Epilogo - Parte 1

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Il mio salotto, statico e debolmente illuminato dalla fievole luce mattutina, sembrava un quadro di Hopper. Feci vagare lo sguardo per l'ambiente, soffermandolo per più tempo sul divano-letto chiuso su se stesso da più di un mese. Strinsi la mano intorno alla maniglia del bagaglio e feci un respiro profondo.

"Andiamo", mi esortai annuendo a me stessa.

Uscii dal mio piccolo appartamento, chiusi a chiave la porta e iniziai a scendere la stretta scalinata. Ebbi un fulmineo flashback di quando, con l'ansia, la fretta e il dolore in corpo, avevo sceso quegli stessi scalini tampinata da un lentissimo e svogliato ospite.

Lo stesso ospite per cui stavo compiendo il colpo di testa più assurdo e folle della mia vita.

Mi ero appena chiusa il portone di casa alle spalle quando sentii il cellulare vibrare. Guardai il nome comparso sul display e, dopo un attimo di pura sorpresa, feci schioccare la lingua. Cosa ci faceva in piedi a quell'ora? Avrei dovuto aspettarmi una reazione tempestiva da parte sua. La tentazione di ignorare la chiamata era forte, ma ero certa che se non avessi risposto mi avrebbe perseguitata per i giorni a venire.

-"...Ciao mamma"- risposi controvoglia.

-"Dove stai andando?!"- gridò incredula mia madre dall'altro capo del telefono, saltando i convenevoli e partendo alla carica. -"Ho letto il messaggio nella chat di famiglia! Ti sembra il modo di comunicarci una notizia del genere?!"-.

Strizzai gli occhi e staccai il cellulare dall'orecchio. Detestavo la sua voce stridula e odiavo il suo disperato bisogno di tenere tutto e tutti sotto controllo. La notizia della mia partenza improvvisa l'aveva, come previsto, mandata in tilt.

-"Tornerò presto"- tentai di tagliare corto.

Mi sporsi sulla strada e guardai verso sinistra: del taxi ancora niente, neppure l'ombra. Impaziente, rivolsi il viso verso l'alto. Il cielo, col suo pacato azzurro tenue mattutino, cercava di infondermi calma e serenità. Purtroppo il suo buono e altruista proposito venne ostacolato da quella macchina da guerra che ero solita chiamare "mamma".

-"Non mi interessa quanto starai via! Tu non dovresti nemmeno partire!"-.

Dovevo partire eccome, invece.

Qualche entità superiore aveva deciso di posare lo sguardo su di me e di benedirmi con un'incredibile botta di fortuna. Per settimane avevo cercato di mettermi in contatto con lui, sprecando sangue, sudore e lacrime, e finalmente le mie tristi e rabbiose preghiere erano state ascoltate. Mi era stata data la possibilità di incontrarlo, e niente e nessuno mi avrebbe impedito di salire su quel maledetto taxi in ritardo, raggiungere l'aeroporto, montare sull'aereo e atterrare a Seoul; nessuno, nemmeno quella stakanovista maniaca del controllo di mia madre.

Presi a camminare con nervosismo attorno al mio bagaglio a mano, un piccolo trolley verde mela. Il tono squillante e irritante di mia madre era talmente forte che le sue parole erano perfettamente udibili persino dall'altro lato della via. A nulla valsero i miei tentativi di abbassare il volume del cellulare: era come se l'indignazione di mia madre avesse preso il controllo del dispositivo elettronico.

-"Vuoi abbassare la voce?!"- sbottai con un sussurro ringhiato. -"Sveglierai i miei vicini!"-.

-"Lo spero!"- rispose a tono. -"Magari qualcuno avrà il buon senso di fermarti!"-.

Smisi di girare in tondo e pestai un piede per terra. Il tonfo secco spaventò un piccione appollaiato sopra il tetto di casa mia. Istintivamente mi tastai la tasca dei jeans in cerca del pacchetto di sigarette e imprecai mentalmente quando, ovviamente, non lo trovai.

-"Quanti soldi hai speso per questa stronzata?"- continuò con aggressività.

"Stronzata?".

Nel mio petto scoppiò improvvisamente un incendio. Sentii le fiamme divampare incontrollate, lambire i miei organi e incenerirmi la ragione. Per un attimo non vidi più dalla rabbia: il mondo apparve di fronte ai miei occhi come una grande distesa di fuochi e fiamme.

Ero a tanto così dal gettare il cellulare per terra e calpestarlo quando pensai a lui.

Vidi il suo viso, il suo tenerissimo sorriso, i suoi scuri occhi felini, i suoi capelli nerissimi; mi tornarono in mente la sua voce graffiante, i suoi leggeri sbuffi, i suoi timidi cenni d'assenso e le sue occhiate incuriosite; ripensai alla sua canzone, alla nostra canzone, e un fresco e limpido torrente si riversò in me, domando l'incendio e spegnendo le fiamme. Chiusi gli occhi e per un lungo e nostalgico momento tornai a Livorno, appoggiata alla balaustra della Terrazza Mascagni con una sigaretta tra le dita, lo sguardo incollato a lui e il cuore in frantumi.

Il sospiro pesante che mi uscì dalle narici svuotò anima e polmoni. Mi passai la punta della lingua sulle labbra e, mio malgrado, sorrisi.

-"Mi dispiace che tu la consideri una stronzata, ma ci tengo a farti sapere che per me non lo è. Credi che non abbia ponderato bene la mia scelta? L'ho fatto eccome. Se sto prendendo un aereo per un altro continente è perché voglio farlo"-.

-"Sei una sconsiderata!"- gridò nuovamente.

Mentre mia madre partiva con una pesante e delusa invettiva contro di me, una macchina bianca svoltò l'angolo in fondo alla strada. La targhetta sopra il tettuccio recante la scritta "Taxi" fu come la luce di un faro in mezzo a una tempesta. Alzai un braccio per farmi vedere dal guidatore e, col cellulare stretto tra l'orecchio e la spalla, mi voltai a recuperare il trolley. Il taxi si fermò di fronte allo spiazzo e mise le quattro frecce.

-"Tu devi studiare!"-.

L'autista aprì la portiera e fece per scendere, ma io lo fermai con un cenno della mano. Aprii da sola il bagagliaio, caricai il trolley e chiusi la portiera con soddisfazione. Montai sui sedili posteriori e chiesi al tassista di portarmi all'aeroporto Galileo Galilei di Pisa.

-"Oh no, mamma. Non devo studiare"- interruppi mia madre quando il taxi mise in moto e si diresse verso Piazza dei Cavalieri. -"Io devo vivere"- rettificai.

Chiusi la chiamata e mi infilai il cellulare in tasca. La vettura bianca curvò e gli orecchini di Yoongi mi sfiorarono il collo.

Guardami come se fossi Dante Alighieri - Epilogo AlternativoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora