• ricordi

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Una dolce melodia, a tratti fastidiosa, creata dal verso delle civette e di altri uccellini, riecheggia, per le strade di Inu, una delle città più popolate tanto quanto tra le più pacifiche; diventò famoso per l'esportazione di legni pregiati e consociuti ormai da gli altri sette regni. I suoi abitanti originari, i Troll,  conosciuti come uomini di grossa statura che camminano pesantemente per le larghe strade del posto, descritti in molte leggende come creature egoiste e maleducate, miti che non raccontano di come queste creature in realtà siano dal grande cuore , tanto da portare gli abitanti degli altri regni a migrare in questo regno, denominato da quast'ultimi, l'Aperto;  difatti adesso possiamo trovare molti maghi e fate di ogni razza anche più rare, ma soprattutto sciamani e alchimisti, che spesso se non sempre sfruttuano l'ingenuita di queste gentili creature per fare loro dei disonesti affari.        

Un raggio di sole appena liberato dal promontorio, tocca gli acchiappa-sole saldamente allacciati lungo il bordo della finestrella, danzanti schegge di luce vengono proiettate per tutta la stanza, e di conseguenza su ciò, che ormai, considero il mio letto, da circa tre anni.

mi sveglio di colpo, sono in ritardo, di nuovo; mi alzo velocemente e volo di stanza in stanza per prepararmi, perdo poco tempo per mettere il solito gonnellone da lavoro e una camicia bianca con sopra un corpetto grigio ,stringo per bene le fibbie e infilo un paio di stivali da lavoro con i lacci a legarsi fino al ginocchio, lacci di pelle a coprire polsi e mani tranne le dita, e infine il mio cappello di paglia dall'ampia visiera.

Prendo il mio grande borsone con già tutto il necessario e mi avvio verso l'uscita ; non appena davanti la porta, poso lo sguardo su la mia Eka poggiata li vicino, mi fermo a osservarla per pochi secondi, riesumando nuovamente, scomodi ricordi che avrei volentieri rimosso, ma che come imperterriti, continuavano ad infestare la mia mente.

{Eka: [raro,solo membri di famiglie reali di Sylvaeria ne sono in possesso]un lungo e secco bastone ricavato da uno dei migliori legni del regno, con incastonate in cima, pietre magiche di diverse forme e dimensioni, altre legate malamente e numerose scheggiate data l'usura}

Mi risveglio dai miei pensieri e mi avvio di corsa verso il negozio che dovrebbe essere già aperto da tempo, rallento quando vedo Kelea che aspetta davanti la vetrina.

«buongiorno Calime!» sento la sua voce accompagnata dalla sua mano che sventola per aria, mentre io mi avvicino e subito dopo mi occupo di aprire l'officina.

«buongiorno anche a lei Doris» la salutai, voltandomi verso di lei con un largo sorriso e apro la porta, la vidi seguirmi all'interno con il suo solito fare allegro

«scusa se ti ho fatta aspettare, cosa posso fare per te?» la accolsi e mi scusai dirigendomi verso il grande tavolo di legno, ammaccato e pieno di attrezzi da lavoro, presi il grembilue di pelle e iniziai ad allacciarlo dietro la mia schiena, facendo attenzioni alle ali, che nascondevo dentro la camicia;
un sospiro fece spostare la mia attenzione verso Kelea.
Kelea Doris: la conoscevo da un bel po', è una dolce ragazza che segue le orme da pirata del padre, ama il mare e qualsiasi cosa lo riguarda, con scombinati capelli castani chiari che le si poggiavano sulle piccole spalle scoperte, il suo vestiario non era tra i più particolari, una semplice maglia bianca e attillati pantaloni di pelle, ma tra i numerosi accessori da pirata, il grande borsone con il teschio incastonato sopra non era la cosa che dava più all'occhio, armi da pirata sempre a vista e la civetta bianca che le stava continuamente poggiata sulla spalla come un fedele soldato non erano da meno, di certo, dava il suo effetto. Facemmo conoscenza grazie a brevi scambi di parole e  al suo carattere esuberante e sempre emozionato da una nuova imminente avventura, un raggio di sole anche quando piove, non mi dispiaceva.

«quante volte dovrò ancora dirti di chiamarmi per nome ?» mi rimproverò Kelea simpaticamente, incrociando le braccia e fingendosi offesa.

«ormai sono una tua cliente abituale, non servono certe formalità» continuò slacciando la spada dal suo cinturone avvicinandosi al grande tavolo.

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