Era ottobre. Le ragazze cominciavano a fare la muta, mettendo via le penne per poi riscoprirsi imbacuccate fin dentro le ossa, rivestite di pile e lana, che del loro viso si scorgeva solamente il naso arrossato e qualcosa degli occhi, il sorriso mai più. E poi si prendevano in giro a vicenda - tu hai la sciarpa fino agli occhi, pensa! E tu hai messo le calze in lana, e non è nemmeno metà mese! - finché, a ridere, non faceva male la pancia, anche quando da ridere c'era poco. Poi, quando a fine mese qualcuna s'innamorava e finiva a farlo nel primo angolo buio disponibile, le altre non ridevano più: la guardavano con invidia e con malcelata ammirazione, perché ci voleva un coraggio superiore a quello dei Grifondoro per appartarsi in un'aula vuota o in un bagno, alla sera, sfidando il rischio d'incontrare professori o Caposcuola. E, se qualcuna ci rimaneva, erano cazzi suoi.
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