La rabbia

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La rabbia ci porta a fare azioni folli, di cui ci pentiremo dopo poco. La rabbia è quasi sempre causata da qualcuno o qualcosa. La rabbia non è così forte da nascere senza una causa, non ci riesce. La rabbia è un sentimento passeggiero, prima o poi se ne andrà. Bisogna combattere contro la rabbia. La rabbia non può vincere. Spesso pensiamo che lo possa fare, ma non è vero. La rabbia ci fa perdere tempo prezioso di felicità.

Provavo rabbia verso Benton e Aretha, stavano sbagliando, ma non lo capivano e avevo paura per loro, avevo paura che non accettassero il fatto che la morte era a un passo da noi e che quel passo non lo dovevamo compiere noi per primi.

La mattina presto mentre il secondo gruppo era a remare e noi stavamo aspettando la colazione arrivò il capitano e disse con tono particolarmente allegro:" Siamo riusciti a collegarci con una radio, abbiamo parlato della situazione e stanno facendo di tutto pur di rintracciarci!" Dopo quell'affermazione saltai felicissima su Ethan piena di speranza.
La nave si riempì di urla di contentezza!

Tutti i miei pensieri riguardanti la morte se ne andarono improvvisamente e diedero spazio a tutt'altro che tristezza. Iniziai a preparare tutte le valigie; ero sicura che nel giro di pochi giorni sarei arrivata in Spagna e avrei riniziato una nuova vita dimenticando tutto.

E fortunatamente così fu.

Dopo esattamente 7 giorni arrivò una nave che  ci venne a prendere.
Appena entrati ci chiesero nome e cognome.

Il viaggio durò solamente due giorni nei quali non feci altro oltre che dormire e stare con Ethan. Io e lui avevamo preso questo viaggio di salvataggio come  una luna di miele! Che cosa buffa a ripensarci. Invece Aretha e Benton non esistevano per noi, non potevano pretendere di perdonarli visto che durante i sette giorni di attesa della nave di salvataggio avevano continuato a remare come degli autentici idioti! 

Appena arrivati in Spagna i miei occhi si riempirono di lacrime, ma solo una, silenziosa, lacrima scese sul mio viso. Non volevo apparire come la solita ragazza debole, ma per una volta come quella forte. Ognuno appena arrivato fece quello che avrebbe dovuto fare, come se non fosse successo niente questo mi causava un'enorme rabbia; come potevano fingere che non fosse successo nulla se invece tante persone erano rimaste bloccate in una nave con la paura di morire? Come?!? 

Benton e Aretha avevano affittato un appartamento che si trovava nel centro di Madrid. Era molto piccolo. C'era un piccolo bagno, una camera da letto matrimoniale e una invece con due letti cioè per me e Ethan, infine una sala con 4 poltrone, un tavolo e la cucina. Erano stati talmente tirchi che le poltrone fungevano sia da "divano" che da sedie per il tavolo. 

Dopo 5 ore dal nostro arrivò suonò il postino e portò una lettera meravigliosa, a partire dalla busta e dalla chiusura, sembrava destinata a qualche re. L'aspetto sembrava ad indicare che anche il contenuto sarebbe stato piacevole. Benton la aprì e lesse a voce alta: "Da parte dell' Associazione di Salvataggio Spagnola (ASS), gentili signori siete invitati a una riunione speciale a tale indirizzo e a tale ora; è richiesta puntualità britannica, se non vi presenterete saremmo costretti a procedere per vie legali, cordiali saluti ASS." 

Subito dopo aver finito di leggere Benton disse: "Sicuramente sarà qualcosa che riguarda la nave, non allarmiamoci" poi Ethan disse: "Si, ma perché dicono che se non ci presentiamo procederanno per vie legali" e Aretha intervenì dicendo: "A quanto pare è qualcosa di importante." io rimasi in silenziò a ragionare, ma poi la lampadina nella mia testa si accese e io dissi: "Ines! Si, Ines è ovvio, l'abbiamo lasciata là, ci chiederanno perché non ci sia sua madre o cose del genere, ma diremo solo ed esclusivamente la verità, capito?" poi Ethan rispose: "Ma sei un genio!" e subito dopo Aretha e Benton dissero:" Come non ci avevamo potuto pensare!" io risposi con un semplice sorrisetto soddisfatto. Ci cambiammo e io decisi di fregarmene una volta per tutte del giudizio del mondo e di mettere i pantaloni che Ethan mi aveva regalato. Li abbinai con un maglione bianco e dei mocassini in vernice; mi sentivo così tanto a mio agio! 

Appena uscii dalla camera Benton disse: "Ti rendi conto che sei contro le tradizioni! Le donne devono indossare le gonne e gli uomini i pantaloni. Cambiati immediatamente!!!" e io ribattei dicendo: "Nemmeno se mi pagassero, ho il diritto di indossare quello che mi pare e piace e nessuno, e dico nessuno, può obbligarmi a vestirmi in un determinato modo! Chiaro caro Benton?" e lui disse:" Per oggi te li lascio mettere solo perché siamo quasi in ritardo, ma non li userai mai più o non ti considererò mai più mia figlia" e io con tono particolarmente freddo dissi:" Io non sono tua figlia" dopo che quelle parole che  uscirono dalla mia bocca mi pentii tremendamente di quello che avevo detto, ma nascosi il mio pentimento dietro una faccia priva di sentimenti. Benton fece finta di non aver sentito quell'orrenda affermazione e aprì la porta come se non fosse successo nulla e ci avviammo verso il luogo d'incontro. La cosa che mi causava più rabbia era che Aretha provava una sorta di timore nei confronti di Benton e quindi in queste discussioni non si intrometteva. Sicuramente lei crede come me che i vestiti non abbiano genere, ma non lo dice per paura del pericoloso e indomabile Benton.

Tutta la rabbia che provavo in quel momento contro Aretha e Benton svanì improvvisamente quando arrivammo nel grande palazzo, ma fuori c'erano ben cinque macchine della polizia. Io per spezzare quella paura che c'era tra noi quattro dissi:
"Teniamoci al piano e andrà tutto bene"
nessuno rispose, ma presi quel silenzio come un'approvazione.

Appena entrati nel grande edificio c'erano tanti agenti di polizia ad aspettarci e alcuni che erano con noi nella nave seduti su delle sedie posizionate per formare un cerchio. Subito dopo un agente disse:"Buonasera, oggi si terranno gli interrogatori per capire la causa della mancanza della passeggera Isabel Casanova e del ritrovamento di una neonata nella nave."
Proprio come immaginavo, pensai.

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