-Insomma qua c'è qualcosa che non va- Sussurrai.
-Si penso anche io, la signora Clara era una brava persona eppure l'hanno uccisa. Secondo te può esserci un legame con la morte dei tuoi? La domanda di Alan, mi ronza nella testa. Abbasso lo sguardo e mi tocco la fronte. Non so più cosa pensare. L'incedente dei miei, la morte della mia vicina Clara, e poi c'è lei, lei che non si fa più vedere. Le sarà successo qualcosa. Ma che cosa?
-Non lo so. Decido di andare da suo padre a parlarli.
-Ora devo andare. Ciao.
-Va bene ti chiamo più tardi. Annuisco ed esco da casa sua. Scendo le scale ed esco dal vialetto, prendo le chiavi dell'auto, appeso c'è un ciondolo a forma di cuore. Mia madre me lo ha regalato prima di spedirmi in riformatorio. Diceva che era per il mio bene, per il bene dell'azienda. Non avrei potuto portarla avanti adeguatamente altrimenti. Con i pensieri che mi frullano per la testa, salgo in macchina e mi dirigo a casa sua.
Suono alla porta di casa sua, dall'interno della abitazione nessun rumore. Dopo qualche decina di secondi la porta si apre. Un uomo alto e robusto i suoi occhi chiari mi scrutano. Assomigliano tanto ai suoi. Ha i capelli tendenti al grigio, è invecchiato molto dall'ultima volta, avrà anche lui una cinquantina d'anni.
-Cosa vuoi? Il suo tono burbero e stranito vorrebbe dire che non si aspettava una mia visita, ma che soprattutto non mi voleva qua, alla sua porta di casa.
-Come ben lei sa, i miei hanno avuto un incidente fatale. Ora sono io a capo della loro azienda, e se non sbaglio tu sei un mio collaboratore. Mi scruta, braccia conserte e gambe leggermente aperte. Avendo studiato psicologia, vuole far credere di essere una persona sicura di quello che dice, far credere di essere potente ed irreversibile. Invece con le sue braccia conserte sul petto mi vuol dare a dire che è una persona chiusa e timorosa. C'è qualcosa che non va.
-Certo che lo so. Non si parla d'altro. Lo blocco subito
-E allora perché non l'ho vista al funerale ?
-Perché ho avuto un contrattempo di lavoro. Cos'è sei venuto per farmi un interrogatorio? Dimmi cosa vuoi e vattene!
-Piano con i toni, restiamo calmi, la mia era sola una domanda. Dico con una smorfia. Lo guardo con fare scherzoso. -Mi fa entrare? Oppure ne parliamo davanti alla porta?
Mi fissa, guarda dall'alto al basso, fa una smorfia vedendo il mio abbigliamento. Certo non ho uno smoking ma un jeans e una maglietta è più che adeguata.
Si sposta leggermente per farmi entrare. La casa era come me la ricordavo. un lungo corridoio, la scala che porta alle stanze superiori alla mia destra. Le pareti con qualche foto di lei da piccola, della loro famiglia. Un tappeto su tutto il corridoio di color marrone chiaro, tendente alla sabbia, sbiadito dagli anni. L'unica che attirò la mia attenzione fu la puzza di fumo. In quella casa nessuno fumava.
Ma le cose si sa, possono sempre cambiare. Vado a sedermi in cucina scosto una sedia dal tavolo e mi ci siedo.
-Bene dimmi.
-Volevo sapere come vanno gli affari, qual è il tuo compito.
-Vanno bene. Io sono responsabile dell'azienda ora. Tu non devi fare nulla se non vorrai, infondo sei molto giovane. Dovresti pensare ad altro al momento.
Mi guarda dritto negli occhi, come segno di sfida.
-Non sono poi così piccolo infondo. So anche io come gira il mondo. E poi devo trovare qualcosa da fare, lavorare mi farà bene.
-Bene allora se vorrai fare qualcosa vieni lunedì nel mio ufficio. Ricordi ancora dove si trova?
Chiede ridendo schernendomi.
-Certo che lo ricordo. D'un tratto sento dei passi avvicinarsi. Entrambi ci voltiamo nella direzione opposta. La vedo. Bellissima. Capelli raccolti in una morbida treccia. Un leggins grigio fascia le sue gambe e un maglione nero abbastanza grande la copre tutta. Minuscola mi viene in mente. Si lei è minuscola confronto a me.
-Sono scesa per un bicchiere d'acqua padre. Mormora con lo sguardo che vaga verso terra.
-Ti ho educata abbasta da sapere che quando si hanno ospiti si saluta Layla.
Il tono con cui ha pronunciato quelle parole verso di lei mi fa imbestialire. Ma sto zitto e la guardo tremare.
-Buongiorno signor.. E finalmente alza lo sguardo verso di me, i suoi occhi mi guardano, una strana luce tra terrore e stupore si forma nel suo sguardo.
-Dominic- pronuncia infine. Il mio nome uscito dalle sue labbra mi fa un certo effetto al cuore. Mi fa tornare indietro nei ricordi lontani. A quando vivevo una vita piena di gioie e spensieratezze. A quando il nostro unico svago era giocare a nascondino, a rincorrerci, a giocare con la palla, ad andare a scuola insieme. A io che entravo nella sua stanza di notte quando non riuscivo a dormire. Vorrei poterlo fare ancora. Andare da lei quando ho gli incubi. Sentire il suo profumo mentre mi coccola.
-Buongiorno Layla. Rispondo freddo. Smetto di guardarla, i ricordi mi abbagliano la vista, non vorrei mai farmi vedere con gli occhi lucidi davanti a lei.
-Bene Morrison. Passo da te lunedì. Alle otto va bene?
-Perfetto. Ti accompagno.
Mi procede con una mano e lei esce dal mio campo visivo. Percorro il corridoio ed esco dalla porta.
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Verrai via con me
RandomDa piccola usciva poco. Mi hanno riferito che è rinchiusa in quella casa da sempre, non l'hanno più vista. Tranne suo padre che a quanto so, esce a tarda sera per andare in un locale a bere. Lei è sola, come lo è sempre stata, me li ricordo bene i...