Nuovi inizi

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Londra. Dopo settimane piene di dubbi, giorni di preparativi e ore e ore di viaggio, Remus Lupin era a Londra. Finalmente.

Presto avrebbe incontrato la sua futura coinquilina, conosciuta solo un mese prima; a lei serviva qualcuno con cui dividere l'affitto, a lui un posto in cui vivere - un'amica in comune, Alice, li aveva messi in contatto e ora eccolo lì, ad aspettare Lily Evans davanti alla stazione.

<< Remus! >> si sentì chiamare; Lily, i lunghi capelli rossi al vento, agitava il braccio per farsi notare.

<< Scusa il ritardo >>, disse immediatamente.

Lui rispose con un sorriso, rassicurandola. << Io stesso sono appena arrivato, non preoccuparti. >>

Remus aveva sempre trovato strana la sensazione che aveva provato fin dalla prima volta che aveva parlato con Lily - la sensazione di conoscerla da una vita: in poco tempo si erano trovati ad agio l'uno con l'altra e subito Lily aveva deciso che Remus era la persona giusta con cui condividere casa; era facile parlare con lei, scivolare in lunghe conversazioni su argomenti di ogni genere – dallo studio alla musica al colore del cielo.

La casa era un pratico bilocale affacciato su una delle vie meno caotiche della città; abbastanza vicino all'Università e lontano dal chiasso del centro, Remus non avrebbe potuto chiedere di meglio. Tutto troppo perfetto, rifletté tra sé e sé, per poi dirsi che forse se lo meritava - meritava un po' di riposo, un po' di pace dalla vita che si era lasciato alle spalle.

Dopo un breve tour dell'appartamento e dopo aver salutato Lily – perdonami Remus, devo andare, un imprevisto – Remus aveva deciso di vuotare la sua unica valigia e di sistemarne il contenuto in quella che sarebbe stata la sua camera da letto.

Con sé aveva poco: all'ampio armadio della stanza avanzava ancora una metà per essere riempito del tutto e non fosse stato per alcuni libri e una foto poggiata sulla scrivania, la camera si sarebbe potuta dire vuota. Non che gli importasse più di tanto, comunque. L'unica cosa che gli premeva in quel momento era fare una doccia per sciacquare via il senso di spossatezza che si sentiva addosso da quella mattina; non era stato il viaggio in sé a stancarlo quanto il fatto di aver abbandonato una volta per tutte le campagne del Galles, deciso a non farvi più ritorno. Non era stata una scelta facile per lui ed erano state parecchie le notti insonni che avevano accompagnato la sua decisione; pensandoci, era da molto prima che non riusciva a riposare per davvero. Bastava guardare i suoi occhi per capirlo: stanchi e arrossati, con occhiaie scure e marcate. Come se non bastassero le cicatrici, pensò Remus ironicamente, guardandosi allo specchio. Una lunga cicatrice gli solcava il viso a partire dal sopracciglio sinistro fino ad arrivare alla mandibola; più piccola, un'altra cicatrice gli attraversava il lungo naso, orizzontale. E queste erano solo quelle sulla sua faccia: altre cicatrici, grandi e piccole, leggere o più marcate, erano sparse lungo tutto il suo corpo. Senza perdere troppo tempo ad osservarle tutte, Remus si era diretto verso la doccia – il caldo getto dell'acqua un sollievo per i muscoli tesi. Gli sarebbe piaciuto poter dire che andava tutto bene, che ormai a quelle cicatrici si era abituato, ma avrebbe mentito spudoratamente a se stesso.

Non era raro che la gente lo fissasse, per strada, tra sguardi apprensivi o straniti, qualche volta di scherno. Non gli era sfuggito il modo in cui gli occhi di Lily si erano leggermente spalancati la prima volta che si erano incontrati di persona, le labbra socchiuse prima di aprirsi in un sorriso luminoso; non gli aveva fatto domande e lui le era stato grato: non tutte le persone avevano il suo stesso tatto.

