-Capitolo 14-

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Salii in camera mia senza dire una parola. Lasciandola lì, sola, perplessa e con il volto ancora bagnato dalle sue lacrime. Lacrime di cui non capivo la causa.

Non mi era fatto molto male. Era un semplice taglio. Non poteva essere quello il motivo. Doveva essere successo qualcosa.

Mi resi conto che aveva bisogno di una sola cosa: protezione. Aveva solo bisogno di sentirsi protetta. Un brivido percorse la mia schiena. E proprio in quel momento bussò alla mia porta.

"Cam?" disse semplicemente. Mi voltai di scatto. Una goccia rossa cadde sul pavimento. Mi girai in cerca di qualcosa per poter tamponare la ferita. Trovai della garza dal comodino accanto al letto. Sentivo il respiro delicato di Arianne, il suo penetrante sguardo mi trafiggeva la schiena.

"Cameron?" chiese un po' più esitante. La sentii entrare in camera. Anche il suo passo era esitante. Poggiò una mano sulla mia spalla. Assaporai la sensazione della sua pelle calda contro la mia. Mi convinsi del fatto che togliere la camicia e rimettermi la canottiera era stata una buona idea. "Tutto a posto?" mi chiese quasi in un sussurro. Chiusi gli occhi per un secondo. Mi voltai e le sorrisi, la garza ancora premuta contro il taglio.

"Sto bene Ari, non preoccuparti"

Tirò un sospiro, probabilmente di sollievo. Le sue guance presero un po' di colore. Abbasò la testa in imbarazzo. Poi si guardò intorno. Sembrava inquieta. La osservai fino a quando non mi rivolse il suo sguardo da cerbiatta.

"Volevo soltanto dirti che la pasta si raffredda. Se vuoi ti disinfetto la ferita e scendiamo insieme. Sempre se ti va. Altrimenti niente"

Piccola mia, se fossi tu a curarmi fingerei per sempre di star male.

"Se ti va mi puoi aspettare qui. Ti raggiungo subito"

Sorrise e annuì debolmente, sedendosi sul bordo del letto.

Cavolo, quel sorriso sarebbe stato la mia morte prima o poi.

Uscii ed andai in bagno, chiudendo velocemente la porta. Avevo caldo. Eppure ero vestito normalmente. Mi guardai allo specchio. Ero rosso. Il mio pensiero corse subito a lei: Arianna. Dovevo risolvere questa cosa.

Mi disinfettai velocemente la ferita -poco più profonda di un graffietto- e uscii. Chiamai Arianna e insieme scendemmo di sotto. La pasta era ormai immangiabile, ma nessuno dei due aveva molta fame.

"È un peccato, mi era venuta fame soltanto a sentirne l'odore prima" disse Ari con un faccino triste. Mi venne una gran voglia di abbracciarla. Mi trattenni.

"Non preoccuparti, avremo altre possibilità di mangiare insieme" dissi scoppiando a ridere, seguito a ruota dalla sua risata cristallina.

Continuammo a scherzare per un po', lei seduta al tavolo, io in piedi davanti a lei. Ci spostammo in soggiorno per stare un po' più comodi e guardare un po' la tv. Lei si sedette accanto a me e i brividi mi percorsero nuovamente la schiena quando il suo braccio sfiorò la mia gamba. Dovevo parlarle. Dovevo spiegarle esattamente cosa stavo provando per lei.

"Senti Ari, ti devo parlare..." cominciai a dire.

***

Un angelico demoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora