-Capitolo 2-

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Dopo dieci minuti tornò con una maglietta abbastanza scollata e un paio di pantaloncini. All'inizio gli fui grata di questi regali, ma quando capii il motivo per cui me li diede provai una punta di disprezzo: quella maglietta era un po' troppo scollata e i pantaloncini un po' troppo corti. Inoltre erano entrambi leggermente larghi per me, quindi mi sentivo in soggezione.

Dopo avermi dato i vestiti uscì di nuovo. Io mi sedetti sul letto e ripensai a tutto ciò che era successo quel giorno. A quello che mi aveva detto Alex. A quando quel ragazzo che si era avvicinato a me e mi aveva consolato. E io che pensavo che era un ragazzo buono. Dopo un po' mi aveva puntato una pistola e mi aveva trascinata a casa sua. Quel che successe dopo lo sapete.

"Preferisci mangiare con me o da sola?" senti urlare da lontano. Se gli avessi detto che avrei preferito mangiare da sola mi avrebbe torturato dopo. All'improvviso la porta si aprì. " Ti ho fatto una domanda! Rispondi!"

"Stavo pe-per dirti che vo-volevo mangiare co-con te..."

"Brava ragazza, così si fa! Ma perché balbetti? Non avrai mica paura di un ragazzo bello e buono come me, vero?" disse in tono scherzoso.

"N-no... Scusa, non so che mi prende..."

"Non ti preoccupare bellezza, fra poco ti farò passare tutto!" disse in tono malizioso e facendomi l'occhiolino. "Fra cinque minuti scendi sotto che sarà pronta la cena"

"Aspetta, che ore sono?"

"Quasi mezzanotte, abbiamo perso tempo. Dubito che stasera concluderemo qualcosa. Vabbè, sarà per domani. Tanto abbiamo tanto tempo da passare insieme! Facciamo così, scendi con me, così parliamo un po'. Muoviti!" disse tirandomi per il polso.

Scendemmo velocemente giù per le scale. Quelle stesse scale che avevo percorso divincolandomi dalla stretta forte della sua mano. Non sapevo nemmeno come si chiamava. Decisi che non appena avremmo cominciato a mangiare gliel'avrei chiesto. Mi fece sedere su una sedia accanto al tavolo, in cucina. Lui andò verso i fornelli e mescolò qualcosa che si trovava su di una pentola. Mi feci coraggio e mi avvicinai a lui. Quando mi sporsi per sentire l'odorino che usciva dalla pentola, mi guardò con stupore, ma non disse niente.

"Sbaglio o è ragù?"

"No, non sbagli. Questo è ragù di pesce"

"Esiste il ragù di pesce? L'hai fatto tu?"

Lui annuì. "La ricetta è una mia personale rivisitazione... Non mi piace molto mangiare la carne, anche perché non ne avevo. Per questo ho fatto così tardi. Hai molta fame?"

"Un pochino... Posso assaggiare?"

"Sì, certo!" disse, porgendomi il mestolo di legno che aveva in mano. Lo presi e assaggiai un po' del ragù. A quel punto fui io a guardarlo meravigliata. Era squisito. "Allora? Com'è? Manca qualcosa?"

"No, anzi, è perfetto. Ha un sapore a dir poco fantastico ed è il ragù migliore che abbia mai assaggiato."

"Quanti ragù hai assaggiato?" mi chiese in modo sospettoso.

"Ti avverto che stai parlando con una degli chef migliori della città!" dissi vantandomi. Subito dopo scoppiammo tutt'e due a ridere. Era strano ridere con una persona che si conosce appena e che poche ore prima aveva tentato di abusare di te. A quel pensiero mi fermai. Subito dopo si fermò anche lui e mi guardò intensamente. Notai per la prima volta quanto i suoi occhi fossere stranissimi e... bellissimi. Erano verdi, contornati d'azzurro e con delle pagliuzze d'oro. Erano da mozzare il fiato. E anche lui lo era. Alto, capelli nerissimi come la pece, labbra rosse e piene e quegli occhi. Aveva un fisico perfetto, o almeno era questo quello che si vedeva dalla cannottiera attillata che aveva in quel momento. A occhio e croce poteva avere tra i venti e i venticinque anni: poteva benissimo avere la mia età. Eh sì, io avevo ventitré anni.

"Che hai? Sembri pensierosa..."

"Ehm... Sì, s-scusa, stavo pe-pensando ad una co-cosa..."

"Hai paura di me?"

Quella domanda mi prese alla sprovvista.

"Io... No, cosa te lo fa pensare?" dissi, facendo finta di essere più disinvolta di quanto fossi veramente.

"Ho capito, hai paura di me... Dove abiti? Domani ti riporto a casa e..."

"No! A casa non ci torno! Anche perché... Non sarei la benvenuta..."

"Ti va di parlarne?"

Sembrava così sincero che quasi mi venne voglia di raccontargli tutto. Alla fine sospirai. Lui mise della pasta nell'acqua bollente.

"Abbiamo dieci minuti. Ti bastano?"

Annuii debolmente. Chiuse le pentole con due coperchi e mi accompagnò al tavolo. Sembrava così diverso rispetto a qualche ora prima. Sembrava lo stesso bravo ragazzo che mi aveva consolato per strada prima di tirar fuori la pistola e minacciarmi. Scacciai quel pensiero e provai a fidarmi di quel ragazzo così carino che in quel momento sembrava così disposto ad ascoltarmi.

"Allora? Ne vuoi parlare o no?"

Sospirai per la seconda volta.

"Tutto è cominciato..."

Un angelico demoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora