[Ingordigia.]
Oscurità.
Come si poteva identificare il buio senza vederne la forma?
Alois lo avvertiva dentro, quel vuoto nero: vorace, disgustoso e viscido come inchiostro, gli entrava nello stomaco e gli strappava le viscere; si rifletteva, irregolare e senza arte, nei lividi che il padrone della tenuta Trancy gli infliggeva ogni volta che giocava col suo corpo e che godeva, dimenandosi su di lui come un maiale nel fango. Il ragazzo ricordava che, nel suo villaggio, i porci grugnissero anche quando non c'era niente per cui fare festa; sgraziati e goffi fra gli altri animali, banchettavano divertendosi fino alla morte e poi, quando venivano sgozzati e tagliati in fette, erano gli esseri umani a banchettare con loro. Che orribile destino, pensò, nascere e vivere per essere divorati dai propri carnefici.
-Farò la stessa fine.- lo mormorò, ma la voce uscì meno flebile del previsto. Il Conte, rapito dal piacere galoppante, non lo udì.
Ricorrentemente, il ragazzo era invaso da uno strano sogno: una lama, le sue mani che la brandivano, la gola di Arnold Trancy che si squarciava sotto il suo attacco, dilatandosi nei filamenti di muscolatura che nascondevano la laringe. Il sangue sarebbe schizzato nella propria bocca come una fontana, abbeverandolo e saziandolo del senso di vendetta.
In bocca. Dammi da bere.
Alois si leccò il labbro distrattamente e gli sembrò di annegare, di ribollire nel calore denso e metallico di quella ferita immaginaria, di quella morte che avrebbe stroncato Arnold Trancy prima dell'orgasmo. Una morte dolce, immeritata. Sarebbe stato un buon padrone, lui.
Oscurità. Quei colori brillanti della camera, follia. Alois aveva sempre odiato l'arredamento di quella villa: eccessivo, per qualcuno che come lui aveva vissuto fra legno scolorito e baracche.
Il dipinto di fronte al letto lo fissava, suggerendogli di alzarsi, di danzare, di invocare una morte che sarebbe stata meno dolce rispetto ai suoi piani; Alois aveva sempre amato quel quadro disposto nella camera da letto del suo padrone, quel giullare dalla maschera di medico della peste che si ergeva fra i disperati, seminando la gioia grottesca della malattia.
Che piangete a fare? Tutto il mondo è malato!, pareva dire.
Rallegratevi, sembrava urlare, ravvedetevi prima che sia troppo tardi!
L'umanità era un enorme porcile. Sarebbe stato lui, l'unico porco che danzava fra le lacrime della gente?
-Sto venendo..!- s'ingozzò di piacere il padrone, la faccia scarlatta dalla lussuria. Quando gemeva, lo faceva sentire come ci si sentiva a guardare del pietoso vomito sputato sul marciapiede: il suo volto sembrava un naso da clown, rosso ed orribile. Eppure, doveva assecondare quel mostro. Alois schiuse le labbra, fingendo il gemito più soave del mondo; musica per le orecchie del Conte ma graffi per le proprie.
Oscurità. Arnold Trancy, uno scarafaggio sulla tappezzeria.
Eppure, oltre a lui, vi era un altro insetto. Un ragno che, intessuta con pazienza una ragnatela che univa il bordo del quadro alla pittura asciutta, aveva trovato la propria dimora: lo studiava, silenzioso, riflettendo la figura nuda di Alois nei suoi occhi piccoli ed inquinati.
Il ragazzo ricambiò lo sguardo, danzando sotto il grasso di Arnold Trancy che lo soffocava, ballando come avrebbe voluto fare una volta libero; eppure, non sapeva se lo sarebbe mai stato.
Era uno spettacolo privato, quello, volgare e senza vesti che lo censurassero. Alois ondeggiò fra le cosce sudate di Arnold come se, al suo posto, vi fosse quel ragno ad imprigionarlo fra le sue zampe, ad allargare le sue cheliceri e a sputargli dentro quel coagulo di sperma e fibre di ragnatela.
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[♕ C U P I D I T A S ♞]
Horror-Consuma la tua vendetta.- gli parlò Claude Faustus, ed Alois venne avvolto dalla sua voce come una culla fatta di velluto. Gli stava dando la sua approvazione in anticipo, forse? -La tua rabbia non scomparirà mai se sarò io ad ucciderlo per te...