Era certo che gli facesse male, eppure non gl'importava e continuava ad assistere alle amichevoli di pallavolo che di tanto in tanto si tenevano nella palestra più vicina alla propria abitazione.
Erano partite di squadre dilettantistiche o di altre università, il più delle volte giocate proprio contro la squadra del suo stesso centro di studi – alla quale, ovviamente, gli era impossibile partecipare, e quasi per vergogna non si era mai nemmeno addentrato nella palestra universitaria per assistere agli allenamenti.
Quel giorno, infatti, quando era entrato in palestra attirato da vari ragazzi che si affrettavano a loro volta ad insinuarsi nel centro sportivo, aveva subito constatato che si trattava effettivamente di una partita tra la propria università ed un'altra che non aveva mai sentito nominare prima. Probabilmente doveva essere poco conosciuta, o magari doveva venire da molto lontano.
Prese un posto abbastanza vicino al campo, e aspettò come tutte le altre volte di vedere i giocatori entrare in campo. Gli piaceva immedesimarsi nell'alzatore di turno, a volte. Restava zitto e fermo durante tutta la partita, a rimuginare tra se come avrebbe cambiato le cose e tutte le azioni che avrebbe fatto se solo ci fosse stato lui al posto di quello sconosciuto.
O meglio, lui e... Hinata. Già, gli era impossibile pensare alla pallavolo senza che il suo vecchio compagno di squadra non entrasse nei suoi pensieri. Dopotutto, anche se ci fosse stato lui al posto dell'alzatore, le cose sarebbero solo peggiorate; c'era anche il bisogno di Shouyou, sul campo con lui, pronto a schiacciare ogni sua alzata e fare in modo di segnare un punto a tutti i costi a favore della loro squadra.
Si morse con forza il labbro e scosse la testa proprio in quel momento, imponendosi con tutte le proprie forze di non pensarci.
Le squadre vennero chiamate a presentarsi nel campo, ed allora si concentrò su di loro.
La squadra della propria università e quella dell'università sconosciuta non erano così diverse. Entrambe erano composte da ragazzi quasi anonimi, tutti molto alti, che non gli dicevano assolutamente niente riguardo alle loro caratteristiche, e comprese i ruoli di ciascun membro solo quando si sistemarono sul campo.
Fu allora che, dando uno sguardo più attento all'altra squadra, si accorse di un ragazzo più basso degli altri. Sembrava anche più piccolo, per colpa della sua statura ma anche per via della sua espressione così euforica che riusciva a intravedere anche dagli spalti. Impallidì, gli occhi puntati sulla sua esile figura e i pungi stretti l'uno sul manico della stampella e l'altro sul sedile.
Saltava da tutte le parti, incitando i compagni che erano il suo esatto contrario, e facendo vari palleggi d'allenamento prima di sentire l'arbitro fischiare, ed allora si fece stranamente da parte.
Non poteva essere lui, non era lui.
Hinata non poteva essere lì. Semplicemente non poteva. Era troppo assurdo, non era minimamente preparato ad una evenienza simile.
Sapeva che il ragazzo non si sarebbe sicuramente messo ad osservare il pubblico, troppo preso dalla partita come al solito, ma uno strano ed irrazionale panico cominciò a farsi strada dentro di lui.
"Che fine penosa ha fatto il Re", riusciva quasi a sentire quella frase rimbombargli nel cervello, l'unica cosa che Tsukishima gli aveva sussurrato – forse con tristezza più che cattiveria – appena prima di trascinare via Hinata con la forza, fuori dalla stazione nella quale quest'ultimo lo aveva rincorso, il giorno della sua partenza.
No, no, no. Ecco tutto quello che voleva evitare. Con Hinata, ecco che iniziavano a tornargli in mente tutti i ricordi legati agli altri ragazzi del club, a ciò che gli avevano detto prima e dopo l'incidente, a quello che aveva provato, quello che avrebbe voluto dirgli e quello che aveva trattenuto fino ad allora...
Represse l'istinto di urlare anche quella volta. Si alzò in fretta e furia e zoppicò fuori dalla palestra. Doveva prendere una boccata d'aria, allontanarsi da quel luogo e soprattutto dalla fonte della sua frustrazione.
