capitolo 2

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Thekla iniziò la lunga e lenta planata verso la città, muovendosi con leggerezza nell'aria e compiendo una traiettoria a spirale. Alla fine atterrò su una piccola montagnetta di marmo bianco striato di grigio. Le era sempre piaciuta quella collinetta, perchè la roccia era bianca e irregolare, come una piccola imperfezione in quel mondo bianco. La roccia era ruvida, era strana da toccare, ma a Thekla piaceva sentirne le irregolarità sotto le dita, gli spuntoni più acuminati e le parti più lisce. Facendo danzare le dita sulla roccia, Thekla si punse un dito, e una goccia di sangue scivolò fuori tingendo il marmo di rosso. Lei guardò il dito. Non si era mai ferita in tutta la sua vita, quella era la prima volta. E il sangue era così rosso... lo guardò scivolare sulla roccia, e poi lo vide sparire, come se stesse confluendo in una cavità all'interno della roccia. Lì dentro c'era qualcosa, un'apertura.

Thekla guardò nel punto in cui il sangue era sparito, ma non riusciva a vedere niente. Solo ad un certo punto si accorse che sulla roccia c'era una specie di incisione in caratteri strani. Non riusciva a capire cosa ci fosse scritto o cosa significasse. I simboli erano particolari, ma belli, eleganti. Sembravano incisi da una mano esperta, e sembravano caratteri molto antichi.

Θεόκλεια

Chissà che cosa significava. E chissà da quanto tempo era lì. Thekla improvvisamente si accorse di essere rimasta in quel luogo per troppo tempo, così se ne andò, promettendosi di tornare il prima possibile. Finalmente stava accadendo qualcosa di nuovo e di interessante nella sua vita. Erano solo degli stupidi simboli, degli stupidi caratteri antichi, ma spezzavano la monotonia della sua esistenza. Aveva un mistero da scoprire.

Mentre tornava a casa iniziò a pensare. Quella era una parola. Le parole sono scritte nei libri, ma l'unico libro permesso era la Bibbia, e ne erano in circolazione poche copie. La maggior parte degli Angeli non sapeva leggere. Loro al massimo disegnavano, ma bisognava fare attenzione anche a ciò che si disegnava, perchè la Legge vietava la maggior parte delle illustrazioni. Thekla aveva visto la Bibbia una volta, in mano a suo padre, che essendo uno dei Capi sapeva leggere e scrivere. Però i caratteri di quel libro le sembravano diversi da quelli della strana parola... forse era una lingua antica degli umani... oppure, poteva essere la lungua dei Fallen? Di qualunque cosa si trattasse, era il simbolo di una civiltà quasi mitica, una civiltà con cui nessun Angelo sarebbe potuto entrare in contatto. Thekla non poteva dire a nessuno dell'iscrizione che aveva trovato. Se era una parola umana, sarebbe stata considerata una peccatrice come se fosse una di loro. E se era una parola dei Fallen... non aveva idea di cosa sarebbe successo, ma di sicuro avrebbe creato scompiglio. Oppure tutti l'avrebbero presa per pazza perchè nessuno crede all'esistenza dei Fallen.

La casa di Thekla e della sua famiglia era come una nuvola. Dall'esterno era una grande nuvola bianca e soffice, e all'interno era divisa in tante stanze completamente bianche. Camera di Thekla era un ambiente grande ma spoglio, aveva un letto matrimoniale, un armadio, e uno specchio. Nell'armadio, tra le vesti bianche, aveva nascosto un sassolino di marmo che aveva trovato una volta sulla montagna dell'iscrizione. Ogni tanto con il dito disegnava sulle pareti, modellando con il dito la forma soffice della nuvola.

Più che disegnare, spesso Thekla lasciava che il suo dito semplicemente scorresse,e ogni tanto venivano fuori forme astratte, e forse a volte anche delle lettere, che poi cancellava prima che qualcuno potesse vederle.

Così sulla parete riportò i simboli come se li ricordava dopo averli visti incisi nel marmo

Θεόκλεια

Non poteva permettersi di dimenticarli. Doveva scoprire il significato di quelle lettere.

Improvvisamente sentì casino in casa sua. Quando uscì dalla sua stanza, vide sua madre fissare il vuoto.

-Cosa è successo?

La donna rimase in silenzio, girata di spalle i suoi lunghi capelli mossi ricadevano bianchi sulle spalle, le ali erano chiuse dietro la schiena in una cascata di piume soffici e candide.

