puoi andare. Te lo proibisco.
–Devi proibirlo a Capitol City, Matilde. Ora mi sono offerto volontario e ci andrò, non mi posso più tirare indietro. Ma tranquilla, mi sono allenato tantissimo. Davvero, Matilde, ora devi pensare a guadagnarti il pane senza di me. Sai già pescare, ma in caso non bastasse, hai le tessere.
–Finnick.
–Sì?
–Finnick.
Seguì un lungo silenzio interrotto solo dai singhiozzi di Matilde.
–Finnick...– stavolta fu la mamma a parlare. Matilde si strinse più forte al fratello e affondò un po' di più la testa nel suo petto. Ora la sua camicia era fradicia. –Hai idea di cosa ti possono fare se vinci?– chiese Maggie.
–Mamma, lo so. Però... vincerò solo per tornare qui.
Strinse la mamma e Matilde in un abbraccio a tre. Matilde pianse ancora e ancora, fino a quando due Pacificatori non entrarono, dicendo: –Tempo scaduto.
–No! No, Finnick! Finnick! Promettimi che vincerai! Promettimelo! Finnick!
Matilde tirò calci e pugni ai Pacificatori che la trascinavano via. L'ultima cosa che sentì fu Finnick, che gridava: –Vincerò, Matilde! Per te! Lo prometto!
–Su, vieni, Matilde– La mamma prese la bambina per mano e la portò fino a casa.
Quella notte, Matilde fece uno strano sogno. Un flashback, per dirla meglio. Le passarono davanti agli occhi [?] tutti i momenti che aveva passato con Finnick: quando le insegnava a nuotare, a pescare, le regalava le pantofole bianche, la lasciava venire nel suo letto e intrufolarsi sotto le coperte dopo un incubo, si prendeva cura di lei quando era malata, rideva e giocava insieme a lei, si faceva avanti alla mietitura, la abbracciava nel Palazzo di Giustizia...
Matilde si svegliò di soprassalto, gridando, il viso e il collo ricoperti di sangue, sudore e lacrime. Si alzò e, in punta di piedi, entrò in bagno. Mentre si sciacquava la faccia, Matilde vide i segni delle proprie unghie sulle guance. E capì da dove era venuto fuori il sangue.
Dopo un po', Matilde si calmò. Era stato solo un sogno.
Ma Finnick non c'era.
Era agli Hunger Games.