Capelli bagnati e pelle rossa per aver strofinato e strofinato sotto l'acqua bollente, Remus decise di mettersi all'opera: starsene con le mani in mano non lo avrebbe di certo aiutato a non pensare e pensare e pensare.

Prima di trasferirsi si era messo in contatto con la professoressa Minerva McGranitt: a giorni avrebbe avuto un colloquio con lei per iniziare il suo tirocinio come assistente di cattedra.

Immerso nei suoi appunti, il campanello lo colse di sorpresa.

Aspetti visite?, scrisse subito un messaggio a Lily; a meno che non avesse dimenticato le sue chiavi a casa, non poteva essere lei ad aver suonato.

Sistemando alla meglio la maglia stropicciata che aveva indosso, Remus si diresse verso la porta. La persona che vedeva dallo spioncino aveva lunghi capelli neri, occhiali scuri, il volto imbronciato. Ed era un ragazzo. Decisamente non Lily.

Capelli neri e aspetto da bello e dannato? Fallo entrare, arrivò tempestiva la risposta di Lily.

Chiedendosi se quello che aveva davanti era un ragazzo degno di essere definito bello e dannato, Remus aprì la porta.

<< Buongiorno >>, disse subito, alzando gli occhiali da sole. Beh, pensò Remus, sicuramente un bel ragazzo: pelle diafana, due pozze di mercurio al posto degli occhi, zigomi alti e un ghigno stampato in faccia. << Tu devi essere il nuovo coinquilino di Lily. >>

<< Non sarei qui altrimenti >>, ribatté Remus, lasciandolo entrare.

Con nonchalance, lo sconosciuto si tolse dalle spalle il chiodo, buttandolo sul divano.

<< Potresti essere il suo amante >>, fece lui, con un sorriso ferino.

Remus, gli occhi sgranati e rosso in volto, fece per dire qualcosa - qualsiasi cosa - ma fu subito interrotto da una risata sguaiata.

<< La tua faccia! >> Lo sconosciuto era piegato in due, le mani sulla pancia. << dovresti vederla, è bellissima >>, continuò, asciugandosi una lacrima.

Remus sapeva che Lily aveva un fidanzato, un certo James. Forse era lui.

<< Comunque sono Sirius >>, fu subito contraddetto, quasi fosse stato letto nel pensiero << il migliore tra i migliori amici che Lily abbia mai avuto il piacere di conoscere. >>

<< Remus. >> rispose lui, semplicemente, stringendo la mano che Sirius gli tendeva; solo in quel momento notò il grande cane nero tatuato lungo tutto il suo braccio destro, il muso sul dorso della mano.

<< Lily ci aveva detto che saresti arrivato nel fine settimana >>, disse, poggiandosi allo schienale del divano, gli occhi grigi fissi su di lui.

Remus sentiva un leggero senso di disagio. Non solo un tipo uscito direttamente dalla copertina di una rivista per punk era entrato in quella che ormai era casa sua senza fare troppi complimenti, ora lo fissava e sembrava sul punto di fargli il quarto grado. Probabilmente avrebbe dovuto scambiare due parole con Lily.

<< Ho avuto la possibilità di partire prima e l'ho fatto, tutto qui >>, spiegò brevemente, distogliendo lo sguardo da quello di Sirius e andando verso la sua camera.

<< Se stai aspettando Lily, è scesa più di un'ora fa >>, lo informò << e io ho da fare, quindi preferirei non essere disturbato. >>

Una luce guizzò negli occhi di Sirius, le labbra carnose ancora tirate in un ghigno.

<< Fa come se fossi a casa tua. >> concluse, notando che Sirius continuava a fissarlo senza rispondere.

Solo dopo un po' sentì la porta d'ingresso chiudersi; Sirius doveva essersene andato. Uscendo a controllare trovò un bigliettino sul tavolo; scritti con una grafia chiara e ordinata, un numero di telefono e una frase: chiamami quando avrai meno da fare.

Insieme? // wolfstarDove le storie prendono vita. Scoprilo ora