Non mi interessano le maschere né le frasi addomesticate che svaniscono in fretta. Scrivere è stato il mio modo di sopravvivere quando il silenzio ardeva più delle ferite, quando trattenere dentro significava affondare nei fondali di me stesso. Ogni parola diventava respiro, ogni riga un'ancora gettata nel buio, una lotta continua per restare a galla.
Oggi scrivo per dare voce a ciò che gli altri preferiscono soffocare: disperazione, sogni fragili, la bellezza feroce che esplode dalle crepe. Le mie storie non cercano consolazione né equilibrio: graffiano, sanguinano e lasciano cicatrici che si imprimono nella pelle di chi legge.
In fondo, ogni racconto è un frammento di carne esposta, vivo e pulsante tra le mani del lettore. Nessun velo, nessuna carezza: solo la voce del dolore, della rabbia e della speranza che insiste per esistere. È aspra, ma autentica.