Abominio - parte I

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Terra Bruciata, confine a est di Southern, anno 1914.

   Dei boati stuzzicavano la pazienza. Lontani e disarmonici sembrava tuonassero dei nomi. Ruggivano lamentosi nel mentre che il vuoto incombeva su Evelyn. Lei, distesa in uno strano buio, stava provando una sensazione terribile, indescrivibile. Tutto il frastuono che sentiva era devastante.

Era avvolta da una strana coltre che, solleticandole la pelle, le faceva avvertire l'ansia di essere a mezzaria, con il fiato sospeso e accarezzata dal vento. Non comprese inizialmente né lo fece poi, ma i rumori divennero sempre più insistenti e fu costretta ad aprire gli occhi.

Accadde improvvisamente: assieme alle immagini arrivarono anche il respiro e un dolore penetrante. Il suo corpo piombò a terra, il fango la ricoprì; le orecchie fischiarono e sentì una gamba bruciarle.

Aspettò qualche secondo. Avvertì il petto alzarsi e dolere in modo atroce. Infine spalancò meglio gli occhi.

In quel momento vide sopra di lei un cielo coperto da delle nubi scure e rosse. Dei bagliori in lontananza, forse una tempesta che minacciava con i suoi potenti ruggiti. Il suo sguardo pizzicava nel mentre che il corpo rimaneva rigido: non riusciva a muoverlo.

Provò a farlo, ma fu inutile: era paralizzata. L'adrenalina che gli aveva fatto battere il cuore era sparita completamente. Sentiva il suo respiro pesante, la pelle tirare sul petto e i polmoni bruciare senza un motivo preciso. Tossì e osservò un poco più in basso, oltre i suoi piedi. Fece scendere gli occhi finché le fu possibile; finché intravide le guance e la punta del naso.

All'orizzonte si stagliava una fitta foresta e delle colline in fiamme. C'erano delle sagome, distanti da lei. Uomini che stavano setacciando quel confine lontano, urlando e disperandosi fra il fuoco.

Dove gli alberi avrebbero dovuto inscurire la vegetazione, del fumo grigio scappava dall'ardore di un incendio fuori controllo. Erano scene difficili da descrivere, troppo distanti e offuscate per notare i loro particolari; troppo irreali per crederle vere. Tuttavia fu certa che ai fianchi di quelle sagome pendessero delle spade e che nelle loro mani, alcuni, tenevano un fucile e delle strane reti di ferro.

Vedeva le lame scintillare e sentiva il tintinnare del metallo persino a quella distanza.

   Dal cielo scendevano lingue di fuoco al posto dei fulmini e i venti scostavano irregolarmente le nubi. Le mani degli uomini erano poggiate sull'elsa, pronte a brandirla e attaccare; i fucili avevano la canna rivolta verso l'etere e tutti fissavano, in assetto da guerra, gli spostamenti della tempesta.

Evelyn cercò di osservare meglio nella zona più vicina a lei. Riconobbe la forma dei corpi umani fra il fumo e zone di terra arsa. A un primo sguardo le erano sembrati degli oggetti, privi di vita e abbandonati sul terreno fangoso e bruciato allo stesso tempo. Ci pensò un attimo e concordò con se stessa che ormai non potessero che definirsi tali: degli oggetti.

Dopodiché assieme all'ossigeno arrivò improvvisamente anche un tanfo insopportabile: l'odore di quei cadaveri. Era un miasma che cominciò a tapparle la gola e le fece scuotere il corpo a ritmo dei colpi di tosse. Il panico s'impossessò di lei. Guardò le sue braccia, trovandole coperte da una divisa sporca e sottile. Sugli stracci che le coprivano il seno fasciato, poteva scorgere uno stemma, ma non ebbe il tempo di identificarlo meglio. Vide solamente del rosso, forse dei petali e un cerchio dorato.

   «Evelyn!»

Qualcuno affiancò la ragazza, scivolando nel fango e destandola dalla sua concentrazione. Cominciò a scavare e a strattonarla per un braccio.
Lei si spaventò maggiormente. Voleva gridare per il dolore che si stava diramando dalla gamba destra e per il terrore. Un solo pensiero invase poi la sua mente: non voleva morire.

Codice F.A.T.A. | #Wattys2021Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora