L'incantesimo

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Parte 1

Una giovane donna, bruna, dagli occhi verdi come il suo lungo abito di velluto, sferzava l'aria con la sua bacchetta magica mentre, con voce roca, pronunciava un incantesimo.
La vittima era un baldanzoso messere, in cotta di maglia e mantello bianco, un cavaliere dai capelli biondissimi e gli occhi azzurri.
"Ti credi uno stallone, il galletto del pollaio... Poiché hai tradito il mio cuore, ti renderò pan per focaccia. Ti trasformerò in ciò che sei!"
Plop!
Il ragazzo osservò la sua immagine riflessa nello stagno: era stato trasformato in una strana creatura: aveva il viso, le zampe anteriori con artigli affilati e sulla schiena, le ali di un'aquila, il resto del corpo e le due zampe posteriori, munite di zoccoli, appartenevano ad un cavallo. Il suo piumaggio era candido.
"Mi fai un po' pietà..." aggiunse la dolce donzella "Ti lascerò il dono della favella, quantunque la tua lingua sia sempre stata tagliente. Voglio vedere come te la caverai, adesso, con il tuo sarcasmo."
"Strega!" esclamò lui, con voce da gallina.
La giovane scoppiò in una lunga, risata argentina, poi lo fissò negli occhi:
"Ero davvero innamorata di te, ma tu mi hai tradita..." sospirò "Sarò brava, ti do l'opportunità di poter tornare ad essere umano."
L'ippogrifo ristette immobile pendendo dalle labbra di lei.
"Sulle pendici del monte, là dove il sole tramonta, si trova il castello nero, soprannominato così per le pietre antiche di cui è costituito, annerite dal tempo e dalle intemperie... Là ci vive una vedova, dovrai rubarle la sua spilla: è magica; è l'oggetto che ti riporterà ad essere un uomo, spero più maturo di adesso... Dovrai pungerti con esso."
La strana creatura dai cui occhi stillavano ora, lacrime, gracchiò:              "Grazie."
Spiccò il volo verso ovest.
La ragazza lo guardò compiaciuta, dopo aver assistito a quell'atto di umiltà.
"Prima non avrebbe mai abbassato la cresta." pensò, mentre la sagoma dell'uccello che, dopo essere diventato un puntino, era del tutto scomparso dalla vista.

Parte 2

Il coraggioso cavaliere s'inoltrava tra le nubi quando intravide, da lontano, stagliarsi il vecchio maniero.
Udì, fare eco nella valle, degli ululati, ma quando si avvicinò volando nei pressi dell'antica dimora, si rese conto che si trattava di gemiti, erano i lamenti di una donna.
"Aaaahiii, aaahiiii, ce dulori ca mi sentu 'ntra lu cori! Aaaahhhh!"
"È la vedova!" pensò e si avvicinò ad una torre e fluttuando davanti ad una feritoia, sbirciò all'interno.
Una  vecchia dama vestita di nero, piangeva sconsolatamente, agitando nell'aire, il suo fazzoletto bianco; mentre si dondolava in avanti e indietro, il sole battè su di un oggetto che pendeva dal petto della donna, il riflesso dei raggi colpì l'occhio del grifo.
La creatura capì che si trattava di un cimelio funerario, era una medaglia che probabilmente racchiudeva una ciocca di capelli del caro marito estinto, ed era attaccato alla stoffa tramite una spilla d'oro.
"Devo impossessarmene!" pensò il giovane "Ma come?" si chiese, mentre si appollaiava sul tetto della colombaia.
Aspettò la notte per poter entrare di soppiatto, nella corte del castello, salì lungo una scalinata e raggiunse la camera della vedova che, nascosta tra i drappi del baldacchino, russava rumorosamente.
L'ippogrifo si avvicinò al vestito che era disteso su una sedia, ma con quelle corte zampine anteriori non riusciva ad afferrare bene il tessuto, pareva  però che la spilla  non ci fosse, allora con il becco sollevò un lembo della tendina per guardare all'interno del talamo.
La vedova aveva appuntato la spilla alla sua camicia da notte.
"Maledizione!" imprecò sottovoce.
Allungò il collo e cercò di usare il becco per strappare la spilla ma beccò la donna.
"Ahia!" urlò lei.
L'ippogrifo ritirò la testa lasciando che le tende tornassero a richiudersi.
"Uuuuhh... Uuuhhh!" tentò di imitare i lamenti di un fantasma.
"Chi è là?" esclamò spaventata, la donna.
"Sono tuuoo maaritoo!"
"Tristano, cosa è successo alla tua voce?"
"Freeeddooo, fa tanto freeeddooo dove mi trovo... Mi sono raffreddato, ho la raucedineeee."
"Sei venuto per portarmi con te... nell'aldilà?" chiese sgomenta.
"No, voglio solo che tu metta la tua spilla vicino al cero, da lì ti proteggerò ugualmente, ma starò al calduccio della fiamma della candelaaaa. Poi, torna a dormire tranquiiiillaaaa."
L'anziana signora obbedì.
L'ippogrifo si avvicinò al tavolo, cercando di fare meno rumore possibile, poi artigliò il cimelio d'oro e si punse con esso.
La trasformazione fu rapida, il giovane spense la candela, la stanza rimase al buio e lui sgattaiolò dalla porta, solo quando il trombone della signora ricominciò il concerto.
Fuggì, fuggì lontano, sempre più ad ovest, desideroso di affrontare nuove avventure... amorose...

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