C'era una volta una bambina che invece di colorare con i pastelli scriveva storielle su pezzi di carta e raccontava un sacco di bugie per tenersi allenata. Sognava da grande che quelle storielle su fogli diventassero dei libri, come quelli con cui giocava a libraia nella grande biblioteca di casa. E scriveva, scriveva, scriveva ma nessuno la leggeva, eccetto i suoi due gatti e la maestra con la penna rossa. E scriveva, scriveva, scriveva e quel dono glielo aveva di certo trasmesso sua madre che era una grande pensatrice. Poi, un bel giorno, diventò grande e scrisse una storia d'amore tra un pianista e una ragazza che incantò tanti cuori. Ma il destino aveva qualcosa di più grande in serbo per lei: che la casa editrice più grande che ci sia pubblicasse di Nina la storia e della sua Ipocondria . Poi la vita burlona sterzò, e in un battibalenò passò. Poi accadde un fatto curioso: che iniziasse a scrivere per  uno sposo che alla sua donna la loro storia in libro voleva donare. E così iniziò a imbucarsi ai matrimoni, e si imbucava e applaudiva e intervistava amici e parenti di sposi e poi ne faceva romanzi d'amore. Il bianco non le donava affatto, il matrimonio per lei era come un misfatto, ma ne scriveva e ne scriveva e poi da tutti i matrimoni in cui si era imbucata una storia bizzarra ne nasceva. Ed eccola qua, ve la voglio donare: senza di voi non potevo più stare. Voi cuori, e voi occhi di lettori, che siete il tormento e l'infinito diletto di chi della vita non butta neanche un momento.