capitolo 1

142 6 19
                                    

- Il posto in cui viviamo noi una volta non esisteva. Una volta era un pianeta e si chiamava Terra, e ci viveva una razza antica di esseri mortali, si chiamavano umani. Gli umani distrussero Terra, e si esinsero per sempre. Fu così che arrivarono gli Angeli, e trasformarono il pianeta. Una volta esistevano i colori, le pianure, le montagne, i mari e gli oceani, ma gli Angeli tinsero tutto di bianco come la purezza che portavano. Costruirono la loro città sulle rozze rovine degli umani, e sulla culla dei loro peccati fondarono la loro armonia e trovarono la salvezza di Dio. Vivere in un posto che in passato era stato terreno di tanti peccati avrebbe ricordato loro come vivere restando sulla Via Della Luce.
- Gli Angeli erano creature immortali e maestose, portatori di luce e speranza, ma la corruzione e il peccato possono farsi strada anche nei cuori più puri ed immacolati. La permanenza degli Angeli bianchi sull'antica Terra li portò vicini ai peccati commessi dagli umani. Si narra che a Los Angeles, la capitale costruita sulle rovine dell'antica città, fosse sopravvissuto uno dei colori degli umani, l'esatta contrapposizione del bianco: il nero. Si narra che a Los Angeles esista un pozzo nero, in cui vengono gettati tutti gli Angeli traditori, coloro che non seguono la Legge della Bibbia, l'antico libro di cui gli umani erano stati dotati e di cui non avevano saputo fare tesoro. Si diceva che il pozzo nero fosse infinito, e che i condannati, chiamati Fallen, non avrebbero mai fatto ritorno dall'oscurità. Nessuno è mai uscito dal Pozzo, e nessuno mai ne uscirà.

-Dai piantala Thekla, sono sono leggende. Non esiste il Pozzo, e non esistono i Fallen. Non spaventare tuo fratello Azrael.

-Ma se invece esistessero?

-Non essere sciocca Thekla, viviamo a Los Angeles e conosciamo ogni centimetro della città, se esistesse il Pozzo lo sapremmo.

-Sì, è vero.

Thekla sospirò. Tutto era così dannatamente bianco, lì a Los Angeles, la città degli angeli, immersa nelle nuvole. La sua pelle era di un rosa chiarissimo che pareva latte, la sua veste morbida e fresca sembrava quasi abbagliante. Si guardò allo specchio. La leggenda narra che gli umani conoscessero il blu, il verde, il viola, e che i loro capelli e i loro occhi fossero di tutti i colori, neri, biondi, rossi, castani, tutte parole che per gli Angeli non avevano significato. I capelli degli Angeli erano bianchi, e gli occhi potevano avere l'iride grigio o azzurro chiaro. Gli unici accenni di colore che potevano vedere erano sfumature chiarissime, tendenti al bianco, come se fossero sbiadite. Come se tutto il mondo che esisteva prima fosse svanito.

La legge si basava sulla Bibbia, e vietava di pensare agli umani e al loro mondo di peccatori. Vietava di desiderare i colori, o di vedere come fosse il mondo prima. La legge era dura, e veniva fatta rispettare di Capi. Il padre di Thekla, Gabriel, era uno dei capi. Gli Angeli che vivevano a Paradiso si erano avvicinati troppo a condurre un'esistenza quasi terrena, per via del fatto che vivevano sulle rovine degli umani, e la legge serviva a mantenerli nella loro dimensione divina. C'era chi infrangeva la legge. Venivano portati in prigione, e nessuno li rivedeva più. Anche se Thekla spesso fantasticava sul fatto che in realtà venissero gettati nel Pozzo. Ma non poteva essere vero. I Fallen non esistevano. Non esistevano. Però Thekla se li immaginava spesso, ogni tanto li aveva anche sognati. Li vedeva come creature sporche e stanche, i capelli arruffati e ingrigiti, gli occhi senza iridi e senza pupille, ma completamente bianchi, e le ali spiumate. Per lei erano creature grigie e sporche.

