mediocrità

63 12 3
                                    

Forse ne sono così terrorizzata perché in fondo so di esserlo, ma l'essere mediocre mi ha sempre pressato contro un muro

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.


Forse ne sono così terrorizzata perché in fondo so di esserlo, ma l'essere mediocre mi ha sempre pressato contro un muro. Una brutta puttana, la mediocrità, e per un essere così pretenzioso e ambiguo come me non può non premermi le tempie fino a farmi scoppiare le cervella. Mi fa una carezza, quella speranza che io possa essere una persona di successo, e subito mi schiaffeggia, ché devo pur aprire gli occhi e distinguere la realtà dai miei sogni bellici, su!

La guancia prima paonazza adesso prende colore, vuoi per lo scontro improvviso, vuoi per la vergogna; mi pizzica, è un dolore con cui una parte di me ha imparato a convivere – quella più arrendevole, quella patetica, la feccia che non conosce di vittorie perché ormai ha rinunciato al poter gareggiare con chi di competente.

Non mi piacciono i forse tanto quanto non lo faccia l'idea di sperare in un'incertezza, ché le possibilità di poter finire sulle coste della Sardegna sono tante quanto quelle di poter esser rilegata alle fogne newyorkesi e, quando la posta in gioco è così rischiosa, solitamente cerco di analizzare se sarebbe meglio foldare o puntare. Come vada a finire non lo so mica dire, non so giocare a poker.

Nonostante ciò, non riesco a smettere di sperare che forse un giorno riuscirò a essere soddisfatta di ciò che sono, di quanta conoscenza abbia della vita, di quanto sia capace di discutere con chi non si meriterebbe nemmeno un fiato dei miei polmoni, un filamento dei miei pensieri, un'ombra della mia oscurità; forse un giorno potrò ritenermi sicura del mio sapermi destreggiare nella scrittura, di come possa formulare i miei pensieri, della profondità di quest'ultimi.

Probabilmente, però – e lo dico perché so quanta influenza abbia su di me la stupida pappamolle che vive dentro i miei sensi e il mio animo scroccando ogni briciolo di vitalità, prosciugando la mia ambrosia per lasciarmi con le bottiglie di vino comprate a due euro e cinquanta alla Conad (una pestilenza divina, per la miseria!) – continuerò il mio tocca-e-fuggi del massimo, una combinazione tra il voler fare di meglio e il terrorizzarmi quando sono sul punto di riuscirci.

La corsa per la gloria e per il successo porterà qualcosa di proficuo in me, o mi lascerà stremata sul ciglio della strada con un asma disgraziato e con i legamenti delle ginocchia consunti, con una brutta maglietta che sarebbe potuta essere d'haute couture, ma che invece è solo il manufatto di un povero disgraziato che non supera il metro e venti e i dieci euro in banca? Riuscirò a poter buttare giù due parole, due proposizioni, due paragrafi, due o duecento capitoli, per poi osservare i miei lineamenti allo specchio e sostenere quello sguardo stralunato? Riuscirò a poter riprendere in mano la mia passione per la scrittura ed esser certamente veritiera con i personaggi della mia mente? Ce la farai mai, mia persona? Ce la farai mai?

Spero di sì. E di nuovo mi affido alla speranza quando la ripudio senza pudore. E di nuovo ripudio me stessa, e ancora ripudio chi ripudia se stesso. È il circolo dell'ipocrisia! L'insulto alla ragione umana, cazzo!

ABRACADABRADove le storie prendono vita. Scoprilo ora