Era ora.

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Quelle mura erano fredde, gelide, puzzavano di tristezza e di muffa. Sotto i suoi piedi vi era terra mischiata da escrementi e paglia. Non gli piaceva molto quel posto, lì ci era entrato sì e no quattro volte da quando era in quel castello. Fece qualche passo in avanti, attirando immediatamente l'attenzione della donna. Ella si alzò di scatto dal suo letto fatto di paglia e lenzuola stracciate, la vestaglia che indossava era lercia e i suoi capelli erano tirati all'indietro da un semplice elastico, mettendo in evidenza la sua fronte un po' rugosa e poco pulita. Circondò con le sue dita sporche le sbarre d'acciaio e guardò suo figlio con insistenza, risultando più inquietante del dovuto.

«Figlio mio! Cosa ci fai qui? Sei venuto per me?» Parlò a voce bassa e gracchiante, risultando difficile fare una cosa così banale come parlare.

Harry scosse piano la testa e strinse le braccia, portando il suo sguardo negli occhi di sua madre. Era strana, cupa, sembrava priva di forze, e forse lo era sul serio.

«Non sono qui per te.» Gli rispose semplicemente. La donna sembrò sbuffare appena e tolse le mani dalle sbarre, scivolando così verso il suolo per sedersi di nuovo.

«Allora che sei venuto a fare?» Disse grattandosi la testa. Harry fece una smorfia, probabilmente quello non era un semplice prurito.

«Ho bisogno di parlarti, voglio la tua massima attenzione e non dovrai dirmi alcuna bugia.» Parlò autoritario il ragazzo, scatenando in sua madre una sottile risata isterica.

«Altrimenti?» Rise lei, irritando maggiormente suo figlio.

«Altrimenti Alexander ti taglierà un dito tutte le volte che mi disobbedirai.» Disse indicando la guardia alle sue spalle, facendogli notare la cesoia arrugginita che reggeva tra le mani.

Anne quell'attrezzo lo conosceva eccome, lo aveva usato per torturare tanta gente in passato, ecco perché gli rispose.
«Cosa vuoi sapere?» Si abbandonò immediatamente la donna, sentendosi profondamente scoraggiata.

«Voglio delle risposte dirette a ciò che sto per chiederti, non girarci attorno e non prendermi per il culo. Non mi costerà nulla lasciare qui Alexander a tagliarti un dito mentre io andrò a gustarmi un thè caldo nel mio salotto. Intesi?»

Anne rimase sbalordita, suo figlio possedeva davvero la potenza e l'autorità di suo padre. Era una cosa di cui esserne fiera o averne paura?
«Ripeto.. cosa vuoi sapere?»

«Victor. È un bambino di soli quattro anni e ieri mattina quando ha messo i piedi giù dal letto si e ritrovato nel corpo di un uomo di quasi trent'anni. Ha la barba, la sua voce è diversa, il suo corpo è sviluppato a tutti gli effetti e sono sicuro che ci sia il tuo zampino.»

La donna spalancò gli occhi. «Il bambino è diventato un uomo? Lui com'è?» Chiese di fretta, ed Harry corrucciò la fronte, notando immediatamente l'interesse di sua madre.

«Cosa sai del bambino? Parla.» Si avvicinò a lei, quasi arrabbiato. Voleva che parlasse e anche subito. Aveva passato tutta la giornata a pensare sul da farsi, a dove mettere le mani e come muoversi per risistemare quella situazione. Era stato così preso a pensare a Louis che non si era reso conto di star allontanando la mente dalla realtà e che probabilmente stava accadendo qualcosa, ed era sicuro non si trattasse di qualcosa di bello.

Anne rise, rise a crepapelle, si sbellicò dalle risate difronte a suo figlio e alla guardia. Harry alzò un sopracciglio e strinse le braccia, innervosito da quella reazione sfacciata di sua madre. Solo dopo minuti che parvero ore si ricompose e strisciò come un verme verso l'entrata della sua cella, toccò la serratura e con l'indice premette sull'apertura.
«Forse dovremmo barattare. La libertà in cambio della verità. O no?» Mostrò il suo più viscido sorriso ai presenti, scatenando però in Harry solo ulteriore fastidio.

Colpa delle fiabe;『l.s』Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora