Guerra fra me stessa

145 5 3
                                    

<cosa?!!!!!>
E mia madre nel giro di un secondo svenne. Come un sacco di patate giaceva per terra. Quando si riprese dilagò un silenzio di tomba nel salone.
<puoi ripetere?> disse mamma
<forse sei sorda?> risposi
<non capisco davvero, mi deludi>
<lo so non dirlo a me>
<amore ti voglio bene risolveremo tutto, ma ora vai a dormire ho bisogno di riflettere>

Andai in camera mia.
Da un lato mi sentivo sollevata e non poco, ma dall'altro stavo come una merda. Ero disperata per il dolore causato a mia madre. Mamma ti amo e non avrei mai voluto deluderti così. Scusate lo sfogo. Comunque quella notte restai sveglia tutto il tempo a pensare anche io sul futuro.
Mi accessi una canna e mi calmai.
"Anna pensa" mi ripetevo.
Non lo posso tenere, sarebbe un casino devo andare a scuola.
Non lo posso tenere, i genitori di Naik lo ammazzano.
Non lo posso tenere ho solo 15 anni sono una bambina.
Non lo posso tenere, che vita gli darei adesso.
Come faccio, voglio vivere ancora. Avevo bruciato le tappe ed ora mi trovavo a dover fare i conti con le mie bravate.
Dentro di me si scatenò una specie di odio verso Naik che nemmeno io sapevo spiegare. D'altronde non era solo colpa sua, anche mia!
Lo odiavo semplicemente per il fatto che lui ora non lo sapeva.
Quella notte fu orribile. Non sapevo che fare, avevo paura.
Il giorno dopo mia madre mi parlò a lungo, le sgridate e i pianti non mancarono.
Ripeteva però ogni minuto che mi voleva bene, e questo mi tranquillizzava.
Alla fine mia mamma mi spiegò che mi avrebbe appoggiata qualsiasi decisione avrei preso.
Mi costrinse ad andare ancora a scuola, diceva che se stavo a casa mi deprimevo tutto il giorno. Aveva ragione.
Resistetti due settimane. Era Dicembre, ero alla pallosissima lezione di anatomia. Mi alzai e me ne andai letteralmente. Tornai a casa e dissi a mia mamma:
<io non posso mamma. Toglietemelo> dissi proprio così!
Esattamente non ricordo cosa pensai in quel momento, ero fumata.
Andammo dalla ginecologa e mi parlò per tanto..
Mi sentivo male, mi sentivo smarrita e sopratutto sola. Avevo bisogno di Naik, ma lui non c'era.
Ogni giorno tentavo di dirglielo, ma non immaginavo la sua reazione onestamente.
Ero proprio una stupida.
E poi, Naik è un ragazzo di chiesa anche se scopa. E l'aborto non l'avrebbe mai considerato.
Forse devo ammetterlo sono stata molto influenzata da ciò che la gente avrebbe potuto pensare di me...

A Gennaio fui operata, e fu uno dei giorno più brutti della mia vita.
Non andai più a lezione. E così fui costretta dalla scuola e dai miei genitori ad andare da uno psichiatra.
Ero assolutamente contraria, ma la scuola aveva bisogno il certificato di uno psichiatra in cui attestava che la sottoscritta per un motivo più che valido poteva assentarsi dalla scuola e riprendere l'anno successivo.
Ci andai, era una casa tutta bianca, solo da fuori sembrava proprio un posto strano, un po' per schizzati. Io di certo non sono mai stata nella -norma-.

Mi ricevette un lunedì mattina, ero vestita completamente di nero, e la mia faccia in quel periodo era sempre molto spenta. Davo l'impressione di una ragazza che si sarebbe suicidata, una di quelle che noti a un miglio di distanza che odia la vita. Era un impressione più che giusta.
Entrai nello studio, quattro poltrone, grandi finestroni luminosi, disegni e giochi sparsi, scrivania e libreria.
- Ecco un altro fottuto che si vuole fare i cazzi miei- lo pensai ma non dissi nulla.

Mi salutò, con un sorriso quasi compatito, già mi stava sul cazzo.

<Salve, e così tu sei Anna>
< e chi dovrei essere?>
< come stai?> ridendo me lo disse.
<mai stata meglio grazie>
<e allora che ci fai qui?> mi chiese
< non lo so, voi ammasso di stronzi mi avete obbligato, io non ho niente a che fare con lei > ero molto aggressiva.

Lui non mi rispose, ma continuò a sorridere. Avevo costantemente l'impressione che lo stronzo mi sfidasse, ma io stavo davvero troppo male per i suoi giochetti.
<tu ora farai per me due disegni>
<okay, cosa devo fare?>
<nel primo è un disegno libero, nel secondo disegnami un animale>

Nel primo disegnai uno Stregatto con un occhio solo.
Nel secondo foglio disegnai una gallina con un pulcino.

