Mi sveglio a fatica e realizzo che sarà la solita giornata di merda.
È solo il secondo mese di scuola e tutto va male: il rapporto con i professori e con i compagni, oltre al fatto che non riesco a prendere una fottuta sufficienza.
Con le cuffiette nelle orecchie che pompano When We All Fall Asleep, Where Do We Go?, mi dirigo verso scuola, che è poco lontana dal mio piccolo appartamento. Di fronte a quell'edificio, quasi sono spaventata pensando a tutta la merda che dovrò subire per l'ennesimo giorno.
Mi guardo attorno, vedo le solite facce scialbe e simili. È per questo che odio questo ambiente. Sono tutti uguali. Come posso andare d'accordo con qualcuno di così piatto? Io non sono come loro, me lo sento.
Me ne vado, voglio andarmene da tutta questa monotonia. Non posso fare molto, in realtà. Ma forse staccare anche per una mattina mi farà bene.
Inizio a camminare con passo spedito e la testa bassa. Non mi importa il luogo in cui vado, basta solo che sia lontano da qua.
Vado nella fermata della metro più vicina. È orario di punta e la gente che esce ed entra dalla metro non si riesce a distinguere. Mi confondo tra la folla, faccio il biglietto, convincendomi che sarei scesa nella stazione più lontana.
Scendo le scale velocemente e mi posiziono più vicino possibile alla linea gialla. La metro passerà fra sette minuti. Cazzo, non voglio aspettare così tanto.
Minuti che sembrano interminabili, mentre la banchina si riempie di persone e l'ansia di essere vista da qualcuno sale. Dopo ben due canzoni di Billie, passa la metro vecchia. Ovvio, la metro vecchia. Quella stridente e puzzolente. Vaffanculo.
L'unica mia fortuna della giornata è essere entrata nel vagone meno pieno, trovando pure un posto a sedere. Appena entro inizio subito a sentire il peso di uno sguardo che mi scruta. All'inizio non capisco subito di chi sia, ma dopo qualche minuto noto che un ragazzo seduto nei posti di fronte a me mi guarda attentamente.
Sono sincera, odio essere guardata. E questa non è un'eccezione.
Con la coda dell'occhio noto il suo aspetto. La prima cosa che adocchio è il modo in cui è vestito. Ammetto che ho visto pochi ragazzi con uno stile così particolare. La sua felpa verde cade perfettamente sui jeans baggy che coprono la parte superiore delle sue Jordan. I suoi capelli castani coprono le AirPods. Chissà cosa si sta ascoltando. I suoi occhi sottili ma profondi sono come un macigno fissati su di me.
Voglio dirgli qualcosa, ma è completamente inutile. Non voglio discutere con un'altra persona e preferisco rimanere da sola con la mia musica. E pian piano quasi non ci faccio più caso.
Dopo aver ascoltato qualche canzone della mia playlist chill, vedo che il ragazzo si alza, ovviamente con lo sguardo sempre fisso su di me. Si avvicina e penso che sicuramente vuole approcciare come di solito fanno i coglioni. Mi porge un foglio a quadretti stropicciato. Sono un po' perplessa, ma prendo coraggio e lo afferro scocciata, immaginando che ci sia scritto qualcosa di molesto o di poco gusto. Lo apro. A causa delle pieghe inizialmente mi è difficile capire di cosa si tratti. Osservo meglio: è un mio ritratto. È semplice ma efficacie e, lo ammetto, mi assomiglia molto. Sorrido sotto i baffi e alzo il viso per ringraziarlo.
Non lo trovo.
Mi giro verso la finestra opaca. Lo riconosco tra la folla.

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your traits || davide vavalà
JugendliteraturL'ha già visto da qualche parte. I suoi occhi si erano già posati su di lei e i loro sguardi si erano già incrociati. Ma il problema è... dove? Proprio non si ricorda. Si sforza, ma niente. Lui si avvicina e finalmente lei riesce a guardare per bene...