Goccia d'anima

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Con questa piccola sorpresa, perché il capitolo era già pronto, volevo solo augurarvi un buon lunedì e un buon inizio settimana ♥️

▶️ Freehand – Novo Amor, Ed Tullett 🎧

"Corazze che chiedono carezze."

— GinevraCardinal, Twitter




꧁🦡🐍꧂



𝓝ovembre era scivolato pigro. Qualche vento scomodo e pungente aveva smosso le chiome degli alberi, inducendole a perdere le ultime foglie e quelle si erano disperse come viandanti, imbrunite e rossastre avevano dipinto l'aria di sfumature indorate, vestendola di una bellezza desolante e desolata. Perché ci sono quelle bellezze, a volte... che sono dedite a morire.

Tu le guardi, con occhi a far loro la corte perché sono belle, perché non puoi farne a meno, ma sai che presto scompariranno. Si adagieranno a terra in una natura morta, pronte ad esser calpestate e dimenticate.

L'autunno, per Albert, era sempre stato un po' così. Malinconico.

C'era, di fatto, qualcosa di infelice eppure incomparabile nel modo in cui l'aria gli sollazzava le ciocche eburnee, le faceva sfiorare contro gli zigomi alti, ricamare tra la curva delle ciglia.

C'era qualcosa di paurosamente incantevole nel modo in cui teneva sollevato il mento aggraziato, gli occhi ambrati persi in alto, tra i rami spogli.

Le labbra piene, dolci e morbide come miele, si schiusero in un sospiro pacifico, e forse anche il mondo in quel momento si chiese se potesse esserci altra creatura di una simile purezza.

Era disincantato il modo in cui Albert si muoveva su quella terra, come se un esercito di angeli lo avesse per sbaglio dimenticato lì ma lui non potesse farne a meno, di brillare.

E poi... era sempre innocentemente distratto. In quella sua natura genuina e riservata, non notava mai quante occhiate calamitava su di sé. Quelle poche volte che incrociava lo sguardo di una giovane, quella faceva solo in tempo ad arrossire prima di abbassare lo sguardo. Eppure lui... non capiva mai l'effetto che sortiva. Si limitava a uno di quei sorrisi soffici: incuneava un po' le labbra, inclinava il mento fine in una riverenza gentile... e sorrideva.

Sorrideva e non lo sapeva– non lo capiva mai, che quando lo faceva era di una tenerezza che spaccava le ossa. Le piegava in due, quella bellezza talmente cruda e nuda da farti venire voglia di picchiare la testa contro un muro solo per scollarti quella visione – lui, dalle pareti del cranio.

Quel pomeriggio i primi cristalli di ghiaccio sotto i suoi piedi scricchiolavano piano– sottofondo di quella bellezza rumorosa che era lui.

«Alb!»

Albert voltò il capo, si guardò indietro da sopra la spalla.

«Clinton.» chiamò a sua volta, vedendo l'amico correre verso di lui.

Quest'ultimo gli tirò una pacca sulla spalla. «Ehi, gambe lunghe! Potresti anche aspettare, sai?»

Se la Serpe morde il TassoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora