5. Il ritorno

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Confusa e un po' impaurita ritorno a dormire. Alle 7:00 la mia routine giornaliera ha inizio, scendo dal letto e come uno zombie mi avvio verso la cucina per fare colazione.

Ad un certo punto sento un urlo, corro verso la stanza di mia madre per accertarmi che stia bene, ma non c'è. "ANDREW" sono le uniche parole che riesco a pronunciare prima di svenire. Mi risveglio in una stanza scura, incatenata sia ai polsi che alla caviglie. È un luogo buio, freddo e cupo, come se tutta la felicità del mondo fosse stata portata via. Riesco ad intravedere una minuscola finestra, a stento, attraversata da un flebile raggio di luce a causa delle varie ragnatele. Il colore delle pareti è indefinito e l'intonaco sbiadito.

"La tua famiglia sta bene... tranne il gatto..." ghigna la stessa voce fredda e tenebrosa delle altre volte.

"Cosa vuoi da noi?" chiedo in preda alla disperazione.

"Voglio proteggervi."

La voce fredda ora si è trasformata in una voce rassicurante, familiare.

"Proteggerci da cosa?"

"Dalla casa"

Sento i suoi passi avvicinarsi verso di me, ma non sono impaurita. I miei occhi si sono adattati al buio;

una figura nera... è tutto quello che riesco a vedere prima che mi si oscuri la vista.

Sono in casa, ho un coltello in mano, sto andando in camera di mio fratello, voglio ucciderlo. Non so cosa mi stia succedendo, il mio corpo non risponde ai miei comandi. Mio fratello sta ascoltando musica ad alto volume, non sente i miei passi che si avvicinano. Gli taglio un braccio, poi l'altro, fino ad arrivare alla gola. Vengo riportata alla realtà dalle urla di mia madre. Vedo mio fratello morto, le mie mani insanguinate, non può essere. Ritorno allo stato di trance, mi avvio verso la cucina, dove nel mobiletto sopra i fornelli, mia madre conserva una pistola. La prendo, la punto contro mia madre, e sparo. Sento un grido, ma non è quello di mia madre, ma della figura nera, di mio padre.

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