Era iniziato tutto in un giorno uguale agli altri.
Niente di speciale, eppure, mi ero alzata con una pressione quasi insopportabile alla bocca dello stomaco.
Non badavo mai ai presentimenti o alle superstizioni, per me erano soltanto stronzate fatte di fumo, aria e parole ben intrecciate.
Ero una di quelle persone che alle cose non ci credeva finché non le vedeva, e quello fu il giorno sbagliato per essere accontentata.
Era cominciato in totale tranquillità, con un bel bagno caldo mentre come sottofondo andava la lavatrice accesa.
Mi piaceva il ticchettio che faceva sbattendo contro il lavandino tutte le volte che partiva la centrifuga.
Un rumore rapido e costante che quella mattina non partì. Un segno insignificante del destino, non avevo scelto il lavaggio giusto oppure l'aggeggio troppo vecchio mi stava abbandonando?
Non rimuginai a lungo sull'accaduto e lanciai i vestiti nell'asciugatrice prima di uscire di casa.
Ero in ritardo, come tutti i mercoledì, quando io, Liz e Mark ci incontravamo nel nostro bar preferito in fondo alla quinta strada.
Distava soltanto due isolati da casa mia, eppure quella mattina ci misi il triplo del tempo ad arrivare, nonostante mi fossi alzata prima della sveglia.
Quando arrivò il terzo caffè di Mark sentii un'altra morsa allo stomaco, ma sottovalutai anche quella.
E poi, lì, sul punto più divertente della giornata...scoppiò il caos.
Riuscii a vedere soltanto il cofano scuro di un'auto enorme che infrangeva in mille pezzi la vetrata troppo lucida del bar, per poi schiantarsi sopra i due tavoli sottostanti.
Il rumore dell'impatto fu assordante e immediato, ma non ebbi il tempo di elaborare il fatto, perché distratta da un altro colpo.
La macchinetta del caffè esplosa a causa di una mazza sporca di un rosso marcato e ancora troppo fresco.
Finestre spaccate, così come le porte, i bicchieri, i tavoli e infine le teste delle due donne sedute vicino al frigo delle bevande fredde, proprio davanti all'entrata.
La faccia della bionda fu attraversata, letteralmente, da una lama affilata che portò parte del suo viso a posarsi sulla spalla sinistra.
Ingoiai a fatica il vomito che mi arrivò fino in bocca, mentre il suo sangue continuava a sgorgare, mostrando ciò che non avevo mai avuto premura di vedere.
Fu un po’ come quando da piccola tagliai la pancia del mio orsacchiotto, Tim, soltanto per vedere cosa c'era al suo interno.
Un po’ come aprire un pompelmo per osservare le sue interiora, con la differenza che si trattava di una persona vera, e non sarebbe mai tornata come nuova se mai le avessi cucito la pelle.
In meno di due battiti di ciglia il bar fu invaso da numerose persone munite di passamontagna, coltelli, catene e pistole.
Uno di loro era minuto, tanto da sembrare un bambino, ma fu proprio lui ad attraversare la testa di Ilya, il nostro barista russo, con una spranga appuntita già imbrattata di sangue.
Il ferro arrugginito oltrepassò la sua testa, da una tempia all'altra per poi scontrarsi con il bancone di marmo mentre un altro tizio, incappucciato, stringeva le dita intorno alle braccia del biondo per immobilizzarlo.
"Dobbiamo dividerci il punteggio di questo!" disse, divertito, l'omone gigante, per poi porgere il pugno all'assassino che ricambiò portando le nocche sulle sue.
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Short StorySU AMAZON DAL 6 FEBBRAIO 2022. https://www.amazon.it/gp/aw/d/B09RM8WMST/ref=tmm_pap_swatch_0?ie=UTF8&qid=&sr= Questa è la storia di Daya. Una semplice ragazza, che si sveglia in un giorno uguale agli altri convinta di passare il solito mercoledì mat...