-Mamma, cos'è successo?

Lei continuò a non rispondere, restano girata di spalle. Thekla le si parò davanti, e nei suoi occhi vide che piangeva.

-Perchè piangi? Mi dici cosa sta succedendo? Ti prego!

L'Angelo aprì gli occhi, di colore viola chiarissimo. Era una delle uniche ad avere gli occhi di quel colore. Era uno degli Angeli più vecchi, uno di quelli originali. Thekla non ricordava di averla mai vista piangere.

-Gabriel, tuo padre. L'hanno portato via.

A Thekla si gelò il cuore.

-Cosa? L'hanno portato via? Perchè? Cos'ha fatto?

La madre sospirò.

-Non lo so. Non hanno detto niente.
-Cosa succederà ora? - chiese Thekla, spaventata. Suo padre a volte era burbero e stanco, ma Thekla gli voleva molto bene. Quando lei era piccola avevano passato tantissimo tempo insieme. Era stato lui a mostrargli Los Angeles. Le aveva spiegato come mai gli Angeli fossero finiti lì. Le aveva raccontato le leggende, di quel mondo degli umani prima di loro. Le aveva raccontato di quando gli Angeli aiutavano gli umani e intervenivano nelle loro vite, e di come pian piano gli umani avessero smesso di crederci e i loro mondi si erano separati, portando la civiltà dei mortali al suo lento declino. Le aveva raccontato la leggenda dei Fallen, quando era diventata più grande, quella leggenda, quella storia che aveva sempre riempito le sue giornate di una remota possibilità che ci fosse qualcos'altro oltre il mondo monotono che conosceva. Le aveva mostrato la Bibbia. E, ultimo, ma più importante di tutti, le aveva insegnato a volare.

L'aveva portata su quella montagnetta dove Thekla avrebbe poi trovato l'incisione. E lì la piccola aveva dispiegato per la prima volta le sue ali.

-Salta! - le disse Gabriel.

Thekla saltò, ma non mosse le ali e riatterrò subito.

-No, non così. Guarda! - le disse il padre. Lui dispiegò le ali e saltò, iniziando a sbatterle, e poi salì su, in alto. Thekla lo guardò meravigliata. Iniziò a sbattere le ali, sempre più forte, con il padre al suo fianco, leggermente sollevato da terra. Quando si sentì pronta, saltò, e poi, continuando a sbattere le ali, riuscì a restare in aria per qualche secondo.

Centocinquant'anni dopo, quando Gabriel venne portato via, quando la madre di Thekla rispose "Non lo so. Non lo so cosa succederà ora.", Thekla dispiegò le ali con una potenza mai vista prima e iniziò a volare, restando in aria non solo per qualche secondo come quella prima volta con suo padre, ma per ore. E per ogni singolo istante, pensò a lui, a quando per la prima volta avevano visto insieme Los Angeles dall'alto, di quando le aveva mostrato quanto fosse bello passare in volo attraverso le nuvole, con le ali intorno al corpo, e quando le aveva insegnato a tornare giù a spirale. La prima volta che Thekla era stata in alto si era spaventata, e suo padre l'aveva presa in braccio e riportata giù a terra. Ma una volta superata la paura iniziale, Thekla aveva iniziato ad andare sempre più in alto, da sola, ed era lì che aveva scoperto l'arcobaleno.

Thekla scese di nuovo sulla sua montagnetta. Forse l'iscrizione che aveva trovato poteva aiutarla a salvare suo padre, sempre che scoprisse dove suo padre fosse. Dovevano averlo portato in prigione, ma se fosse stato lì non le avrebbero permesso di vederlo.

Thekla fece scorrere di nuovo le dita sulla strana iscrizione nel marmo, e si incantò a fissarla. Poi si accorse che da dietro stava arrivando qualcuno, così si nascose dietro uno spuntone di roccia. C'erano quattro Angeli vestiti da guardie, con le spade e le lance. C'era uno dei Capi. E poi c'era un Angelo in catene. Non riuscì a vedere il suo volto. Chissà dove lo stavano portando, le prigioni erano dall'altra parte della città... e poi quel posto si trovava a chilometri dalla periferia abitata. Quel posto era praticamente abbandonato... che cosa ci facevano lì?

L'Angelo non poteva dispiegare le ali, erano avvolte dalle pesanti catene di metallo, che gli bloccavano i polsi dietro la schiena. Una delle guardie si spostò leggermente. L'Angelo in catene era suo padre.

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