Aveva appena subito un attacco di panico o cosa? Non era familiare a tutti quegli strani sentimenti, e mai come in quel momento le ultime parole che gli aveva rivolto quello spocchioso gigante biondo gli parvero più vere.
Ancora nuvole, nuvole che oscuravano qualunque posto in cui andasse, nuvole nere, nuvole pronte per la pioggia. Eppure per un attimo, in quella palestra, gli era parso di vedere uno spiraglio di luce, fioca ma che gli era subito saltata gli occhi.
E, come un codardo, l'aveva evitata a tutti i costi. Ebbene, si era cercato le nubi, aveva rifiutato a tutti i costi il sole, ed aveva intenzione di continuare così. Kageyama Tobio non cambiava idea molto facilmente.
Dopo aver passato una decina di minuti in silenzio, appoggiato contro il muro, finalmente si decise a ritornarsene a casa; la fermata dell'autobus non era tanto lontana, ma avrebbe fatto meglio a sbrigarsi in ogni caso. Aveva bisogno di parecchi antidolorifici.
Stava appunto per sorpassare la porta principale del centro sportivo, quando improvvisamente si spalancò davanti a lui. Si immobilizzò sul posto, probabilmente già con l'immagine di lui stesso con il volto spiaccicato per colpa di qualche maldestro idiota.
Non appena vide la porta richiudersi, si preparò immediatamente per dirne quattro a colui o colei che aveva attentato alla sua salute, ma nuovamente, in quella giornata che era iniziata così normalmente, si immobilizzò.
Il sangue tornò a gelargli le vene, mentre si rendeva conto che quel ragazzo era proprio Hinata. Stava facendo di tutto per evitarlo, per evitare i ricordi legati a lui, i rimpianti e quel fastidiosissimo bagliore di luce che pareva circondarlo, ma invece il ragazzo era nuovamente lì.
Pareva non essersi ancora accorto di lui, infatti per un po' si guardò attorno – aveva l'aria parecchio sofferente –, e quando si voltò verso di lui inizialmente non lo riconobbe.
«Il bagno...! Ho cercato ovunque... Non si trova... Nessuno vuole darmi qualche indicazione! Dimmi dov'è il–»
Oh, allora le sue abitudini era rimaste tali. Eppure la partita era iniziata da poco, come mai il ragazzo non era in campo? L'aveva visto fare dei palleggi in un angolo del campo ed incitare gli altri. Possibile che stesse in panchina...? Ma era ben consapevole che pensando ciò stava solo evitando di concentrarsi su di lui e su quella luce, che seppur così fioca lo stava quasi accecando.
Hinata non sembrava essere cambiato; o meglio, era cambiato in meglio. I muscoli erano leggermente più accennati, nonostante il suo corpo fosse ancora molto gracile in confronto al proprio. I capelli probabilmente erano un po' più lunghi, e gli incorniciavano il volto in maniera ancora più adorabile di quanto non ricordasse.
«Kageyama...?» sussurrò il ragazzo con voce quasi strozzata; ovvio, non si aspettava di rivedere il suo ex compagno di squadra proprio lì, all'improvviso, per caso. Era felice, ovvio; non c'era nulla di strano. Era lui quello strano, era lui quello problematico che aveva cercato di evitare Hinata e tutti gli altri ragazzi per tutto quel tempo.
Schiuse le labbra un attimo dopo, come per dire qualcosa – un insulto? Delle scuse? Non sapeva cosa aspettarsi da se stesso – quando Shouyou si buttò immediatamente tra le sue braccia, nascondendo il volto nel suo petto come se quell'abbraccio lo imbarazzasse realmente. Kageyama si sbilanciò, ma appoggiandosi al muro della palestra riuscì a non cadere. In altre occasioni lo avrebbe spinto via con la forza, insultandolo in ogni modo possibile, ma era passato troppo tempo perché si ricordasse ancora quei loro strani "rituali". Si limitò a portare un braccio attorno alla sua schiena, restando in silenzio, annegando nei sensi di colpa.
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And I hush [kghn]
ФанфикGrigio era tutto ciò che riusciva a vedere. Nuvole perenni offuscavano ormai anche la propria mente, e tutto ciò - mano a mano - stava anche iniziando a risultargli familiare. [completa] [haikyuu!! ᅳ kagehina]