Comet✨

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Oikawa Tooru amava il Natale, era la sua festività preferita, la ricorrenza che riteneva imparagonabile a qualsiasi altro evento dell'anno era il racconto che sua nonna fremeva dalla voglia di raccontargli. Ogni anno, la sera della Vigilia di Natale, Oikawa si sedeva di fianco alla nonna, sprofondava sul grande cuscino del divano, faceva aderire la sua spalla a quella dell'anziana e si lasciava trasportare dalle parole dolci di quella donna.

Quella sera, di certo non poteva lasciarsi sfuggire quella ricorrenza. Si accomodò sul divano morbido e si girò verso l'anziana signora che si trovava lì già da diversi minuti, forse attendendo proprio lui.

"Buona Vigilia, nonna" il ragazzo, dalla chioma scompigliata color corteccia e occhi dalle sfumature simili alla frutta secca tipica di quella festività, si sporse e diede un delicato bacio sulla tempia dell'anziana signora, che sembrò rendersi conto di essere in compagnia solo in quel momento.

La donna sorrise e portò la mano magra al viso morbido del nipote. Si soffermò con il palmo proprio sulla guancia gonfia e con il pollice solleticò lo zigomo di Oikawa, il quale sembrò poggiarsi contro quel palmo caldo.

"Tooru, tesoro mio come sei bello" la voce della donna sembrava fragile, come se si stesse incrinando come un vaso di vetro, ma il sorriso, quello era la decorazione più bella presente in tutta la casa eccessivamente addobbata per l'evento annuale.

Il castano si passò la lingua sulle labbra screpolate e annuì, senza però proferire parola. Non voleva interrompere la nonna che di lì a poco, lui ne era certo, avrebbe cominciato a narrare la sua favola natalizia.

"ti ricordi la storia della stella cometa?"

Eccola lì la ricorrenza che attendeva con ansia ogni anno. Annuì, rimanendo ancora una volta in silenzio, come se la sua voce potesse esser capace di sovrastare quella di sua nonna e quindi impedirle di poter riprendere il racconto interrotto.

Aveva atteso questo giorno per fin troppo tempo, aveva passato un brutto anno, sempre dietro alla squadra e allo studio e si era diplomato con voti eccellenti, solo una cosa non gli era riuscita, portare i suoi compagni di squadra ai nazionali. Si era sentito in colpa per diversi giorni per la sconfitta, ma poi era andato avanti, proprio come i suoi amici. Di quell'anno scolastico però ciò di cui si pentiva maggiormente non era la partita persa che gli aveva impedito di accedere ai nazionali, bensì la sua codardia dal rivelare i suoi veri sentimenti nei confronti del suo migliore amico, nonché asso della squadra.

Era rimasto in silenzio tante di quelle volte che aveva perso il conto. Spesso si era ritrovato solo, in compagnia di quel ragazzo dai capelli color cioccolato fondente e occhi verde oliva, ma mai una volta si era fatto uscire quella confessione composta di sole due parole, ti amo. Quei sentimenti erano ancora insiti in lui, non si erano cancellati, tanto meno aveva potuto dimenticarli, erano lì che maceravano insieme a quel ti amo mai detto.

Sentiva quelle due parole, composte da tre semplici sillabe, cercare di risalire lungo la gola per fuoriuscire, ma ormai era troppo tardi, il ragazzo a cui erano destinate, colui con cui avrebbe voluto passare queste vacanze di Natale, in quel preciso momento si trovava alla stazione dei treni, in attesa di quel mezzo che lo avrebbe condotto lontano da lui per sempre.

Iwaizumi Hajime era il suo migliore amico sin dall'età di sei anni. Si erano conosciuti grazie alle madri colleghe di ufficio e, da quando aveva memoria, quel ragazzo era sempre stato al suo fianco.

Aveva scoperto di provare qualcosa per quel suo amico all'età di tredici anni quando, in una partita importante, aveva urlato il suo nome a pieni polmoni per chiedere una sua alzata perfetta. Sentir urlare Hajime gli aveva fatto aprire gli occhi.

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