Un'altra sera

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Era buio, ma non così tanto da non distinguere gli alberi rischiarati dalla luna, che tutt'intorno creavano una foresta.

Una figura nascosta tra le fronde si godeva questo silenzio, in attesa.

Lentamente la brezza leggera si trasformò in un venticello insistente, muovendo le foglie e i suoi capelli neri.

I lembi del suo cappotto oscillarono un poco quando il ragazzo scese dall'albero con un balzo che risuonò nella notte per via dell'erba secca.

Una nuvola coprì la Luna facendo cadere un velo di nero sul paesaggio, rischiarato solo da una piccola luce azzurrina che pareva un fuoco fatuo.

Avanzava senza fretta, seguendo un sentiero che solo lui poteva vedere, evitando arbusti e piante morte.

Col tempo il paesaggio cambiò: l'erba secca cedette il passo al terreno sterrato, gli alberi vennero rimpiazzati da enormi rocce nere che sembravano assorbire la luce, le piante diventarono rovi che si impigliavano nelle gambe dei pantaloni, come a trattenerlo. Ma senza badare a ciò continuò ad avanzare, tenendo la fiamma turchese tra le dita.

In poco tempo si trovò a camminare vicino al fianco della montagna, dove si trovavano grotte e insenature scure e profonde da cui si sentiva il sibilio del vento, come un saluto.

Avanzò fino a un'enorme cespuglio di rovi e spine, che nascondevano l'ingresso di una cavità nella roccia. Con non poca difficoltà riuscì a entrare trovandosi in un passaggio ampio e profondo. Alimentò un po' la fiamma per poter vedere le pozze e il terreno franabile per non cadere o scivolare in quel tunnel che diventava sempre più angusto.

Raggiunse poi una caverna larga, scavata nella pietra dall'acqua che ancora gocciola sulle pareti rompendo il silenzio con un debole gorgogliare. Al centro del soffitto si aprivano crepe che lasciavano passare solo pochi raggi lunari per illuminare in modo quasi nullo la stanza. In terra di lato all'entrata c'era incastonata una lastra di marmo bianco.

Si sedette di fianco ad essa, la schiena appoggiata al muro, mentre con la mano afferrò una piuma rossa che giaceva sulla pietra chiara, rigirandola tra le dite ora fredde per la mancanza di fuoco.

Quasi senza accorgersene iniziò a togliere la polvere dal marmo con la punta delle dita, sentendo i solchi delle parole sui polpastrelli che anche senza luce riconosceva quasi come se fossero state impresse anche nella sua mente, quelle parole.

Avrebbe potuto accendere una sola fiammella per guardarle un'altra volta, ma sarebbe stato solo un inutile rischio di bruciare la piuma vermiglia.

Un falso sorriso fece appena capolino dalle sue labbra sfregiate, in netto contrasto con le vere emozioni nei suoi occhi che cercavano in qualche modo di uscire.

-Dovevi per forza andare, cervello di gallina?-

Il sorriso vacillò quando la tristezza lo portò a soffocare un singhiozzo mentre dentro di sé si malediva per la mancanza di lacrime.

A poco a poco lasciò cadere quella maschera macchiata di sangue, lasciando che poco dopo un urlo di rabbia e disperazione lasciasse la sua gola mentre si stringeva i capelli tra le mani. L'eco dei suoi singhiozzi rimbalzava sulle pareti di roccia, mentre la presa sulla piuma cremisi cresceva con il volume della sua voce. Crollò accanto alla tomba dell'unica persona che lo aveva accettato per quello che era diventato quando il mondo gli era crollato addosso, uccidendo il suo vecchio sé.

Un'altra seraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora