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Il Signor King, non era un uomo di tante parole. Quando qualcosa non gli andava a genio lui scuoteva la testa in segno di disapprovazione, quando qualcosa gli piaceva lui annuiva accennando un sorriso.
La Signora King, al contrario, non taceva mai. A lei piaceva spettegolare e parlare, parlare. Poteva passare ore a parlare solo lei, non aveva bisogno che qualcuno le rispondesse, l'importante era annuire. E questo il Signor King ormai lo aveva ben capito.

I due avevano due bellissime figlie: Lucy e Daphne.
Lucy King era la più grande, sposata da poco e già incita. Qualche malalingua osava dire che prima del matrimonio i due coniugi avessero già consumato e che per questo motivo poi, il giovane sposo, fu costretto dalla famiglia della donna a sposarla per dare una degna vita ai loro figli e risanare il nome dei King. Ma non era così. Il giovane uomo non fu costretto da nessuno a sposare la sua dama, lui voleva e ne era felice.

Il Signor McKellen, il marito di Lucy, era un giovanotto discendente di una famiglia di Conti provenienti dall'Irlanda. Aveva tre fratelli maschi due sorelle.
In varie occasioni, i fratelli del Conte vennero presentati alla sorellina Daphne King, ma ella era talmente disinteressata all'idea di trovarsi un buon partito che li intimidì tutti con la sua arguzia e intelligenza. Gli uomini, almeno la maggior parte di loro, non volevano una donna intelligente, volevano una donna in grado di portare avanti la discendenza.

Insomma di certo era molto difficile sposarsi per amore a quei tempi ma Lucy King, anzi la Signora McKellen, ci era riuscita.
Daphne ammirava molto sua sorella e quello che era riuscita a costruire. Il Signor McKellen le stava molto simpatico, lo considerava un brav'uomo. Quindi non aveva alcun problema a frequentare i balli organizzati dai McKellen, anzi le faceva piacere quando la madre non la costringeva a parlare con qualsiasi giovanotto benestante.

«Daphne, non puoi pensare sempre ai cavalli e alla scrittura. Prima o poi dovrai sistemarti anche tu come tua sorella, anche meglio se riesci, ma con questo atteggiamento non andrai da nessuna parte»
Questa era la predica che Daphne doveva subire ogni volta che si presentavano occasioni mondane, alla quale lei non aveva la minima voglia di partecipare.
«Quando troverò un uomo disposto ad accettare la mia indipendenza» rispondeva sempre lei.

Il Signor King, adorava la figlia, nonostante desiderasse che trovasse in fretta marito, non riusciva proprio a biasimare la giovane donna. Capiva il suo bisogno di indipendenza e in certo senso lo rispettava. Non desiderava la sua infelicita, avrebbe fatto qualsiasi cosa per renderla felice. Ma, conveniva anche lui, che un matrimonio con un uomo di famiglia rispettabile fosse la cosa migliore per lei.
«Tua madre ha ragione» rispondeva da dietro il giornale ogni volta.
Daphne conosceva i sinceri pensieri del padre, quindi si limitava a sorridere furba e ad uscire dalla stanza.
«Quella ragazza mi farà impazzire» ripeteva la madre alzando gli occhi al cielo.
«Lasciala stare mia cara, è giovane, ancora non ha l'età per debuttare in società» rispondeva il marito distratto.
«Ma mio caro, ha quasi diciassette anni! Se fosse per te non sarebbe mai il momento giusto» rispondeva irritata.
«Voglio solo il suo bene» e qui finiva la conversazione.

Daphne non aveva bisogno di un marito, a lei la sua vita piaceva così: tra i cavalli e i suoi diari.
«Non potrei mai volere un marito che mi comandi e che controlli ogni mio passo» si ripeteva sdraiata sul letto a baldacchino.
«Se proprio devo sposarmi, intendo farlo per amore» affermò  con decisione nella stanza illuminata solo da una piccola fiamma.

Il sole calò stanco tra le verdi colline londinesi.
Un altro giorno era finito.

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