La sua analisi :

< Nel primo disegno si nota che hai disegnato un sorrisone molto arrogante, ma che però lascia molto da pensare. È come se tu ti nascondessi dietro a quest'arroganza che usi.
Il secondo invece hai disegnato una chioccia e il suo pulcino. La gallina è proprio un animale che non ha bisogno del gallo per far crescere i suoi pulcini. Tu non hai disegnato un gallo, e questo significa che non lo necessiti, non lo vedi utile, perché non hai mai avuto un padre>
Ecco la sua -sentenza-

In seguito facemmo tanta terapia. Mi aiutò davvero a riflettere sulla mia vita, mi fece capire quanto io fossi incasinata con me stessa. Dovevo prendere aria, staccare da tutto e lavorare a fondo sul mio carattere, sul mio -essere-

Il primo Febbraio 2014 andai dal mio analista e gli dissi:

< vorrei andare in Africa>
<va bene, ma sappi che i problemi non vanno via, ci sono sempre, quindi lavora su te stessa>
Parlai a lungo con mia mamma.
Era d'accordo, così avrei visto il mio patrigno Momo che era andato in Africa per 4 mesi e forse avrei incontrato anche il mio -vero- padre.
Mancavano 23 giorni alla partenza. Ero agitata, avevo fretta di dimenticare questa vita orribile, dovevo dimenticare Naik, dovevo dimenticare il mio aborto.
Stavo male e allo stesso tempo sentivo dentro di me che avevo voglia di stare di nuovo serena!

Fu difficilissimo dire arrivederci alla mia nonnina, con lei sono molto molto legata. Fu difficile per mia mamma, per Sonia, e per la cerchia stretta di amici a cui dissi che partivo. Il motivo era :
<vado in vacanza> oppure <la scuola mi ha rotto vado in Africa a fare volontariato per un po' >
Queste erano le scuse per le pochissime persone di cui mi fidavo, per il resto lasciai con grande sorpresa scoprirlo grazie al mio profilo Facebook.
A Naik invece dissi <ciao me ne vado in Africa.>
Lui non chiese nulla, non mi chiese davvero mai il perché.

Sapevo di piacergli ancora, ma dovevo sparire davvero.

Il giorno X arrivò, era il 24 Febbraio, ero emozionata, troppo!
Non riuscivo a respirare ed avevo iniziato a guardare tutte le persone, gli oggetti della mia casa, ogni cosa come se fosse l'ultima, le salutavo.
Io, mia mamma e mia nonna ci dirigemmo a Malpensa, da li sarei partita. Partivo la mattina, facevo uno scalo di 5 ore a Casablanca in Marocco e poi prendevo un altro volo per Dakar, finalmente in Senegal.
All'aeroporto iniziò la vera ansia. Con la scusa del bagno, uscì di fuori e fumai uno spinello nel parcheggio, piegata e stando attenta di non farmi beccare dalla polizia.
Tornai ed ero rilassata, mia mamma si accorse che avevo fumato e diventò furiosa.
Mia nonna non sospettava nulla invece, se ne stava assorta dalla sua malinconia.
Quando per il check-in toccò a me, mia mamma mi accompagnò mentre la nonna aspettava al bar.
Mi disse :
<senti, vedi di non farmi chiamare dalla polizia africana perché hai fumato. Devi smetterla, io faccio un grande sacrificio per te, voglio che la mia bambina stia bene, ma tu per favore smettila di rovinarti, già fumi sigarette. È sufficiente>

<va bene mamma scusa>

Era ora, era la mia ora. Finalmente sentivo l'adrenalina in corpo. Per la prima volta viaggiavo da sola, e non era un viaggio qualsiasi, andavo in Africa dopo 4 lunghissimi anni.
Il biglietto era sola andata e questo mi piaceva parecchio, a differenza dei miei amici.
Quando mancavano 5 minuti realizzai che dovevo dire addio alla mia famiglia, mi sarebbero mancate troppo, come avrei fatto?
Erano mesi non giorni. Magari anni, magari non le avrei più viste.
Mi facevo delle paranoie davverl inutili.
Con un forte abbraccio le salutai, me ne andai piangendo a dirotto. Già sentivo la distanza e non mi piaceva più.

La distanza a volte può far male, ma ci sono periodi o situazioni in cui può aiutare. Dovevo rimediare agli errori commessi, dovevo maturare, dovevo crescere.
Lavorare nell orfanotrofio era perfetto, un buon lavoro!

Bene ora ero davvero pronta, aspettavo che chiamassero il mio volo e poi finalmente solcavo i cieli verso la mia terra, verso la felicità.
Sopratutto avevo bisogno di equilibrio, e per una ragazza fragile ma forte come me era ed è importante.

Sono diversaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora