Capitolo 2

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Non mi sono mai considerato una persona cristiana, non ho mai voluto avere a che fare con la chiesa e le sue credenze, per il semplice fatto che dopo tutte le cose passate, sono arrivato a pensare che lassù non ci sia nessuno. Ognuno fa come vuole, credere o non credere a me non cambia la vita lo stesso. Ma se ci guardassimo attentamente attorno vedremo che anche se ci credessimo, e volessimo un miracolo esso non avviene. Il mondo è un disastro, e lo sappiamo tutti perfettamente, solo che nessuno vuole aprire gli occhi davanti alla realta. Chi è ricco giustamente se ne frega di credere in qualcosa, chi è povero invece vuole credere in qualcosa perché giustamente vorrebbe che gli accadesse qualcosa per migliorare la sua vita. Allora cosa fa ? Prega.
Noi esseri umani siamo condizionati a credere in qualcosa. La vita è breve e non sappiamo cosa ci attende dopo la nostra morte,  così preghiamo e crediamo in un qualcosa perché non vogliamo accettare che la nostra vita finisca e basta, ma dobbiamo credere in qualcosa, qualsiasi cosa che ci dia delle risposte e ci faccia sentire protetti. E dopo questo mio monologo interiore sono pronto ad affrontare il funerale dei miei genitori. E anche questo è una cosa insulsa perché non è a loro che serve, ma è per noi persone vive, per ricordarci di loro, per venerarli in qualche modo.

Sono le undici della mattina e mi trovo davanti alla chiesa. Non so bene come comportarmi.
Ho già visto un sacco di volti che non vedevo da anni. Alcune persone mi hanno già fatto le condoglianze. Altri mi hanno detto che erano delle brave persone. E si su questo non c'era dubbio.
Sono pronto per entrare.

Mi sto dirigendo al keope, un locale molto conosciuto e frequentato. Ho bisogno di rilassare la mente dopo questo schifo di giornata.
Entro al locale e vado dritto al bancone.
-Un bourbon grazie
Ordino alla barista.
-Subito tesoro
Che schifo. Sta facendo gli occhi dolci con me, potrebbe essere mia madre se ci penso.
La mia coscienza ride al pensiero.
Quanto è caduta in basso certa gente.
Finalmente arriva il mio bicchiere e inizio a berlo con gusto. Mi guardo un po' attorno e noto che il locale poco a poco si sta riempiendo. Fantastico tra non molto qua dentro si soffrirà di claustrofobia. Noto alcuni ragazzi nell'angolo e mi pare di riconoscerli, ma non ne sono così sicuro. Così torno a voltarmi per finire il mio bicchiere.
-Ciao Dom
Una ragazza piuttosto bassina mora con occhi scuri mi scruta aspettando una risposta o un saluto caloroso da parte mia. Ma ciò non avviene anzi mi giro dall'altra parte facendo finta di non conoscerla.
-Come siamo scorbutici stasera.  non ti sono mancata ?
-No Sharon non mi sei mancata affatto. Anzi mi stai disturbando perciò se vai mi rallegri la serata.
Dico mimandole il gesto con le mani di andarsene.
-Scorbutico e anche maleducato. Beh se vuoi sai dove trovarmi.
Mi accarezza una guancia e con il viso imbronciato si gira e sculettando se ne va.
Che tipa.

