Capitolo 3

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Due settimane, due fottute settimane passate tra avvocati, giudici e cazzate varie. I soldi che mi spettano dovrò aspettarli per ancora molto tempo. Sembra che i miei non siano morti in un incidente accidentale, piuttosto in un incidente programmato. Hanno detto che i freni della macchina erano tagliati e mio padre se ne è accorto troppo tardi e sono finiti in quel burrone. 

-Dominic l'avvocato Silvestre vorrebbe parlare con te. La guardo, guardo quella donna così simile a mia madre, ma allo stesso tempo così diversa. Lei prima di me era la pecora nera della famiglia, tatuaggi a ricoprirle la pelle delle braccia e della gamba sinistra, pircing al naso, sulla lingua e sul lato inferiore del labbro. Mia madre diceva di volerle bene, ma che secondo lei si comportava male e dava il brutto esempio a tutti quanti. Io invece la capivo, ripudiata da piccola perchè diversa dalla figlia perfetta che era mia madre, sempre messa in cattiva luce perché sempre messe a confronto da un padre troppo severo e che pretendeva molto da loro. Ovviamente cosa si potrebbe mai pretendere da una famiglia benestante? Che i propri figli abbiano successo, che siano eccellenti in ogni singola cosa che si fa. 

La guardo ancora e annuisco con un cenno del capo. 

-Voleva parlarmi avvocato? 

-Si Dominic, siamo pronti con il versamento sul suo conto bancario.

-Fantastico

-Ci sarebbero le carte per la casa, la vuole tenere o venderla? 

Che bella domanda, la venderei solo a causa dei ricordi, ma non posso perché poi non vedrei più lei. 

-Mi faccia firmare le carte della casa...

Birra in una mano, cicca nell'altra. Bella vita. Mi ritrovo al raduno. Qui una volta correvano con le auto. Da piccolo ci venivo spesso, mio padre lo sapeva, ma non gli è mai piaciuto. Diceva che era un posto pericoloso, dove si giocava con la morte. Ed è vero, se lo guardi sotto questo punto di vista. Ma se a uno non gli fa paura la morte ma gli fa paura la vita? Infondo se corri è per l'adrenalina, per il fatto di decidere tu cosa fare in quell'istante nella tua vita, ma decidere davvero. Decidere se vivere un altro giorno o se farla finita e morire. E la maggior parte decide di vivere il restante, di morire. 

-Vuoi correre? Mi volto verso una voce maschile proveniente alle mie spalle.

-Cosa?

-Hai sentito. Allora? 

-No, non ho bisogno di soldi. 

-Oh ma questo lo so, è bello ereditare qualcosa? Bello vivere con i soldi degli altri? Soldi piovuti dal cielo..

-Non sai un cazzo. Mormoro a denti stretti. 

-Invece ti sbagli Dominic. Io so. Ora che lo guardo meglio ha un viso familiare. Alan. Alan Walker 

-Walker, non farmi la morale. 

-Ma allora ti ricordi di me, pensavo mi avessi dimenticato. 

Ci scambiamo un sorrisone e ci abbracciamo. 

-Cazzone ma dove cazzo sei stato in questi sette fottuti anni? 

-In giro, un po' di qua un po' di là. 

Ora che lo guardo meglio è cambiato solo fisicamente, mascella squadrata, spalle larghe, braccia robuste, vita stretta. Evidente che va in palestra per tenersi in forma, è leggermente più basso di me. 1.75 direi, nella media. 

Abbiamo passato l'intero pomeriggio a parlare di cazzate, ricordando i vecchi tempi, di quando io e lui eravamo molto amici, quasi fratelli. Siamo cresciuti inseme e nonostante non ci sentiamo da anni tra noi non è cambiato nulla. Il nostro è sempre stato un rapporto strano, tutti lo definivano così. Eravamo entrambi di poche parole, ma a noi basta guardarci per comprenderci, come se fossimo stati leganti mentalmente. Ed è ancora così. A distanza di anni siamo ancora così. 

-Lei, l'hai vista? Non servivano nomi, appunto eravamo legati da questo filo sottile, dalla quale passavano da me a lui e viceversa  i nostri pensieri. 

-Si. Il primo giorno. E pochi giorni dopo sono entrato nella sua stanza. Non abbiamo parlato. Volevo solo sapere se era tutto a posto... Da li non l'ho più vista. Lascia le persiane chiuse. 

-Non te lo ha detto nessuno vero? Mi fissa 

-Detto cosa? 

-Lei non esce mai di casa. Non ricordo nemmeno quanti anni siano passati dall'ultima volta che la vidi al parco. Da quando sua madre è morta suo padre la tiene segregata in casa. 

-Sua madre è morta? 

-Si, dicono sia stato suo padre ad ammazzarla di botte. Invece il medico legale ha detto che è caduta accidentalmente dalle scale sbattendo infine la tempia su uno scalino. Morta sul colpo per la botta. 

-Ma il medico legale non è..

-Si è il cugino. Piuttosto strana la cosa eh? Ci guardiamo per un attimo. Ho la vista un po offuscata dopo tutte le birre che ci siamo bevuti. I suoi capelli castano scuro sono appiccicati alla fronte a causa dell'alta temperatura sia del locale che per effetto dell'alcol. La sua maglia nera gli si è incollata addosso, come se fosse una seconda pelle. I suoi soliti jeans chiari strappati alle ginocchia e le sue adorate vans hai piedi. 

-La smetti di farmi la radiografia? Se non ti conoscessi direi che sei gay. So che sono irresistibile 

Mi guarda con fare altezzoso. Gli tiro uno schiaffo sulla nuca -Ma zitto coglione, stavo pensando al fatto che non sei cambiato di una virgola, tranne per il fatto che ti sei fatto i muscoletti finalmente! Inizio a ridere sotto i baffi. Lui lo nota e fa una faccia buffa. 

-Smettila di prendermi per il culo. Avevamo quattordici anni e mica colpa mia se tu di costituzione sei robusta. 

-Ei! io non sono robusto. Ho solo più muscoli di te. 

-Idiota.. Non ti sto dando del grasso, ma semplicemente hai una fisionomia diversa dalla mia. La mia è esile la tua no. 

-Einstein smettila. 

-Povero piccolo ora si offende anche perché crede che io possa essere più intelligente di lui-Mette il labbruccio-Beh ti dico una cosa- Mi sussurra in un orecchio- Io lo sono. 

Lo fisso negli occhi... -Ma tu stai malissimo, fattelo dire. 


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