Le piaceva fantasticare sui Fallen, del resto gli Angeli non avevano nulla da fare. Una volta, si diceva, avevano avuto la missione di proteggere gli umani, di vegliare su di loro. Ma da quando gli umani si erano estinti, gli Angeli avevano un'esistenza priva di utilità, un'immortalità ormai completamente dedita allo svago. E da quando gli Angeli avevano smesso di vegliare sugli umani, avevano iniziato ad accoppiarsi e avere figli, la legge lo permetteva, ed era così che erano nati Thekla e Azrael. La legge prevedeva delle regole precise per l'accoppiamento: massimo una volta ogni settantacinque anni e solo tra persone di sessi opposti. Chi aveva meno di duecento anni non poteva praticare il sesso. Del resto erano immortali, avrebbero pur saputo aspettare. Thekla aveva centocinquantatrè anni, suo fratello Azrael ne aveva solo due.

Thekla si domandava che senso avesse tutto ciò. Si domandava che senso avesse la sua esistenza. Avrebbe voluto andarsene dalla Terra, ma la legge vietava anche quello. Si poteva uscire dal pianeta solo per breve periodo e con autorizzazione. Nulla aveva senso. Ed essere la figlia di uno dei Capi era per Ariel stressante. E anche dopo centocinquant'anni si sentiva ancora una bambina, era considerata una bambina. Le erano imposte certe regole, doveva essere come un modello per gli altri. Aveva ancora più limitazioni rispetto agli Angeli. Lei avrebbe avuto essere libera. Avrebbe voluto essere come i Fallen, perchè anche se erano dannati, per lei i Fallen erano più liberi di quanto fosse lei. Anche se i Fallen non esistevano, come dicevano suo padre, sua madre e tutti, in un certo senso erano liberi. Se non esistevano, la loro anima non aveva un corpo, era libera. Thekla si era fatta l'idea che addirittura non esistere fosse meglio che vivere a Los Angeles ed essere la figlia di Gabriel.

Thekla continuava a guardarsi allo specchio, e a fissarsi negli occhi da sola, contemplando quel lieve azzurrino delle sue iridi, per vedere un po' di colore in quel mondo panna. Poi dispiegò le grandi e candide ali bianche. Si librò in volo, bucando una soffice nuvola bianca. Volare era una delle poche cose che la faceva sentire viva, e che le faceva credere che dopo tutto la sua immortalità avesse un senso. Si librò in aria, su e sempre più su nel cielo. Si sentiva leggera. I suoi capelli bianchi e setosi le finivano davanti alla faccia e le accarezzavano la schiena e le spalle. Sentiva l'aria scorrerle addosso. Si fermò chilometri sopra Los Angeles, si vedeva la superficie del pianeta degli umani, completamente bianco, come se fosse una nuvola. Ma se guardava lontano, dall'altra parte, vedeva la cosa più bella che esistesse: un arcobaleno. I colori si vedevano fievoli, ma riusciva a distinguerli: rosso, arancione, giallo, verde, blu e viola.

Fissò l'arcobaleno per un po' di tempo, poi chiuse gli occhi e si immaginò di essere avvolta da quei colori, come delle sete che coprivano il suo corpo

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Fissò l'arcobaleno per un po' di tempo, poi chiuse gli occhi e si immaginò di essere avvolta da quei colori, come delle sete che coprivano il suo corpo. Era una sensazione bellissima. Riusciva a immaginarsi quei colori più vividi. Riaprì quegli occhi e guardò di nuovo l'arcobaleno. Ma quella volta lo vide strano. Era come una scala di rosa, che andavano dal rosa più acceso a quello più delicato, con sfumature di arancione. Che cosa succedeva all'arcobaleno? Sbatté un attimo gli occhi e l'arcobaleno tornò normale. Aveva solo creduto di vedere quei colori strani.

 Aveva solo creduto di vedere quei colori strani

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
fallenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora