Prologo

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“Nel mondo è tutto sbagliato, e la cosa peggiore che si possa fare è continuare a vivere. Eppure bisogna continuare a vivere. E questo dilemma che ci fa credere alla bugia che esistano un'anima e un Dio che si preoccupa delle sorti"
- G. D. Roberts

I dilemmi morali mi hanno sempre affascinato. La mente umana ha la pretesa di essere un sistema perfetto, capace di operare ragionamenti complessi per ogni situazione, di ponderare scelte contrapposte e spesso biunivoche.
Non è così. La nostra mente è fragile, soggetta a errori sistematici del pensiero, pigra e facilmente influenzabile: un tono di voce deciso, un’argomentazione apparentemente solida, ed ecco che le folle ballano al ritmo della musica che tu hai scelto per loro, che tu hai reputato adeguata.
Sapete qual è il grande errore che la maggior parte degli individui commette? Quello di cercare la certezza.
La risposta giusta e che non ammette repliche, quella a cui tutti possono conformarsi senza paura di sbagliare. Ma non è così.
Non esiste alcun imperativo categorico, non esiste alcuna legge morale sopra di noi. Siamo naufraghi in un mare di dubbi, di dolori, di decisioni, di ingiustizie. Schiavi della logica del mors tua vita mea. Io, dal canto mio, di errori ne ho fatti parecchi.
Ho condannato i miei figli a vivere una vita che non apparteneva loro, per cercare la soluzione a un problema che non esisteva, se non nella mia testa. Se conosco tanto bene gli umani come credo, ora vi state chiedendo chi sia io.
Un personaggio secondario, che vive nell’ombra, in una posizione comoda da dove ha potuto osservare tutti gli avvenimenti che sono accaduti dall’inizio alla fine di questo romanzo.
Io, sono colui che ha messo in moto la macchina.

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