Arrivato a casa mi butto a peso morto sul letto. Guardo attraverso la finestra la sua stanza. Le luci sono spente, ma quella del soggiorno è accesa. Vedo qualcuno attraverso la tenta, che fa avanti e indietro sembra come se stesse succedendo qualcosa. Mi alzo e vado alla finestra per poter osservare meglio.
Ad un certo punto sento urlare un "basta" mi allarmo subito era la sua voce.
Mi alzo velocemente e decido sul da farsi.
Tra la mia casa e la sua c'è un albero, decido di arrampicarmi per arrivare nella sua stanza.
Non so cosa potrà dirmi, non so se mi riconoscerà ma sento il bisogno di andare da lei e ho questo presentimento che sia successo qualcosa di grave.
Arrivato al suo davanzale noto che la finestra è leggermente socchiusa così decido, senza pensarci due volte di entrare nella sua cameretta.
Cerco di ambientarmi al buio e a tastoni trovo il letto e mi ci siedo. Passano alcuni secondi e sento la porta cigolare e poi aprirsi. Eccola bella più che mai. Non mi ha ancora notato. È di spalle e appoggia la fronte sul legno della porta. Non so come chiamarla non vorrei spaventarla, o peggio ancora farla urlare in maniera che i suoi salgano e mi trovano in stanza di sua figlia alle 3 del mattino, oltre a dare della poco di buono a lei, io avrei sicuramente una denuncia.
Mi alzo e il letto cigola, lei di scatto si gira, a primo impatto sento un urletto dopo di che si calma ma i suoi occhi rimangono spalancati. Siamo illuminati con la luce della luna e dei lampioni. E noi stiamo uno di fronte all'altro in silenzio come se nessuno dei due avesse l'intenzione di parlare, ma solo di fissarci, guardarci, ammirarci. Non so se mi ha riconosciuto, ma dal momento che sento la sua respirazione quasi regolare posso dedurre di si.
-Che ci fai qua?
È lei a interrompere il silenzio creatosi tra di noi. La sua voce è un sussurro poco percettibile, tremante oltretutto quasi terrorizzata oserei dire.
-Sono tornato ieri in città, sai per i miei. Sono arrivato a casa poco fa e ho sentito voci e mi sembrava che qualcosa non andasse, non sapevo che fare e allora eccomi qua.
-Sei in ritardo.
Disse guardandomi dritta negli occhi.
-Per cosa ?
-Per venire a vedere cosa è successo.
Faccio un passo verso di lei. Lei ne fa uno indietro sbattendo la schiena contro la porta.
In due falcate la raggiungo.
-Sei diventata bellissima, più di quanto ricordassi.
Lei sospira e abbassa la testa, i capelli le vanno davanti agli occhi.
-Vattene non puoi stare qua.
-Vorrei ma non posso.
-Perché non puoi ? Sussurra con voce tremante. Sembra una cucciola indifesa. Mi sono sentito sempre in obbligo di proteggerla anche quando era piccola e si rifugiava in camera mia avendo paura del padre, che quando beveva diventava molesto, usava brutte parole per una bambina. Non ho mai capito perché lo faceva aveva una famiglia perfetta infondo. Oppure ero troppo piccolo per capire le cose.
Le alzo il mento con due dita per incatenare i miei occhi nei suoi.
-Perché tu sei il mio posto e non posso andarmene. E se me ne sono andato sette anni fa erano per altri motivi. Ma ora sono qua e da quando ti ho visto è nato qualcosa in me.
Lei mi fissa
- Che cosa?
- È nato il fatto che io ti voglia proteggere e che ti voglia tutta per me, che ti voglia solo ed esclusivamente mia.
Nel mentre mi sono avvicinato alle sue labbra. Era un'alternarsi tra sguardo negli occhi e sulla bocca. Sento il suo cuore battere e la sua agitazione salire. Mi avvicino cautamente alle sue labbra e le sfioro con le mie. Occhi negli occhi e labbra contro labbra. Un semplice contatto.
Mette le mani sul mio petto e mi spinge via.
-Vattene ti prego.
Chiese implorante.
-Vorrei che mi pregassi per altre cose e non per andarmene via.
Ad un certo punto vedo una lacrima scendere sulla guancia destra, riflette nella luce. Con il pollice la tiro via.
-Non piangere piccola mia.
-Vai.
Le do un bacio sulla fronte, sento il suo profumo di ciliegia. Non vorrei andar via, invece mi volto e arrivo alla finestra.
-Tu eri e sei mia. Ricordatelo.
Lascio la sua stanza mi arrampico e arrivo nella mia. Guardo verso la sua direzione ma non riesco a scorgere nulla.
Mi spoglio e vado sotto le coperte.
Lei è mia. La voglio qua con me per sempre.   

Verrai via con me Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora