La sala era bellissima. Ornate di pregiata carta da parati le pareti, dove fiori di ogni luogo, farfalle e arabeschi giocavano tra loro restando immobili ed eterni. Mura dagli armonici colori circondavano la musica del pianoforte, del violino e del violoncello. L'aria era umida e grave di gocce di sudore, odor di violette e zagare che fra tutti spiccavano per il loro effluvio; l'una dalle calde terre meridionali ricorda la Sicilia e il canto delle pastorelle, l'altra da Parma, un tocco di Italia settentrionale su damigelle di ogni Stato. In alto, sfavillanti luccichii di cristallo che come caleidoscopi riverberano luce mutevole in scintillii d'arcobaleno, tenuti sospesi da braccia forti di ferro e d'ottone trattati con artigianale maestria. E sotto questi metallici sguardi severi danzavano le coppie. Abiti che si snodavano come nuvole, che volteggiavano come colombe bianche che parevano perle australiane immacolate, lucenti ali di corvo nere come onice d'Egitto. Alcuni sembravano zaffi