17 febbraio 2008

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     Perchè ci metteva così tanto ? Diamine. Non aveva tutta la giornata. Anche l'innocuo rumore della persiana che sbatteva stava diventando irritante. Ora più che mai Jonas Mayer aveva bisogno di una sigaretta.

     Attendere, non era e non è e probabilmente mai sarà uno dei suoi punti di forza. Poteva sopportare ogni cosa, tranne il dover attendere qualcosa di importante.

     Aveva lo sguardo basso in un punto non definito. Lo alzava di tanto in tanto per guardare l'orologio appeso al muro. Solo la terza volta però si accorse con stupore (e parecchia rabbia) che le lancette non si muovevano.

     Più aspettava, più il suo cervello richiedeva nicotina. Per distrarsi iniziò ad esaminare la stanza: era piccola e molto sporca, le uniche fonti di luce oltre la lampadina appesa al soffitto che ogni tanto minacciava di spengersi erano le tre finestrelle oscurate da vecchie persiane (troppo rumorose secondo Jonas). L'arredamento era composto da quattro sedie imbottite, bhe, per la verità era composto da tre sedie imbottite e mezzo dato che una ormai è sprovvista di imbottitura.

     A rovinare quel silenzio, che di sicuro avrebbe fatto impazzire Jonas, fù il rumore della serratura della porta che veniva sbloccata, e come se un qualcosa lo avesse svegliato di colpo, lo sguardo di Jonas si punta fisso sulla porta in attesa che qualcuno esca e gli dica cosa succederà.

     Percyval J. Roberts. Avvocato (mhm) sulla quarantina (trentasette anni per la precisione) sposato e con due figli. Tutti, fermandosi a queste informazioni avrebbero giudicato la vita di Percyval perfettamente normale, o almeno non brutta. Tutti eccetto Percyval e Jonas che non vedeva niente di bello nel rimanere per tutta la vita con la solita persona, per di più con due bambini, gia, a Jonas non piacevano i bambini. Quelli che lo conoscono sostengono che questo astio per i bambini sia presente fin da quando lui stesso era un bambino. Anche Percyval iniziò a pensarla come Jonas dopo un po' e nonostante lo negasse avrebbe dato di tutto in cambio della possibilità di andarsene.

    -Allora Percy? Quanto mi danno?- chiese Jonas che a stento tratteneva l'ansia.

     -Ho ottenuto un patteggiamento- rispose (in un certo senso senza rispondere) Percyval fiero di questa sua piccola vittoria -Niente prigione, solo cento giorni di servizi sociali-.

     -Sociali? Dovrò aiutare delle..... persone?- domando ancora Jonas con un tono di disgusto verso l'ultima parte della sua domanda.

     -Preferivi la prigione?- risponde (ancora una volta senza rispondere) l'avvocato ormai abituato al leggero misantropismo del suo cliente.

     Jonas sospira, sollevato e scocciato allo stesso tempo, prima di lasciare quella piccola stanza (o piccolo inferno) per fumare finalmente la sua tanto attesa sigaretta.

     Servizi sociali.... l'idea di dover aiutare qualcuno lo disgustava. Tanto.

     -St.Joanna hospital- proruppe Percyval che nel frattempo aveva raggiunto il suo cliente.

    -Eh?-

    -È un'ospedale psichiatrico-

    -Ah- fù tutto quello che Jonas riusci a dire nonostante non gli fosse ancora chiara la situazione.

    -Puoi iniziare lunedi, ti diranno là quello che devi fare.-

    Gli ci vollero circa sei minuti prima di realizzare quello che il suo infelice avvocato gli stava dicendo e, quando realizzò,  non fù felice.

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